Erri De Luca (foto LaPresse)

Poeta anisosillabico

Giovanni Choukhadarian

Erri De Luca, come scrivere poesie para-bibliche tra codice della strada e telecronaca alpina. Alle “Bizzarrie della provvidenza” si deve, infine, assegnare un premio. Esse contengono infatti la più insulsa poesia d’amore letta in un libro italiano dal Dopoguerra a oggi.

Erri De Luca (Napoli, 1950) ha studiato l’ebraico antico per tradurre la Bibbia, come tutti. Da tanto studio deriva “Bizzarrie della provvidenza” (Torino, Einaudi, 2014). Nello spazio esiguo di 64 pagine, De Luca colloca 28 poesie, inequamente divise fra le otto della prima sezione, che prende il titolo dalla raccolta, e le 20 della seconda, denominata con un generico “Gl’improvvisi”. Che siano le bizzarrie è chiarito nel prosimetro in premessa, che De Luca osa chiamare Premessa: “La bizzarria si scosta dalla consuetudine (…) Così è la bizzarria della provvidenza, la deviazione urgente di un singolo diventa apripista del percorso di tutti gli altri”.

 


Con questo lessico a mezza via tra codice della strada e telecronaca di sci alpino, il poeta napoletano spiega l’obiettivo della raccolta. Egli vuole raccontare fatti e personaggi bizzarri, cioè curiosi, paradossali, singolari contenuti nella Scrittura (De Luca farebbe magari a meno della maiuscola, che questo scritto non bizzarro conserva). Ecco per ciò sfilare, in ordine, Gesù, l’albero della conoscenza del bene e del male, Noè, Davide e Golìa, Sansone e Giona; oggetto, quest’ultimo, di una spericolata traduzione-riscrittura deluchiana (“Giona/Ionà”, Milano, Feltrinelli, 1995).

 


Siccome “Bizzarrie della provvidenza” è pubblicato in una collana di poesia assai prestigiosa, il lettore ingenuo pretenderebbe forse trovare, qui e là, qualche verso memorabile; o anche, senza troppo osare, qualche verso e basta. Anche a una ricerca piuttosto meticolosa, qui i versi sembrano latitare. Nelle non poche interviste che hanno accompagnato l’uscita del volumetto, De Luca ha insistito sul tono umoristico delle vicende che racconta. Pensate, dice, il più saggio del suo tempo era uno che, nel mezzo della foresta, costruisce un bastimento. Si tratta di Noè e la poesia fa così: “Un cantiere navale in mezzo ai boschi / un carpentiere si fa il transatlantico da solo / ne succedevano di grandiose a quel tempo”. Per ridere, fa ridere: ma l’intentio auctoris era forse differente. Non va meglio al pur bravo Sansone: “Era nato normale, non erculeo / la sua forza imprevista, smisurata veniva da fuori (…) Il suo nome è Shimsòn, da shèmesh, sole (…) / tradotto con Sansone perde contatto / con la suprema delle calorie (e così un eroe nazionale diventa un prodotto ipercalorico”. Bizzarria della Provvidenza o provvidenza?

 


La seconda parte del volumetto è dedicata alla più stretta attualità. Ognuno è al corrente della vita d’intellettuale engagé di Erri De Luca, alla cui divulgazione provvede anche la Fondazione a lui intitolata (fondazionerrideluca.com). L’impegno del poeta e narratore campano si esplica a raggio molto ampio. Si trovano quindi poesie su Lampedusa, la condizione carceraria, il Mediterraneo, la lingua italiana (“Sia lingua d’armistizio, sia la sponda / neutrale e naturale per chiudere una guerra / sia lingua franca di chi insegue pace / E ora qui mi fermo, lascio la penna, il foglio: e invece continua”) e molto altro.

 


Alle “Bizzarrie della provvidenza” si deve, infine, assegnare un premio. Esse contengono infatti la più insulsa poesia d’amore letta in un libro italiano dal Dopoguerra a oggi. Si chiama “Il tuo naso”, dura 33 versi anisosillabici e, al vertice del  sentimentalismo, dice: “Voglio bene al tuo naso che mi rinfaccia l’aglio / pure il giorno seguente, naso da tartufo”. Povero il naso, povero l’aglio, e povero anche il tartufo.

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