Nichi Vendola alla festa di Sel ieri a San Giovanni (Foto La Presse)

Vendola, ovvero sentirsi come Balotelli nel giorno della disfatta di Sel

Marianna Rizzini

E’ il giorno dei lunghi coltelli per il leader di Sinistra ecologia e libertà, oppresso dalla direzione di partito su cui gravano fughe repentine.

Roma. E’ il giorno dei lunghi coltelli per il leader di Sel Nichi Vendola, oppresso dalla direzione di partito su cui gravano fughe repentine (altri tre parlamentari, dopo Gennaro Migliore e Claudio Fava, ieri se ne sono andati “per riappropriarsi della libertà del dubbio” – così scrivono Alessandro Zan, Fabio Lavagno e Nazzareno Pilozzi, prima che pure il tesoriere Sergio Boccadutri dica ciao-ciao). E’ il giorno infernale, con quelle dimissioni (di Nichi) messe sul tavolo anche un po’ per restare: se mi cacciate me ne vado, volevo più tempo per la mia vita, ma la militanza è la militanza, e se non mi cacciate ci sono (infatti non lo cacciano, dimissioni respinte, quasi Vendola fosse un Cesare Prandelli cui l’uomo della Federcalcio dice: per favore ripensaci). Ma in fondo si sapeva, che il dramma vendoliano era pure un po’ parte in commedia, nonostante quello che Nichi, su Twitter, aveva chiamato “l’antipatico copione dello stillicidio degli annunci di addio da Sel”. Ci si lascia, ma lo spettacolo deve continuare, tanto che fin dal mattino si pubblicizza online il dibattito alla festa di Sel a San Giovanni: Vendola in persona, fresco di riconferma, con Pippo Civati, Curzio Maltese e Ida Dominijanni, a discettare del “rilancio” di Sel (“comunità ferita” che “intende ricominciare”, recita un altro tweet del “narratore” che in Puglia vinceva primarie con l’ausilio della poesia). E mentre Nichi soffre e discute, con il nome di Fabio Mussi che prende piede nella veste di “pontiere” col Pd, in Sel ci si ripensa come forza anche vagamente governativa, come inizialmente doveva essere pure nelle intenzioni di Vendola, ma senza troppo dirlo in giro. Solo che ci sono i duri di Nicola Fratoianni da domare, quelli che adorano la linea del compagno greco Tsipras. Ma che vuoi che sia, questo, nella giornata in cui Nichi da un lato dice “stop” alla “campagna acquisti” del Pd e dall’altro sta attento a non dare troppo addosso alle ragioni dei transfughi, i delusi che volevano, col Pd di Renzi, un “approccio laico”. Dividersi non si può, pena l’oblio nelle future “liste Ingroia”. Recriminare non si deve, pena l’incrudelimento della battaglia tra intellettuali movimentisti (vedi Alberto Flores d’Arcais) e sinistra partitica come Sel. Su che cosa dire “sì” al Pd senza apparire troppo renziani ancora non si sa – forse un tema benvisto dall’opinione pubblica e non divisivo all’interno, per esempio le coppie di fatto. Tocca evitare la scissione, stemperare, sviare. Ma non si può neppure più tanto sognare, motivo per cui, forse, Vendola si concede infine il tweet di pura saudade per il Mondiale delle sconfitte: “Sono orgoglioso di essere connazionale di Mario Balotelli”.    

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.