Luis Suarez, attacante dell'Uruguay (Foto Ap)

Suárez, il ghigno che ci manca

Giuliano Ferrara

E’ lui il mio uomo, il mio tipo. Pagherei per andare a cena col suo psicoanalista. Ma la nostra figaggine stanca è stata rottamata. Suárez è precisamente il contrario del panorama umano vittimista dell’italianità.

Va bene, s’è capito, l’Italia non era in forma, non era abbastanza patriottica, non aveva il fuoco nella pancia, e la sua classe brillante, la sua figaggine andava ed è stata rottamata. Ce l’aveva fatta col fair play degli inglesi, che ci hanno preceduto di una spanna all’inferno dei beneducati, e poi uno sconquasso di debolezza, neghittosità, maniere buonine e vittimismo a schiovere. Perfino con il Costa Rica. Ma Suárez?

 

Non lo conoscevo, non avevo mai seguito le sue gesta nel campionato inglese, ma appena l’ho visto mi sono detto: è il mio uomo, il mio tipo, ha un sorriso diabolico, una facies lombrosiana da avanzo di galera, una capacità bestiale e balorda di trattare la palla dopo averla agganciata, e di tirarla. Il morso, poi, la sua premeditazione, il suo arrivo da dietro, senza farsi scoprire, una specie di delirante dietro-le-quinte, è stato monumentale. Volete che esca dai Mondiali, e per un pareggio, una squadra che ha nel suo seno il talento e la sguaiataggine, la violenta volontà di potenza, di un uomo così? Fuori dai Mondiali un paese che vuole liberalizzare la droga, il cui presidente ex montonero vive lontano dalla capitale e coltiva l’orzo e recita da nonno della Repubblica in un trionfo di sinistra nel suo Dopoguerra di guerriglia? Il cipiglio di Suárez mi è estraneo, preferisco le geometrie anche stanche di un Pirlo e l’accomandita calcistica della mia famiglia nazionale, l’accademia degli eleganti. Non sopporto i processi postumi, siamo sempre convinti che l’Italia non è degna di vincere e quando vince gridiamo al miracolo (vi ricordate il grande saggio di Vittorio Sermonti sul Mundial che vincemmo dopo performance, sul campo e nei giornali e al bar sport, da oratorio di periferia?).

 

Il ghigno di Suárez è precisamente quello che manca, morsi ed eventuali squalifiche a parte, al panorama umano dell’italianità.

 

Dobbiamo esserne fieri? Dobbiamo censurare negli altri quel che manca a noi? Non lo so. Forse è troppo. Ma quell’aria da bambino di Balotelli e quei giri di frase narrativi di Pirlo, comprese le geometrie da fermo, sono precisamente il quid di cui disponiamo e insieme il quid che ci manca. Non solo sui campi di calcio. Ci vuole del talento a essere così figli di puttana. Darei molto denaro per stare a tavola con lo psicoanalista del morsicatore, l’uomo che ha tentato di trasformarlo in paziente. E quel talento lì, quella sfacciataggine che va dalla presa di Suárez sull’incolpevole Chiellini, fino alla simulazione del mal di denti da fallo subito, e che è paragonabile soltanto al celebre gol di pugno di Maradona, ecco, quello e quella non ce l’abbiamo. Mi spiace.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.