Matteo Renzi fra il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso (Foto Ap)

Indagine sull'Europa di Matteo

Redazione

Renzi, le parole buone e i fatti che mancano su debito e riforme.

Matteo Renzi ha pronunciato un discorso di inaugurazione del semestre italiano di presidenza europea in cui ha ripetuto la tesi classica, già enunciata più volte anche da Silvio Berlusconi e da Giulio Tremonti, secondo cui solo con una diversa concezione della stabilità costruita sulla crescita si può creare una prospettiva per l’Italia e per l’Europa. Ha ribadito i propositi riformatori citandoli ancora una volta per titoli, ha esteso a mille giorni l’orizzonte temporale dell’impegno di trasformazione. Non c’è molto di nuovo, ma naturalmente quello che dà un senso particolare a un discorso un po’ scontato è la particolare situazione di forza in cui il premier italiano si trova all’interno e nelle relazioni con i suoi colleghi europei. Questo non significa che il percorso sia in discesa: lo scenario internazionale anche ai confini dell’Europa e del Mediterraneo è denso di tensioni e di pericoli, le disponibilità tedesche ad appoggiare una svolta produttivistica sono avare e puramente fraseologiche, il meccanismo decisionale europeo resta farraginoso (come d’altronde quello italiano) mentre l’Eurocrazia tende a paralizzare ogni spinta davvero innovativa. Offrire riforme in cambio di flessibilità, questa è in sostanza la proposta di Renzi, è uno slogan che può assumere un senso concreto solo se le riforme diventano fatti e la flessibilità viene definita in termini chiari. Di tutto ciò, per ora, c’è solo un’aspirazione che appare sincera, e una condizione di forza inusitata di un premier che potrebbe passare davvero dalle enunciazioni alle realizzazioni. Si vedrà presto, per esempio, se le resistenze delle caste conservatrici e autoreferenziali alle proposte di riforma della burocrazia saranno superate e questo servirà più di ogni discorso a rendere convincente o no l’impostazione di Renzi. Gli interlocutori italiani ed europei sono in attesa, più o meno fiduciosa, ma per evitare che la piccola finestra di opportunità che si è aperta per l’Italia si chiuda repentinamente, servono fatti e fatti immediati. Questo non significa che i discorsi non abbiano senso e che contino solo le misure concretamente adottate. In politica, specialmente in una situazione in cui gran parte delle scelte sono obbligate, ha un valore rilevante la visione che si riesce a esprimere, il ruolo che si riesce a interpretare. Da questo punto di vista  l’atteggiamento assunto da Renzi, che si presenta come un autorevole promotore del cambiamento e non come un oggetto passivo dei giudizi altrui, è l’atteggiamento giusto, assunto nel momento giusto. Su questo è ragionevole che ottenga una sorta di mandato da parte di tutte le forze parlamentari responsabili, ed è quello che ha avuto di fatto. Però nessuno deve dimenticare che se non si riduce il debito con dismissioni massicce di patrimonio pubblico, la situazione in Europa dell’Italia resta precaria e c’è sempre la possibilità che qualcuno ne voglia approfittare per imporre una specie di protettorato, com’è già accaduto in passato.