Colonia infame

Jack O'Malley

La vigilia di Italia-Inghilterra tra luoghi comuni, puttane e piranha. Per non dire delle bombolette spray.

Port Stanley (Falkland). Lo ammetto: in qualità di supremo nostalgico dell’Impero di Sua Maestà, tanto quello conclamato quanto quello occulto, considero l’Italia un’informale colonia britannica. Tutti sanno – o dovrebbero sapere – delle navi da guerra che scortavano i Mille di Garibaldi diretti a Marsala e degli aiuti generosamente concessi ai filo garibaldini in funzioni antiborbonica ai tempi in cui l’Italia era un patchwork di popoli e di storie. Se mai qualcuno ha condotto una trattativa stato-mafia quelli siamo noi. Quando l’Italia non esisteva ancora, noi a Sheffield avevamo già una squadra di calcio, per dire. Questo per spiegare i sentimenti con cui mi accosto a una partita in cui mi aspetto pochissimo dall’orrido campus di Manaus ma molto dal punto di vista dei simboli e dell’orgoglio. Abbiamo probabilmente una delle Nazionali più tristi degli ultimi decenni, guidata per giunta dall’allenatore dell’Inter di Marco Branca, ma tutta ’sta faccenda l’abbiamo inventata noi. Nessuno poteva immaginare che sarebbe finita con J.Lo e Pitbull sul palco, ma cosa ci possiamo fare, ciascuno cerca di fare il possibile con quello che ha. I giornali italiani, in mancanza di notizie, mettono insieme dichiarazioni separate e le fanno diventare un’incredibile lite fra gli interisti Kovacic e Hernanes a proposito dell’imbarazzante partita d’esordio (imbarazzante perché il favorito Brasile è solido quanto la reputazione della Fifa, l’arbitro non c’entra, quello serve solo a scrivere che “il rigore impazza in rete”). L’attesa delle grandi sfide genera nervosismo nei giocatori, tensione nei commissari tecnici e demenza nei giornalisti.

 

Atterriti dall’horror vacui, direttori e redattori dei quotidiani sportivi danno spazio alla fuffa cronachistica quasi quanto alle interviste agli ex campioni del mondo che raccontano di quella volta che… Italia-Inghilterra non è una partita come le altre, dicono in tanti, anche se poi non si capisce perché, dato che pure Camerun-Messico non è una partita come le altre (compreso il record mondiale di gol annullati ai messicani). Si inventano polemiche come se fossero retroscena politici. Si stilano guide imbarazzanti. Ieri i tabloid inglesi, tra la notizia di una donna che ha partorito una lucertola e l’intervista all’uomo più grasso del mondo che vuole cambiare sesso, hanno pubblicato la guida ai dintorni di Manaus (già ribattezzato in modo originale “l’inferno”) spiegando che nelle acque amazzoniche nuotano i piranha, che è meglio non fare pipì vicino ai fiumi o il pesce vampiro attaccherà le nostre parti basse e che bisogna stare attenti alle sabbie mobili. Non sarebbe Mondiale se non ci fossero i soliti luoghi comuni: stadi da finire, trasporti in tilt, bagni sporchi e naturalmente il raduno internazionale delle puttane: ogni volta che c’è qualche grande manifestazione ecco che il paese ospitante diventa un bordello, i turisti una massa di depravati che con la scusa di seguire il calcio si tromberebbero pure Dilma, e le strade della città il set di un film porno.

 

Qui alle Falkland nulla, solo britanniche nebbie di inizio inverno e brandy d’importazione da trangugiare alla bisogna per dimenticare gli articoli sugli scontrini di Eto’o (deve aver speso molto per la pettinatura a vagina sfoggiata ieri in campo), sui palleggi di Pogba e le corna dell’arbitro. Almeno in Brasile sono coscienti del furto di Fred, e sui giornali online fanno votare l’arbitro giapponese tra i migliori in campo. Come se non ci fossero già abbastanza brutture, ci si è messa anche la regola della bomboletta per segnare la posizione di palla e barriera nelle punizioni, una sudamericanata terribile che succhia via l’anima al calcio, il gioco dell’incertezza, della discrezionalità, dell’astuzia, della barriera che si muove e del furbastro che sposta un po’ la palla mentre l’arbitro non guarda. Per le righe sul terreno c’è la bocciofila.