Girone G

Redazione

Germania, Portogallo, Ghana, Usa

Germania

 

Angela Merkel guidava la Germania nel 2010 e la guida ancora. L’economia tedesca era la più solida allora e lo è anche oggi. Nulla è dunque cambiato in sostanza. Ma mentre cresce il reddito pro capite dei tedeschi, crescono le esportazioni e il peso politico all’interno dell’Unione europea, in Germania si subisce anche qualche perdita. Nel 2010 infatti sul soglio pontificio c’era Papa Benedetto XVI, di Marktl, Baviera, ora siede Francesco, di Buenos Aires, Argentina. Nel 2010 la Germania aveva 80,3 milioni di abitanti, stimati, ne aveva previsti 81,7 milioni per il 2014, invece ne ha 80,2 milioni, sicuri, nonostante la popolazione continui a crescere da quattro anni, soprattutto grazie ai flussi immigratori. Motivo? Legislativo. Il pignolo stato tedesco infatti prevede l’obbligatorietà della registrazione di chiunque si trovi in suolo germanico presso le autorità locali anche per effettuare semplici attività come ad esempio aprire un conto in banca. Registrazione che sarebbe obbligatorio cancellare in caso di abbandono della Germania. Cosa che però in pochi sanno e che quasi nessuno fa. E così al primo censimento post riunificazione, avvenuto nel 2013, i burocrati tedeschi si sono ritrovati 1 milione e mezzo di cittadini in meno.

 

 

Portogallo

 

Rating, spread, debito sovrano, bailout. Negli ultimi quattro anni il Portogallo non ha discusso di molto altro, visto che è la “P” di quei “Pigs” che sono stati tormentati dall’instabilità e dalle male parole degli altri partner europei. Nel novembre del 2010 si pensava che Lisbona sarebbe fallita di lì a poco, poi sono arrivati l’austerità, i soldi dell’Europa, quelli del Fondo monetario, un nuovo governo e quel pezzo di penisola iberica che ancora battaglia per alcuni territori che considera suoi si è ripresa. Alla vigilia del terzo Mondiale-per-fortuna-c’è-Cristiano-Ronaldo  che dovrebbe invertire una maledizione calcistica che va avanti da cinquant’anni (e ne dovrebbe durare altrettanti) il Portogallo è tornato libero. Il premier Pedro Passos Coelho ha detto che il bailout è finito, non ci saranno altre domande di assistenza, il suo paese ritorna a crescere senza la solidarietà degli altri: è disposto a vendere la collezione nazionale di Miró, piuttosto che chiedere altro aiuto.

 

 

Ghana

 

Quattro anni fa gli indicatori economici erano positivi, merito dell’impennata del prezzo del cacao. Poi rialzi a intermittenza, con un botto nel 2011 (da allora il Ghana è considerato come un paese a medio reddito) e poi crescenti difficoltà. Il pil l’anno scorso si è stabilizzato al 7,7 per cento. Quest’anno qualche guaio dovuto alla carenza di energia elettrica che ha costretto numerose attività alla chiusura. Secondo il Ghana Statistical Service, il terzo trimestre del 2014 registrerà una crescita del 4,8 per cento. Contano indecisioni, errori di progettazione e il rallentamento degli investimenti cinesi (China Development Bank) per la centrale termica di Atuabo, ancora spenta malgrado la pipeline per il trasporto del gas dai giacimenti off-shore alla terra sia già completata. Buone notizie: il 25 aprile 2013 il governo di Accra ha avviato le procedure parlamentari per l’abolizione della pena di morte. A novembre prossimo dovrebbe svolgersi un referendum confermativo.

 

 

Stati Uniti

 

Non si parlava che di Tea Party alle elezioni di metà mandato di quattro anni fa, quando i democratici di Barack Obama hanno preso una storica batosta. Li chiamavano disfattisti antisistema o invasati antagonisti dello small government nell’epoca in cui si pensava ancora che Obama avesse una visione, una dottrina, o almeno alcune idee organiche sul ruolo dell’America nel mondo dopo l’epoca della guerra al terrore che il presidente tentava disperatamente di archiviare. Si è aperta così l’èra del “nation building at home”, processo di ritiro americano dagli affari del mondo in nome della priorità delle riforme domestiche. Su quelle Obama voleva vincere, e ha vinto, il secondo mandato. Alcune riforme sono arrivate, innanzitutto l’Obamacare, che ancora deve provare la sua tenuta. Infine è arrivata anche l’apertura al matrimonio gay, sebbene sancito da una sentenza della Corte suprema e non da una legge del Congresso, coronamento di uno dei più rapidi cambiamenti nel sentire comune degli ultimi decenni (al quale ha partecipato anche Obama, presidente in “evoluzione”). Sono stati anni di calcolatissime scelte di politica estera, con il leader del mondo libero che ha scelto di guidare il mondo dal sedile posteriore mentre bombardava dall’alto con i droni i terroristi. La testa di Bin Laden è stato il trofeo più importante, ma nel taccuino di Obama rimangono le primavere arabe ora corteggiate ora rinnegate, a seconda della convenienza politica del momento, le truppe frettolosamente ritirate dall’Iraq, l’economia in lenta ma costante ripresa grazie soprattutto  alle misure straordinarie messe in piedi dalla Fed di Ben Bernanke.