Girone C

Redazione

Colombia, Grecia, Costa d'Avorio, Giappone

Colombia

 

L’ultima volta si era qualificata per Francia 1998, eppure la Colombia a Germania 2006 e Sudafrica 2010 c’era lo stesso. Con la cantante Shakira, a eseguire sia la sigla del 2006 “Hips Don’t Lie”, il cui video riproduceva immagini del Carnevale della sua città natale di Barranquilla; sia quella del 2010 “Waka Waka”. Il 2010 era stato anche l’anno in cui alla presidenza della Colombia Alvaro Uribe Vélez, dopo due mandati aureolati dalle sue vittorie contro la guerriglia delle Farc, ha passato la mano al suo delfino Juan Manuel Santos, suo ex ministro della Difesa. Con Santos la Colombia è diventata la terza economia dell’America latina, sorpassando l’Argentina. Ma il processo di pace da lui intrapreso proprio con le Farc non è piaciuto al suo ex mentore, che gli ha candidato contro l’altro suo ex-ministro Oscar Iván Zuluaga. Il 14 giugno a Belo Horizonte la Colombia esordisce dunque contro la Grecia, proprio il giorno del ballottaggio al cardiopalma tra Santos e Zuluaga.

 

 

Grecia

 

La Grecia che nel 2010 faceva i conti con il duro risveglio da un sogno di benessere finanziato da sprechi leggendari, da debiti e da una Pubblica amministrazione elefantiaca e vorace, arriva al Mondiale 2014 da paese povero, dipendente come nessun altro in Europa dagli aiuti della troika. La cura di austerità gestita dal premier Samaras è culminata in alcuni provvedimenti clamorosi, come la chiusura d’ufficio dell’emittente di stato Ert, ora riaperta con contratti di due mesi in due mesi per meno di due terzi dei dipendenti originari. Tagli a stipendi e a pensioni, licenziamenti, disoccupazione giovanile al cinquanta per cento, aumento delle tasse, deflazione (i prezzi al consumo di maggio sono al due per cento in meno rispetto allo scorso anno) disegnano un quadro da “tempi bui”, come ha scritto il giallista Petros Markaris. Risanamento significa anche ospedali al collasso, penuria di farmaci e per qualcuno anche di cibo. Niente di strano se la sinistra di Alexis Tsipras alle europee è diventata il primo partito, ai danni di Nea Demokratia di Samaras e del quasi estinto Pasok, superato con il dieci per cento anche dai neonazisti di Alba dorata. Ma per la Borsa di Atene nell’ultimo anno si è parlato di “performance straordinarie”, e l’agenzia di rating Fitch a maggio ha fatto passare la Grecia da B- (baratro in vista) a B (un passetto indietro rispetto al baratro). La squadra che arriva ai Mondiali 2014 dicono sia forte soprattutto, se non soltanto, in difesa. Dalle Termopili in poi, è la specialità nazionale.   

 

Costa d'Avorio

 

Dire che per gli ivoriani l’avvenimento più fausto dell’ultimo quadriennio sia stata la conquista della Champions League, praticamente da solo, da parte di Didier Drogba è forse eccessivo. Verò è che nello stesso periodo il concetto di ivoirité se n’è andato tumultuosamente in pensione, assieme al presidente Laurent Gbagbo, sua storica incarnazione. Era da poco finito il Mondiale sudafricano e alle presidenziali del 2010 Gbagbo, non proprio un raffinato interprete della democrazia e dei diritti, finì sconfitto da Alassane Ouattara, ex funzionario del Fmi, islamico in cravatta, e che soprattutto anni prima era stato unito in matrimonio (a una bionda francese) dal sindaco di Neuilly-sur-Seine, Nicolas Sarkozy. Gbagbo non voleva mollare, Sarkozy non stette a guardare: furono le forze speciali francesi a catturare il 10 aprile 2011 Gbagbo. Poco dopo finì al tribunale dell’Aia, per le migliaia di morti che lo scontro con Outtara (accusato pure lui da ong e Onu per le stragi delle sue milizie, ma Sarko si era distratto) aveva provocato. Di lì a poco Ouattara ha ricominciato a far girare l’economia di uno dei paesi più prosperi d’Africa. Nel 2012 il pil pro capite raggiungeva i 1.707 dollari, la crescita filava l’8,5 per cento, tra cacao gas e petrolio. Nel 2012 Abidjan ha ottenuto l’annullamento del 64 per cento del debito estero e il piano di investimenti privati 2012-2015 è ambizioso. Nel 2013, la classifica relativa al rapporto popolazione-omicidi vedeva ancora il paese ai primi posti, con un tasso di pericolosità 56 (El Salvador è al 66). Nonostante san Drogba.

 

 

Giappone

 

がんばって ganbatte. E’ la parola giapponese che si usa per dare coraggio a qualcuno. Ed è la parola che ha caratterizzato gli ultimi quattro anni in Giappone. “Ganbatte Japan” riecheggia continuamente, come un mantra, perché la tragedia che ha colpito Sendai e il Tohoku nel 2011 è ancora viva nei cuori di tutti i giapponesi. Alle 14,46 dell’11 marzo un terremoto del nono grado della scala Richter – il sisma più forte mai registrato in Giappone, il quarto nel mondo – provoca un’onda anomala che raggiunge i quattordici metri e meno di un’ora dopo il terremoto colpisce la centrale nucleare di Fukushima. Le vittime della catastrofe sono oltre 15 mila, senza contare i morti legati all’emergenza nucleare. Secondo la Banca mondiale è il disastro più costoso al mondo (almeno 235 miliardi di dollari). Lo choc costringe a un cambio di passo al Kantei, il Palazzo del governo giapponese, dal 2009 in mano ai democratici. Nel dicembre del 2012 arriva il liberal-democratico Shinzo Abe, che con l’esperimento di politica monetaria che porta il suo nome, Abenomics, tenta di far tornare il Giappone a crescere. Qui l’imperatore è ancora al suo posto.