Girone B

Redazione

Spagna, Olanda Cile, Australia

Spagna

 

C’era una volta un re, nel 2010 si chiamava ancora Juan Carlos, ora la Spagna ha un reggente, il principe Felipe, in attesa di (contestata) incoronazione. Ma soprattutto, quando nel 2010 la Roja festeggiò in Sudafrica, c’erano in campo bandiere di Castiglia e Catalogna. In quattro anni la Spagna si sente un po’ meno nazione, molto meno regno. Sarà che nel frattempo le è transitato sopra come un treno la coda del governo ciudadano di Zapatero, che dopo i terremoti etici del primo mandato guidò, nel secondo, Madrid a testa bassa verso l’abisso. Il paese arrivò sull’orlo del baratro, con una crisi economica dell’Eurozona seconda solo alla Grecia, un crollo dell’immobiliare da record, una disoccupazione arrivata al 22 per cento. Così, anche sotto la pressione degli indignados installati per settimane alla Puerta del Sol dal maggio 2011, a novembre Zapatero optò per le elezioni anticipate e il suo successore Alfredo Pérez Rubalcaba le buscò di santa ragione dal popolare Mariano Rajoy (44,55 per cento), attuale premier. La Spagna ha iniziato a risollevarsi, con una politica di rigore mixata da riforme del mercato del lavoro e sugli investimenti. Gli spagnoli andarono a votare in mezzo alla crisi, e sono ripartiti prima dell’Italia dei Tecnici. Ancorché l’unico vero soffio di Modernità transitato in quattro anni sopra Madrid sia stato José Mourinho. Ma non se lo sono meritati.

 

 

Olanda

 

Quattro anni fa, a consolare un paese sotto choc per la terza finale mondiale persa su tre giocate, ci pensò la regina Beatrice, presenza rassicurante per gli olandesi fin da quando sua madre Giuliana, nel 1980, abdicò. Stavolta non ci sarà più neppure lei, che un anno fa annunciò ai connazionali che era giunto il momento della pensione e di passare la mano alle nuove generazioni. Al suo posto, sul trono di una delle economie dell’Europa che funziona, quella del nord che si terrebbe l’euro anche in caso di fallimenti o derive nazionaliste mitteleuropee o mediterranee, il figlio Guglielmo Alessandro, primo maschio a regnare da più d’un secolo e mezzo. A presiedere il governo, dall’ottobre del 2010, c’è il liberale Mark Rutte, scelto dopo una lunghissima trattativa con le altre forze parlamentari e con l’appoggio di Geert Wilders, che diede il via libera al leader liberale in cambio di un inasprimento della normativa sull’immigrazione. Esperimento durato solo fino al 2012, quando Rutte preferì la giostra elettorale e un governo di coalizione con i socialisti.

 

 

Cile

 

I cileni dicono che non hanno paura del “girone della morte”, quello in cui giocano anche Spagna e Olanda (oltre all’Australia) e che sembra perduto in partenza. La Nazionale cilena ha molti punti di forza, ed è sostenuta da un paese in piena espansione, con un’economia che cresce del 5 per cento e attira investimenti. Nel 2013 è tornata alla presidenza la socialista Michelle Bachelet, figlia di un generale fedele a Salvador Allende, torturato e ucciso dal regime di Pinochet. Bachelet era già stata presidente tra il 2006 e il 2010 e aveva chiuso il mandato con un notevole consenso, ma la Costituzione impedisce la ricandidatura immediata. La sua principale avversaria alle elezioni del 2013 è stata Evelyn Matthei, anche lei figlia di un generale, fedele però a Pinochet – pare che i due militari e le loro figlie fossero amici, le loro strade furono separate dal golpe.

 

 

Australia

 

L’Australia, rispetto a quattro anni fa, resta sempre e comunque l’unico paese occidentale a non trovarsi davvero in occidente e a non essere stato investito dalla crisi economica. Al governo però non ci sono più i laburisti cosmopoliti di Kevin Rudd né quelli in tailleur di Julia Gillard. Dallo scorso settembre governano i liberali di Tony Abbott, con tanti figli al seguito, altrettante gaffe, ma anche molta voglia di far arretrare lo stato dall’economia e far crescere il pil affidandosi agli animal spirits dei privati. Crescere, crescere, crescere, indipendentemente da quel che accade all’economia cinese, è il motto più ricorrente, considerato che Pechino rallenta e quindi anche le esportazioni made in Australia. I Socceroos della Nazionale – come sono stati ribattezzati i calciatori in patria, dove la crasi con “Kangaroos” era troppo scontata per non diventare popolare – sono stati i primi calciatori stranieri ad arrivare in Brasile per i Mondiali. Se anche fossero costretti a tornarsene a casa per primi, potranno essere lieti di farlo. L’Australia felix li attende.