Siete ciechi? Chiede il jihadista

Daniele Raineri

Come in ogni casa araba le scarpe si lasciano davanti alla porta, si entra scalzi. Come in ogni notte siriana si tira tardi, parlando fino alle due-tre. Esco, non ci sono più le scarpe, rientro. Che scherzo. “Dai, guardate che domattina ne ho bisogno. Oppure volete che vada a incontrare Ahrar al Sham con le ciabatte ai piedi?”. Ahrar al Sham: gli incorruttibili. Uno dei primi gruppi jihadisti a prendere le armi contro il governo del presidente Bashar el Assad, ora è diventato uno dei più importanti.

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    Come in ogni casa araba le scarpe si lasciano davanti alla porta, si entra scalzi. Come in ogni notte siriana si tira tardi, parlando fino alle due-tre. Esco, non ci sono più le scarpe, rientro. Che scherzo. “Dai, guardate che domattina ne ho bisogno. Oppure volete che vada a incontrare Ahrar al Sham con le ciabatte ai piedi?”. Ahrar al Sham: gli incorruttibili. Uno dei primi gruppi jihadisti a prendere le armi contro il governo del presidente Bashar el Assad, ora è diventato uno dei più importanti. Il giorno dopo, alla fine dell’incontro, dopo avermi tolto gli effetti personali per ragioni di sicurezza gli uomini di Ahrar al Sham me li restituiscono e vogliono che io confermi che sono tali e quali a prima. Non ce n’è bisogno dico, sono sicuro. Insistono, non c’è altro modo di sbloccare la situazione. Apro il portafogli davanti a loro e confermo: non manca nulla. Come in ogni terra di nessuno contesa tra gruppi armati, anche in Siria questo modo di fare esercita un fascino potente sui civili. Ieri il Times di Londra ha aperto a sei colonne sulla storia di due suoi inviati rapiti, picchiati e feriti con colpi d’arma da fuoco da una banda di criminali siriani: “Avevano il segno del dollari negli occhi”, hanno detto i due, che sono stati liberati e riportati al sicuro in Turchia dagli uomini della stessa lega militare ribelle e silamista di cui fa parte Ahrar al Sham. Tornando alla notte: le scarpe ricompaiono subito.

    “Abu Ayman” è il capo militare di Ahrar al Sham nel nord della Siria. Il suo gruppo è la spina dorsale di un fronte più ampio, il Fronte islamico, che per adesso è in posizione dominante sulle altre fazioni dell’opposizione (è questo Fronte ad avere appena recuperato i due giornalisti inglesi di cui sopra). Se la situazione in Siria si fermasse allo stato attuale, il Fronte islamico potrebbe governare il nord della Siria, quasi per intero (ma no, la guerra non si fermerà). Ahrar al Sham combatte un doppio conflitto, contro il regime di Assad e contro lo Stato islamico, vale a dire quel gruppo armato comandato dallo sceicco iracheno Abu Bakr al Baghdadi che ha rotto l’affiliazione con al Qaida e sta creando un proprio stato indipendente a cavallo di Siria e Iraq. A causa di questa doppia minaccia le misure di sicurezza per incontrare Abu Ayman sono strette, anche dopo che i mediatori hanno garantito sull’autenticità della richiesta di intervista: l’automobile è ispezionata, il cofano e il bagagliaio sono aperti, c’è una perquisizione personale e come detto c’è da consegnare telefonino, passaporto e il resto. Il convoglio di macchine di Abu Ayman e delle sue guardie del corpo arriva all’appuntamento due minuti dopo. Quest’area del paese in teoria è colpita “soltanto” dal regime con artiglieria e bombardamenti aerei, ma nella faida fra fazioni ci sono stati anche omicidi con silenziatori e attentati suicidi. Il capo militare tiene a che la conversazione (e i messaggi che contiene) sia riportata con esattezza e chiede di controllare due volte la trascrizione (in inglese).

    Comandante Abu Ayman, quando si è unito a questo jihad armato? Dove ha combattuto? Quella siriana è la sua prima guerra o ha combattuto anche in altri paesi, come l’Iraq o l’Afghanistan?

    Mi sono unito al jihad contro Bashar el Assad nel 2003 e non ho combattuto in nessun altro luogo, ho scelto la Siria perché sono siriano. Nel 2009 sono stato in prigione per cinque mesi nel Settore Palestina di Damasco e sono stato liberato nel 2010. [Il Settore Palestina, o Settore 235, è uno dei settori più grandi e temuti dell’intelligence militare del regime di Assad. E’ specializzato soprattutto nei gruppi islamici].

    I sunniti in Siria sono sotto assedio, bombardati, uccisi dai cecchini, perfino attaccati con il gas, eppure molti governi occidentali considerano il fronte sunnita in Siria come la minaccia numero uno. Può spiegarci per quale motivo?

    Sì, è perché i governi occidentali cercano soltanto di badare al proprio tornaconto e di proteggere i loro interessi, e non si curano di cosa sta succedendo al popolo siriano. Hanno deciso di lasciare Bashar el Assad al potere e non vogliono che qualcun altro prenda il suo posto, perché non sanno se il suo sostituto li asseconderà e proteggerà i loro interessi.
    I popoli del mondo possono vedere cosa sta succedendo in Siria, ma i governi occidentali sono sconnessi dai loro stessi popoli.

    Intende dire che il mio governo è disconnesso dalla gente normale come me?

    Sì. Aggiungo che la guerra dell’occidente con l’Iran è il motivo per cui la rivoluzione siriana sta rallentando. L’occidente sostiene qualche gruppo qua e là in Siria con aiuti medici. Ma l’Iran sta dando il suo pieno appoggio al regime di Assad. Gli aiuti che l’occidente dà al popolo siriano non sono comparabili con quelli che Assad riceve dall’Iran. Gli aiuti dell’occidente sono l’uno per cento degli aiuti dell’Iran. Il governo di Teheran sta gettando così tante risorse in questa guerra che la valuta iraniana si sta svalutando e l’economia del paese è in sofferenza.
    Ecco, ho una domanda per il popolo italiano: lo scontro di civiltà vi sta rendendo ciechi davanti ai crimini di Assad? I governi occidentali sono felici di lasciare che la guerra siriana si impantani perché stanno usando questa rivoluzione per strangolare economicamente l’Iran.
    Dovreste sapere questo, invece: delle armi anti aereo (come i missili Stinger) potrebbero porre fine molto in fretta alla rivoluzione siriana.

    Cosa pensa della fitna (la lotta interna) che sta avvenendo tra i gruppi jihadisti in Siria? Un tempo voi e lo Stato islmico eravate alleati, ora invece siete in guerra contro di loro.

    Questa lotta che c’è in Siria non è una fitna. Ai nostri occhi lo Stato islamico dell’Iraq e Sham è composto da tre tipi di persone: i primi sono gli estremisti, i “ghulat”; il secondo gruppo sono gli agenti dei servizi segreti; il terzo è rappresentato dai sempliciotti, da gente che non si rende conto del quadro generale. Gli estremisti stanno prendendo ordini dagli agenti dei servizi, non direttamente ma seguendo un piano segreto ideato dai servizi segreti. L’obiettivo è di rallentare e poi di far fallire la guerra siriana. Non è una fitna, perché la fitna è tra gruppi islamici, e loro non sono un gruppo islamico. Loro hanno iniziato a combatterci a causa della nostra presenza, per quello che facciamo e per i grandi successi che abbiamo ottenuto in questa rivoluzione.

    Quindi immagino che non ci siano possibilità di firmare un accordo di pace con lo Stato islamico, giusto?

    Sì. Non ci sono possibilità di pace, a meno che gli uomini dello Stato islamico non facciano “tawba”, atto solenne di pentimento. Perché Allah accetta la tawba. Ma conoscendoli, è molto improbabile che facciano tawba.

    Ha ricevuto aiuti da fuori, da nazioni straniere? E’ lecito e ammissibile, secondo lei? Oppure voi rifiutate l’aiuto che può arrivare dalle altre nazioni?

    L’aiuto che riceviamo dalle altre nazioni è soprattutto relativo alle azioni non militari, come medicine e cibo. E’ tutto quello che riceviamo. Riceviamo inoltre armi tradizionali, non sofisticate – come fucili Ak, non missili – ma è la rivoluzione siriana in generale che li ottiene da fuori, non è Ahrar al Sham.

    Ahrar al Sham chiede armi migliori, più sofisticate?

    Noi rifiutiamo le armi date in cambio di qualcos’altro. E riguardo alla loro ammissibilità, rifiutiamo di accettare armi se ci viene chiesto di fare qualcosa in cambio, qualcosa che sia contro i nostri princìpi. Per esempio: se riceviamo delle armi e ci viene chiesto di usarle sul fronte di Homs, possiamo accettare. Un altro esempio: se la richiesta è lasciar perdere e dimenticare la nostra sharia e i nostri princìpi islamici, allora non accetteremo mai.

    A proposito di Homs, posso chiederle qualche dato? Quanti combattenti di Ahrar al Sham ci sono nell’area di Idlib?

    Seimila uomini a Idlib, ma Ahrar al Sham sta combattendo su molti fronti in tutta la Siria, per cui alcuni dei combattenti di Idlib sono mobilitati su questi fronti, perfino a Damasco.

    Perché non avete aiutato la gente sotto assedio a Homs?

    Fai questa domanda soltanto perché non sai molto di Ahrar al Sham a Idlib (risate dei combattenti): noi abbiamo aiutato la gente di Homs.

    Qual è il traguardo finale di questa guerra per Ahrar al Sham? Soltanto la caduta del governo di Bashar el Assad a Damasco? Cosa verrà dopo: le Alture del Golan? Al Quds (il nome arabo per Gerusalemme)?

    Il nostro obiettivo è liberare dal peso dell’oppressione tutti i popoli del mondo. Questo vale anche per i palestinesi, ovviamente. Ma la guerra non è l’unico mezzo a disposizione per liberare dall’oppressione, ce ne sono altri.

    Cosa succede se vincete voi in Siria? Se sono cristiano o alawita devo preoccuparmi del vostro arrivo?

    No. Per quel che riguarda le minoranze siriane, non c’è legge al mondo migliore della legge islamica per rendere possibile la coabitazione di religioni differenti sullo stesso territorio. Parlo dei cristiani e degli alawiti, ma anche degli ebrei.
    Durante il regno di Ali Ibn Abi Taleb (il quarto califfo dell’islam dopo il Profeta), il Principe dei Credenti in persona portò un ebreo in tribunale perché l’ebreo gli aveva rubato lo scudo, ma perse la causa perché il giudice decise che – sulla base della legge islamica e perché non c’erano abbastanza prove che lo scudo appartenesse a Ali Ibn Abi Taleb – il legittimo possessore era l’ebreo.
    Un altro esempio: quando il califfo Omar bin al Khattab visitò la chiesa del Santo Sepolcro dopo la conquista di Gerusalemme, scelse di non pregare dentro alla chiesa per non stabilire un precedente e non invalidare lo status della chiesa come luogo di culto cristiano. Per questo il califfo pregò fuori dalla chiesa, nel cortile. Ci sarebbero molti altri esempi.

    Esiste una lista degli uomini del regime più ricercati? Può dire i primi tre nomi?

    Tre nomi? Trecento piuttosto… Ci rifiutiamo di rimuovere soltanto Bashar el Assad. La lista dei nostri obiettivi comprende tutto il regime e tutti coloro che lo hanno servito. Tutto deve cambiare. Questo non significa che li uccideremo tutti. I soldati che abbandonano Bashar el Assad ora sono i benvenuti. E per quanto riguarda gli uomini del regime, li sottoporremo a giudizio e se non hanno le mani sporche di sangue, e saranno giudicati innocenti, allora saranno liberi di andare. In Iraq, dopo la caduta di Saddam, è successo lo stesso: chiunque non avesse sangue sulle mani è tornato a casa sano e salvo.
    Vorrei porre io una domanda da pubblicare sul suo giornale: perché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non ha preso la decisione chiara di costringere Assad ad andarsene dopo la morte di 400.000 siriani? (Questa cifra è molto più alta del bilancio ufficiale, che da tempo però non è più aggiornato per la difficoltà a verificare i dati, ndr). Nello stesso periodo tre decisioni sono state prese sul Darfur, in Sudan, dove stavano morendo 4.000 persone. In Darfur le vittime erano cristiani, in Siria sono musulmani: c’è qualche differenza?
    Negare questi fatti evidenti non fa che aumentare il divario tra i musulmani e l’occidente.

    Ci sono legami con altri gruppi fuori dalla Siria?

    No, nessun legame.

    Però Abu Khalid al Suri è stato uno dei leader di Ahrar al Sham (Abu Khalid al Suri è un leader di Ahrar al Sham che è stato assassinato in febbraio. In un video degli anni Novanta lo si vede a fianco di Osama bin Laden in un campo di addestramento in Afghanistan). Conosceva personalmente Abu Khalid al Suri?

    Sì, lo conoscevo. In base a quello che sappiamo come gruppo, come Ahrar al Sham, Abu Khalid al Suri non era un membro di al Qaida. Si è unito allo stesso jihad contro i russi in Afghanistan ma non era nello stesso gruppo guidato da Osama bin Laden. Proprio come qui in Siria, dove tutti i gruppi sono uniti nel rovesciare il regime.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)