Il nuovo Beppe del concorso per attivisti, e il vecchio Beppe che si appella alla polizia

Marianna Rizzini

Non c’è solo lo sbarco del 19 maggio a “Porta a Porta”, nella nouvelle vague comunicativa del Beppe Grillo normalizzante che per il resto fa il solito Grillo, quello che va in piazza a dire “tutti ladri, chiudiamo la baracca” (baracca che può essere l’Expo, il Parlamento o Equitalia a seconda del momento) e annuncia il “nuovo boom” davanti alla basilica di San Giovanni, a Roma, il 23 maggio, per “l’evento che segnerà la storia del movimento”.

    Non c’è solo lo sbarco del 19 maggio a “Porta a Porta”, nella nouvelle vague comunicativa del Beppe Grillo normalizzante che per il resto fa il solito Grillo, quello che va in piazza a dire “tutti ladri, chiudiamo la baracca” (baracca che può essere l’Expo, il Parlamento o Equitalia a seconda del momento) e annuncia il “nuovo boom” davanti alla basilica di San Giovanni, a Roma, il 23 maggio, per “l’evento che segnerà la storia del movimento”. C’è anche, a questo punto, e dopo un anno di progressiva istituzionalizzazione della carica da bastian contrario, la trasformazione della rete in rete “porta a porta” (letteralmente): va bene il web, ma non più soltanto come pentolone e riserva di malumore un tanto al chilo, critiche epidermiche, inni al reddito di cittadinanza, invettive anti “ebetino di Firenze”, grida “no-euro” e superstizione sulla politica estera trasformata in certezza perché l’ha detto Facebook o un documentario complottista. Il web, a casa Grillo, deve diventare ora come la vecchia sezione (i partiti sono morti, ma fino a un certo punto, e la campagna elettorale è pur sempre fatta anche di volantinare, convincere, organizzare). E dunque ieri, sul blog del comico, campeggiava di buon mattino il concorso a premi per il miglior web-attivista – in palio, per i primi cento classificati, la cena con il grande capo in persona, a Genova, alla fine della campagna elettorale per le europee.

    [**Video_box_2**] I partecipanti guadagneranno punti a seconda del loro livello di “attivismo” (esempio: mettere il logo del Movimento 5 Stelle sulla propria immagine Facebook vale 200 punti, ma si possono anche stampare manifesti, promuovere eventi, chiedere agli amici di “supportare economicamente il M5s” e rilanciare il tour di Grillo tappa per tappa). E’ la faccia casareccia e rassicurante del movimento che finora è piaciuto a quelli che volevano dire “tutti a casa” (e che oggi cantano l’inno “battiamo i pugni sul tavolo” contro “il diavolo del dio denaro che ha corrotto le anime”) ma che adesso punta a coinvolgere anche gli indignati tiepidi e neofiti della “democrazia dal basso” (diretta dall’alto): i registri sono due, e devono convivere per poter arrivare alla parte di elettorato finora non raggiunta, vuoi perché “il fool turpiloquente si fa ora stratega”, come scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera, vuoi perché  Grillo “non si sente più un outsider”, come dice Carlo Freccero al Fatto, vuoi perché la noia subentra anche quando se ne spara una grossa al giorno. Sul registro del Grillo suadente, quasi imbonitore, c’è la colonizzazione dei talk-show e il premio all’uomo qualunque, e sostenitore qualunque, che finora era visibile soltanto come parte dell’indistinto popolo da “tsunami” o “vinciamo noi tour”; ma sull’altro registro imperversa ancora il Grillo da saloon (manca solo il manifesto “wanted dead or alive”) contro il nemico del giorno. E ieri infatti l’iniziativa di punta del M5s era un videoappello di Grillo alla polizia (non è la prima volta che si rivolge agli agenti) intitolato “non lasciate scappare Francantonio Genovese” e messo online mentre alla Camera il Pd e i Cinque stelle si scontravano a proposito del voto sul deputato pd accusato di associazione a delinquere, riciclaggio e truffa: “C’è un potenziale latitante che si aggira per l’Italia”, diceva il comico: “… Il suo partito gli ha già dato due mesi per inquinare le prove e per reiterare il reato e ora vuole rinviare il voto sul suo arresto a dopo le elezioni europee. Il M5s ha chiesto di votare subito, di non perdere altro tempo, per non essere costretti, poi, ad andare a ricercarlo. Magari in Libano. Anche lui. La maggioranza ha detto no. Lanciamo un appello alle forze di polizia: tenetelo d’occhio.…”. Ed era l’appello che tutto teneva: le piazze e il pubblico a casa che, dopo anni di “dàgli alla casta” (proveniente non solo da Grillo) ora si accende non appena qualcuno dice, come Grillo, che “la fine dei potenti è vicina”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.