Quote rosa al concertone

Redazione

C’è sinistra e sinistra. C’è quella di governo a cui piace specchiarsi nel rosa, che rottama il vecchio e inserisce cinque donne come capolista alle europee e ne nomina tre alla presidenza delle controllate di stato e c’è quella festaiola, da concerti e adunate musicali, che il rosa se lo dimentica, suppellettile su di un altrove ideologico. E infatti sul palco di piazza San Giovanni, per il tradizionale concertone del Primo maggio, le donne saranno non più che comparse, chimere.

    C’è sinistra e sinistra. C’è quella di governo a cui piace specchiarsi nel rosa, che rottama il vecchio e inserisce cinque donne come capolista alle europee e ne nomina tre alla presidenza delle controllate di stato e c’è quella festaiola, da concerti e adunate musicali, che il rosa se lo dimentica, suppellettile su di un altrove ideologico. E infatti sul palco di piazza San Giovanni, per il tradizionale concertone del Primo maggio, le donne saranno non più che comparse, chimere. Minoranza assoluta, marginalità. Nemmeno una Teresa De Sio, lei che è stata presenza fissa di tutte le ultime edizioni con i suoi tamburelli e chitarre acustiche da canzone napoletana. Nemmeno una Paola Turci, una Carmen Consoli, una Nina Zilli a lottare per la voce delle donne. La rottamazione del “gentil [**Video_box_2**]sesso” del Primo maggio sindacalizzato ha fatto cadere la scure su tutte loro. E così le “nostre storie”, il tema artistico dell’edizione di quest’anno, saranno tutte al maschile. Saranno le storie degli eterni primomaggisti, i Modena City Ramblers e la Bandabardò, band che svernano sognando la prossima piazza San Giovanni, di novità da concertone, di vecchi lupi come Piero Pelù, di eterni ritorni beat, come gli Statuto. Il resto è Susanna Camusso, regina della Piazza, e la giornalista Francesca Barra, principessa del palcoscenico tra Dario Vergassola ed Edoardo Leo alla conduzione. Poco altro: Sabrina Impacciatore con l’Orchestraccia e Giovanna Scarfò, tamburellista e danzatrice dei TaranProject. Tutto questo aspettando la collaudata esibizione a ugole unificate di “Bella Ciao”. In questo caso più che mai appropriata.