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La Consulta smantella la legge 40. Bocciato il divieto di fecondazione eterologa

Nicoletta Tiliacos

La Consulta ha deciso, ribaltando tutte le decisioni degli ultimi dieci anni in materia e lo stesso risultato di un referendum abrogativo fallito, che il divieto di fecondazione eterologa, uno dei pilastri della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, è incostituzionale. E’ ancora presto per capire quali siano state le considerazioni che hanno portato a questo risultato, ma fin da subito si può dire che la decisione della Corte apre un gigantesco vuoto legislativo. La legge 40, infatti, stabilisce semplicemente, a protezione dei nati da eterologa in violazione del divieto, che “il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità” e che “il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi”.

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    La Consulta ha deciso, ribaltando tutte le decisioni degli ultimi dieci anni in materia e lo stesso risultato di un referendum abrogativo fallito, che il divieto di fecondazione eterologa, uno dei pilastri della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, è incostituzionale. E’ ancora presto per capire quali siano state le considerazioni che hanno portato a questo risultato, ma fin da subito si può dire che la decisione della Corte apre un gigantesco vuoto legislativo. La legge 40, infatti, stabilisce semplicemente, a protezione dei nati da eterologa in violazione del divieto, che “il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità” e che “il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi”. Troppo poco, per pensare che possa fin da subito valere il “liberi tutti” senza un nuovo intervento del Parlamento.

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    E’ però evidente che si apre una nuova e preoccupante fase nella quale anche in Italia diventerà possibile ricorrere a bricolage procreativi che altrove, dove tutte le pratiche eterologhe sono da tempo autorizzate, già creano una spaventosa mole di contenziosi. Il preteso “diritto” al figlio, che fa spacciare per “cura della sterilità” qualcosa che non lo è, di costituzionale non ha nulla.  Risponde invece a una logica di mercificazione della filiazione e all’idea aberrante, espressa con perfetto candore dai giudici milanesi che ieri hanno parzialmente assolto una coppia italiana che aveva fatto ricorso all’utero in affitto in India, che “l’avanzamento della tecnologia” renderebbe ormai “controversa” la definizione di maternità.

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