Alitalia olet

Alberto Brambilla

Sembra che la malandata ex compagnia di bandiera italiana  susciti un moto di sdegno in chi le si avvicina o potrebbe essere interessato a farlo. Come arma diplomatica nei confronti dell’eterno socio-concorrente franco-olandese Air France-Klm, il governo Letta ha vagheggiato l’intervento di compagnie estere con cui allacciare una partnership, come a dire che ci sono alternative oltre all’alleanza con Parigi per salvare l’azienda dalla bancarotta. Nessuna si è concretizzata finora: i giornali pubblicano i nomi e gli interessati smentiscono.

    Sembra che la malandata ex compagnia di bandiera italiana  susciti un moto di sdegno in chi le si avvicina o potrebbe essere interessato a farlo.
    Come arma diplomatica nei confronti dell’eterno socio-concorrente franco-olandese Air France-Klm, il governo Letta ha vagheggiato l’intervento di compagnie estere con cui allacciare una partnership, come a dire che ci sono alternative oltre all’alleanza con Parigi per salvare l’azienda dalla bancarotta. Nessuna si è concretizzata finora: i giornali pubblicano i nomi e gli interessati smentiscono. Da ultimo è scemata la prospettiva di una trattativa con la compagnia russa Aeroflot (l’ha scritto ieri il Sole 24 Ore), prima ancora l’avvicinamento della cinese Hainan Airlines (smentito con una nota dopo indiscrezioni di stampa) così come quello di Etihad degli Emirati Arabi Uniti (Alitalia non è una priorità). Se questi vettori, per ipotesi, avessero deciso di stringere un accordo non avrebbero comunque potuto comprare una quota di maggioranza in Alitalia: le regole europee vietano a compagnie extracomunitarie di assumere il controllo di società residenti nel Vecchio continente. L’acquisizione è dunque impossibile.

    Allora perché non allearsi con il campione nazionale tedesco Lufthansa come suggerito dai sindacati? Difficile, anche qui. I tedeschi non fanno parte della alleanza globale di Sky Team cui partecipano Alitalia, Air France e anche Aeroflot al fine di condividere tratte e collegamenti internazionali: se la compagnia di bandiera s’infilasse nella squadra rivale di Star Alliance con Lufthansa perderebbe almeno 200 milioni l’anno, pari ai benefici che ottiene dalla permanenza in Sky Team. Non è un buon affare. E’ interessante notare invece la cautela di Poste Italiane, società pubblica chiamata dal governo a mettere 75 milioni in Alitalia per scongiurare il fallimento e contribuire così a un aumento di capitale da 300 milioni di euro che ora Air France non vuole sottoscrivere. Poste si era fatta avanti con una lettera d’intenti, e il 20 novembre consulterà il Tesoro, in quanto azionista di riferimento, per decidere il da farsi ma “la sensazione è che Poste, che già nei giorni scorsi aveva storto il naso sulla lettura dei conti del vettore, possa tirarsi indietro”, diceva ieri la Stampa. Il risultato dell’annuncio postale per ora è solo quello di avere irrigidito la posizione di Air France che adesso valuta “zero” Alitalia, vuole restare azionista solo con la quota minima indispensabile del 6 per cento per sedere in cda, senza sborsare un euro, e potrebbe attendere il fallimento di Alitalia per comprarla con pochi spiccioli, diceva il Wall Street Journal. “La chiamata di Poste si sta rivelando un errore strategico, non è più solo contraria a principi mercatisti e liberali. Il governo pensava di dare un segnale forte ma ha osteggiato gli azionisti di maggioranza francesi per tutelare i soci italiani senza rammentare che è sempre Air France ad avere il coltello dalla parte del manico perché non ci sono altri alleati possibili”, dice Andrea Giuricin, economista dell’Istituto Bruno Leoni.

    Se i conti non tornano, tutti scappano
    Perché nessuno vuole Alitalia? I francesi potrebbero avere la risposta, siedono in cda dal 2002 e sono soci dal 2009, una volta avviata la new company. Ora potrebbero comprarla con pochi milioni ma retrocedono nell’attesa di vedere il nuovo piano industriale, che è stato discusso dal cda, riunitosi nella tarda serata di ieri, assieme all’aggiornamento sulle adesioni alla ricapitalizzazione. Il piano s’annuncia fatto di tagli a personale e stipendi, e forse di nuovi round di cassa integrazione a rotazione. I francesi finora non hanno comunque ottenuto quanto chiedevano: una due diligence per certificare lo stato del bilancio e una ristrutturazione del debito. L’impressione tra ex dirigenti e analisti è che lo stato delle finanze di Alitalia sia peggiore di quanto reso noto. L’azienda parlava di una posizione debitoria di 1,1 miliardi ma in realtà, comprendendo i debiti verso banche e fornitori, il bilancio del 2012 parlava complessivamente di 2,1 miliardi e non è errato prospettare un peggioramento della posizione fino a 2,5 miliardi alla fine di quest’anno. Allora è l’incertezza dei conti a tenere lontani i possibili partner esteri? Cercansi risposte.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.