Twitter andrà meglio di Facebook a Wall Street, ma il social network di Zuckerberg è ancora il posto ideale per vendere prodotti

Michele Boroni

Sulle ottime performance dell’esordio in Borsa di Twitter si è già scritto molto (un paio di cifre su tutte: 70 milioni di azioni collocate per una raccolta pari a 1,8 miliardi di dollari. Prezzo fissato per il lancio del titolo: 26 dollari, chiusura a 44,94). Si è detto e letto pure del generale clima di prudenza che si respira a Wall Street (e nella Silicon Valley), con ancora vivido il ricordo non solo della lontana bolla new economy fine anni Novanta, ma anche delle più recenti performance di Facebook, Groupon e Linkedin.

    Sulle ottime performance dell’esordio in Borsa di Twitter si è già scritto molto (un paio di cifre su tutte: 70 milioni di azioni collocate per una raccolta pari a 1,8 miliardi di dollari. Prezzo fissato per il lancio del titolo: 26 dollari, chiusura a 44,94). Si è detto e letto pure del generale clima di prudenza che si respira a Wall Street (e nella Silicon Valley), con ancora vivido il ricordo non solo della lontana bolla new economy fine anni Novanta, ma anche delle più recenti performance di Facebook, Groupon e Linkedin, le cui quotazioni dopo un esordio scoppiettante sono scese clamorosamente, e ci è voluto più di un anno per rimettersi in carreggiata. Il clima intorno al titolo e all’azienda – che è ancora in perdita di 134 milioni di dollari su un fatturato di 422 milioni – è comunque molto positivo. Gli analisti finanziari, i sociologi e i geek di ogni razza e specie concordano sul fatto che Twitter fa assai meno paura di Facebook riguardo al tema della privacy, è meno vacuo di Groupon e non così settoriale come Linkedin.

    Insomma, nonostante la tendenza “al ribasso” che caratterizza questo periodo storico, c’è un grande entusiasmo tra i commentatori che si occupano di telecomunicazioni digitali, alimentato (e spesso sovrastimato) da giornalisti e testate che, galvanizzati dall’estrema efficacia di Twitter nel campo delle news e delle opinioni, provano a estenderlo anche nel campo del commerce.
    Alcuni giorni fa, prima quindi della quotazione, Andy Kessler – ex manager di hedge fund, ora stimato autore e opinionista – spiegava sul Wall Street Journal perché l’IPO di Twitter sarebbe stato secondo lui un miglior affare rispetto a quello di Facebook. L’analisi verteva tutta su Twitter come medium di comunicazione e commerce per le aziende all’interno dell’ecosistema digitale. Secondo l’autore Twitter per sua natura – cioè con una presenza radicata nel segmento mobile (il 70 per cento di utenti vi accede da smartphone o tablet) e per brevi conversazioni – è lo strumento ideale per il cosiddetto passaparola (word-of-mouth), ovvero lo strumento di promozione che oggi funziona meglio in rete, oltre a essere la piattaforma ideale per il second screen e quindi per una vera convergenza con la tv per campagne pubblicitarie integrate. Tutto questo comporta un nuovo paradigma per gli inserzionisti, molti dei quali ancora fermi alla comunicazione di “Mad Men”, basato su persuasione e focus group, mentre oggi le parole chiave sono prossimità (alla vendita), messaggi diretti e conversazioni basate sulla trasparenza.

    Ma non tutti, così come stanno le cose oggi, la pensano in questo modo. “Dati alla mano, attualmente Twitter è ancora uno strumento minoritario, sia come numero di condivisioni di prodotti da ‘mostrare’ ai propri follower sia negli acquisti che nascono da queste condivisioni”, racconta al Foglio Gianluca Diegoli, digital strategist, autore del popolare blog MiniMarketing e del libro “Social Commerce” (Apogeo). “Nel commerce (e nell’advertising) Facebook è ancora oggi più efficace di Twitter per due ordini di motivi: le persone hanno la tendenza a condividere i propri acquisti più con la loro cerchia di conoscenze (che tipicamente risiede su Facebook) piuttosto che con la cerchia di interesse (che sta su Twitter). Inoltre la struttura stessa di Twitter, almeno come è stata fino ad ora, così poco visuale e con pochi caratteri, limita la possibilità di trasformarsi in un catalogo social di prodotti da condividere con altri”. Non è un caso che, una settimana prima della quotazione, sia stata cambiata l’interfaccia della piattaforma, concedendo maggior spazio alle immagini. Se i retweet sono più virali per opinioni, battute e news, le immagini continuano a essere lo strumento virale per i prodotti e il commerce. “Oggi nei siti di ecommerce Twitter è più usato come strumento di customer care piuttosto che come mezzo per sviluppare una propria linea editoriale legata al coinvolgimento e al commerce – conclude Diegoli – Quindi viene impiegato non in maniera proattiva, ma reattiva, contattando il cliente quando ha bisogno”.

    Infine è da dire che gli utenti attivi su Twitter oggi sono “solo” 237 milioni, con un profilo culturale e socio-economico più alto della media di chi “abita” prevalentemente su Facebook. Siamo ancora agli inizi.