“Questa manovra non esiste”. Il guru di Renzi asfalta la Stabilità di Letta

Claudio Cerasa

“Che ne penso di questa Legge di stabilità? Se mi concede una battuta, dico che è così stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse”. Yoram Gutgeld, deputato del Pd, guru economico renziano, sorride con un po’ di malizia di fronte alla domanda del cronista e senza cincischiare confessa che la manovra da 11,6 miliardi varata martedì sera dal governo non lo convince. “Le intenzioni sono ottime – dice al Foglio – i titoli buoni, i numeri meno e le riforme forti non ci sono. Su troppi punti si è scelto di girare intorno al problema senza mostrare gli artigli e il governo non ha avuto il coraggio di proporre molti di quei provvedimenti choc che servono al paese”.

    “Che ne penso di questa Legge di stabilità? Se mi concede una battuta, dico che è così stabile, soffice ed equilibrata che praticamente è come se non fosse mai stata fatta, come se non esistesse”. Yoram Gutgeld, deputato del Pd, guru economico renziano, sorride con un po’ di malizia di fronte alla domanda del cronista e senza cincischiare confessa che la manovra da 11,6 miliardi varata martedì sera dal governo non lo convince. “Le intenzioni sono ottime – dice al Foglio – i titoli buoni, i numeri meno e le riforme forti non ci sono. Su troppi punti si è scelto di girare intorno al problema senza mostrare gli artigli e il governo non ha avuto il coraggio di proporre molti di quei provvedimenti choc che servono al paese”. Gutgeld continua nel suo ragionamento. “Prendiamo il cuneo fiscale. Mi chiedo con quale criterio il governo pensa di dare una frustata all’economia mettendo sul piatto 2,5 miliardi di taglio di cuneo fiscale e 1,5 di detrazioni sulle buste paga. Prodi e Monti non sono riusciti a stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro dando rispettivamente 7 e 4 miliardi alle imprese e mi sembra ottimistico che con 2,5 miliardi si possa generare un percorso virtuoso. Sarebbe stato meglio concentrare le risorse sulle buste paga e mettere più euro nelle tasche dei lavoratori: servono cento euro al mese in più, non dieci euro all’anno. E anche sulla spesa pubblica – prosegue Gutgeld – il governo ha scelto di imboccare una strada troppo prudente. E’ vero che i 3,5 miliardi che verranno risparmiati nel triennio arrivano dal patrimonio immobiliare, che ha un valore di 350 miliardi, ma è anche vero che, rispetto a una spesa pubblica di 850 miliardi, 3,5 miliardi non è una quota che indica chissà quale coraggio”. Secondo Gutgeld la manovra sarebbe non sufficiente anche dal punto di vista delle misure previste per il contrasto all’evasione fiscale e mostra delle pecche anche rispetto al capitolo relativo alla sanità. “Mi consola che il governo non abbia tagliato la sanità, come nel passato ha fatto il centrodestra in modo scombinato, ma dire ‘non abbiamo toccato la sanità’ non può essere considerato di per sé un elemento di merito. Il messaggio che il governo avrebbe dovuto trasmettere su questo punto doveva essere diverso: da oggi in poi si cambia registro, elimineremo le spese improduttive, renderemo più competitivo il settore, butteremo fuori la politica dalle Asl e ci impegneremo per far sì che non accada più che le regioni continuino a non rispondere ai requisiti minimi di livelli assistenziali”.

    Gutgeld, naturalmente, riconosce che il governo è riuscito a non alzare le tasse e a programmare nel triennio una, seppur minima, diminuzione della pressione fiscale (0,7 per cento). Ma a guardar bene, anche qui, non è tutto oro quello che luccica. Prendete l’Imu. “Stando ai provvedimenti della manovra con l’introduzione della Service tax, che è una tassa che ha una significativa componente patrimoniale, si può dire che dal prossimo anno ritorna la tassazione patrimoniale della casa. Personalmente credo sia un successo del Pd. Ma bisogna vedere come la prenderà il Pdl appena se ne accorgerà”. Per restare ai dossier economici presenti sul tavolo del governo, Gutgeld ci offre una riflessione anche su una questione sintetizzata tre giorni fa dal Financial Times con un titolo spietato: “Letta’s faux pas”. Passi falsi di Letta legati al protezionismo applicato dal governo sulle partite di Alitalia, Telecom e Ansaldo. E anche su questi punti Gutgeld si mostra critico. “Su Alitalia è giusto cercare alternative ad Air France ma mi sembra assurdo coinvolgere le Poste, che non c’entrano con gli aerei, che non mi sembra abbiano un piano industriale competitivo e dovrebbero essere una delle aziende parastatali a essere privatizzate subito, e non utilizzate per privatizzare altre società. Su Ansaldo, anche qui, mi auguro che le quote siano lasciate a un grande player internazionale e auspico che la Cdp utilizzi in un altro modo i suoi risparmi. Quanto a Telecom sono favorevole a respingere l’offerta di Telefonica, che non mi convince. La si dovrebbe però respingere non con i trucchetti ma dicendo la verità: non ci convincete, quindi noi esercitiamo il nostro golden power. Sono tanti piccoli tasselli, certo. Nulla di particolarmente grave. Ma tanti piccoli indizi che mi portano a pensare che sull’economia il governo si muove in modo troppo equilibrato. Troppo soffice. Col rischio serio di dare l’impressione di fare le cose in modo che nessuno se ne accorga”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.