Dietro la sfida tra i due rottamatori

Claudio Cerasa

Nel grande romanzo del Pd, le dure critiche rivolte da Matteo Renzi al presidente della Repubblica sul dossier indulto-amnistia aprono un capitolo che rischia di creare una frattura pericolosa nei rapporti tra capo dello stato e sindaco di Firenze e che rischia di far aumentare la diffidenza di Napolitano rispetto al percorso imboccato dal Rottamatore per conquistare la leadership del Pd.

Leggi l'editoriale La Repubblica di Renzi - Napolitano: "Avanti con le riforme"

    Nel grande romanzo del Pd, le dure critiche rivolte da Matteo Renzi al presidente della Repubblica sul dossier indulto-amnistia aprono un capitolo che rischia di creare una frattura pericolosa nei rapporti tra capo dello stato e sindaco di Firenze e che rischia di far aumentare la diffidenza di Napolitano rispetto al percorso imboccato dal Rottamatore per conquistare la leadership del Pd. La scelta di lanciare da Bari la mozione dei “diversamente napolitaniani” – scelta che ha già avuto l’effetto di disincentivare Napolitano dal partecipare alla convention dell’Anci organizzata per il 25 ottobre a Firenze, traino per la Leopolda renziana che comincerà il giorno stesso – offre a Renzi la possibilità di contendere al Cinque stelle un appetitoso spazio elettorale e di intercettare quel sentimento di insofferenza registrato nel mondo democratico rispetto alle posizioni del presidente della Repubblica. Ma allo stesso tempo pone una questione che nelle ultime ore è stata al centro dei colloqui avuti dal sindaco con alcuni consiglieri politici. Sintesi della questione: che prezzo pagherà Renzi sfidando Napolitano? Le parole del sindaco non sono state accolte con entusiasmo al Quirinale (caldissimo in queste ore il telefono del braccio destro del presidente, Giovanni Matteoli) e nelle ultime ore molti napolitaniani iscritti alla mozione Renzi non hanno potuto fare a meno di esprimere le proprie perplessità rispetto alla decisione di duellare con Re George. Da un lato perché da sempre il nocciolo duro del renzismo osserva il capo dello stato come un faro da seguire per orientare il galeone del Pd verso una rotta riformista. Dall’altro lato perché nel mondo renziano vi è la consapevolezza che mettersi contro Nap. significa aggiungere il proprio nome alla lunga lista dei rottamati dal presidente – lista dove a vario titolo si trovano i nomi di Bersani, di Berlusconi, di Ingroia, di Rodotà, di Monti, di D’Alema e, diciamo, di Prodi – e i renziani sanno che sfidare Napolitano significa prepotentemente candidarsi a entrare nella lista nera. Ne vale la pena?

    La distanza tra Renzi e Napolitano, in realtà, non è una novità ma rientra all’interno di una storia travagliata che da tre anni segna i rapporti tra il sindaco e il presidente. Napolitano – per questioni di formazione politica, carattere e carta d’identità – osserva da sempre con distacco il percorso del Rottamatore e anche per questo in privato Renzi sostiene di essere oggetto di un pregiudizio da parte del capo dello stato. Durante il periodo successivo alla non vittoria di Bersani, in verità, i due si erano avvicinati e per alcune settimane, prima che Nap. affidasse l’incarico a Letta, le due traiettorie, entrambe distanti rispetto a quella dell’ex segretario Bersani, sono apparse quasi sovrapponibili (al punto che il 26 febbraio, dopo un viaggio di stato in Germania, Napolitano chiese a Renzi la disponibilità eventuale a guidare un governo di larghe intese). Una volta insediatosi il governo Letta, però, e dopo i ruvidi attacchi rivolti dal Rottamatore al presidente del Consiglio, Napolitano è tornato a non fidarsi del sindaco ed è per questo che – a parte un momento di distensione registrato nelle ore successive al via libera dato dal sindaco all’operazione di deberlusconizzazione del governo progettata da Letta e Alfano – nella casella dei principali destabilizzatori del governo, dopo Berlusconi e Grillo, si trova proprio Renzi. Nonostante le impressioni, l’intenzione del Rottamatore, però, almeno così raccontano i suoi collaboratori, non è indebolire il presidente della Repubblica ma è impostare un tipo di dialettica “non unidirezionale” con il capo dello stato. “Il mio Pd – è il ragionamento di Renzi – non sarà più quello dove Napolitano dice una cosa e il partito dice di sì, quasi a prescindere”. Una dialettica dove oggi Pd e presidente si possono confrontare sull’amnistia ma dove nel futuro dovranno confrontarsi su altro. Riforme. Legge elettorale. E ovviamente, un domani, anche sul tema dei temi: il ritorno alle urne. Il piano di Renzi è questo. Ma è un piano che si gioca su un filo sottile. “Perché – suggerisce al Foglio un collaboratore del sindaco – se Matteo esagera Napolitano ci mette un attimo a trasformare le larghe intese in una grande coalizione per rottamare Renzi, e non solo Berlusconi”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.