E' morto Giap, il Napoleone vietnamita che tenne in scacco Parigi e Washington

Giulia Pompili

“E’ morto il generale Vo Nguyen Giap - brillante stratega militare che una volta mi disse che fummo ‘nemici rispettabili’ #Vietnam”. Il twitt di John McCain sulla scomparsa del Napoleone rosso, il centoduenne generale vietnamita morto venerdì sera in un ospedale militare di Hanoi dove era ricoverato da quattro anni, è molto più di un gesto di diplomazia. E’ il rispetto pagato da chi, durante la guerra del Vietnam, ha vissuto cinque anni e mezzo nella prigione di Hoa Lo, dal 1967 al 1973, subendo torture quotidiane che lo portarono a un passo dal suicidio, prima di rientrare in America da celebre veterano e candidarsi per il Senato.

    “E’ morto il generale Vo Nguyen Giap - brillante stratega militare che una volta mi disse che fummo ‘nemici rispettabili’ #Vietnam”. Il twitt di John McCain sulla scomparsa del Napoleone rosso, il centoduenne generale vietnamita morto venerdì sera in un ospedale militare di Hanoi dove era ricoverato da quattro anni, è molto più di un gesto di diplomazia. E’ il rispetto pagato da chi, durante la guerra del Vietnam, ha vissuto cinque anni e mezzo nella prigione di Hoa Lo, dal 1967 al 1973, subendo torture quotidiane che lo portarono a un passo dal suicidio, prima di rientrare in America da celebre veterano e candidarsi per il Senato. McCain dimostra ciò che da anni era evidente: quelli che un tempo erano stati i nemici di Vo Nguyen Giap nel corso degli anni hanno rispettato la sua figura molto più dei suoi stessi compagni di lotta.

    Il generale Giap – il piccolo generale, alto poco più di un metro e cinquanta – nacque nel 1912 ad An Xa, nella provincia vietnamita di Quan Bin. Studiò Economia e Legge, e poi anche Filosofia. Nel 1931 si iscrisse al Partito comunista vietnamita e cominciò ad avvicinarsi alle letture di  Napoleone e Sun Tzu, ma anche Robespierre e Rousseau, finendo a insegnare al liceo francese di Hanoi: “Come la maggior parte dei combattenti rivoluzionari della mia generazione, ho seguito il percorso di Ho Chi Minh. Dal patriottismo siamo passati al socialismo fino al comunismo. Ricordo ancora la mia infanzia immersa nei sentimenti di amore per il nostro paese”.

    Eroe nazionale e “padre della patria”, secondo solo al presidente Ho Chi Min, Giap passerà alla storia come l’unico, da un secolo a questa parte, che sia riuscito a vincere la guerra contro gli americani. La battaglia di Dien Bien Phu del 1954, durante la guerra indocinese, condotta per quasi due mesi tra le forze Vietminh guidate da Giap e l'esercito francese, portò alla consacrazione del suo genio militare e alla prima sconfitta dell'occidente – firmata a Ginevra nel 1954. Ma ancora il Vietnam non era riunificato, e sempre a capo dell’esercito Vietminh condusse la guerra del Vietnam fino all’offensiva del Têt del 1967.

    Dopo aver preso parte al governo della Repubblica socialista del Vietnam, prima come ministro della Difesa e poi come vicepremier, negli anni Ottanta iniziò l’ostruzionismo nei suoi confronti, fino al 1982 quando fu escluso dal Politburo del Partito comunista vietnamita e si ritirò a vita privata. La sua colpa fu quella di aver criticato le politiche di Hanoi, un vizio che non smise mai. La sua ultima battaglia è del 2009, quando si scagliò contro il governo vietnamita per aver concesso alla Cina l’estrazione di bauxite negli altopiani del Vietnam centrale.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.