La quiete prima di Karlsruhe

Draghi non s'illude sulla ripresa e lascia spazio per politiche espansive

Alberto Brambilla

La Banca centrale europea non si fida di chi parla di ripresa. Ieri, il presidente Mario Draghi ha detto di non condividere “l’entusiasmo” dei governanti più o meno soddisfatti per il rallentamento della recessione registrato nella zona euro il mese scorso. Draghi pensa che i germogli siano ancora troppo verdi per celebrare un recupero e così, nella conferenza stampa successiva al Consiglio direttivo, ha preferito discutere di un possibile taglio dei tassi (fermi da maggio al minimo storico dello 0,5 per cento).

    La Banca centrale europea non si fida di chi parla di ripresa. Ieri, il presidente Mario Draghi ha detto di non condividere “l’entusiasmo” dei governanti più o meno soddisfatti per il rallentamento della recessione registrato nella zona euro il mese scorso. Draghi pensa che i germogli siano ancora troppo verdi per celebrare un recupero e così, nella conferenza stampa successiva al Consiglio direttivo, ha preferito discutere di un possibile taglio dei tassi (fermi da maggio al minimo storico dello 0,5 per cento). Per gli analisti della banca d’affari inglese Hsbc, “Draghi ha raramente perso l’occasione di rimettere sul tavolo il tema di un ulteriore allentamento” e stavolta l’ha fatto “nel tentativo di indicare che i tassi rimarranno bassi a lungo anziché preventivare una stretta”. Draghi è stato una colomba mentre i banchieri centrali d’America, Giappone e Inghilterra si muovono secondo i propri interessi anziché coordinarsi sull’uscita o sul prolungamento di politiche accomodanti, con conseguenze nefaste per i paesi emergenti (vedi articolo a pagina 3). Per gli analisti sentiti dal Foglio, l’imminente freno all’immissione di liquidità da parte della Fed, l’indebolimento dei Brics e le elezioni tedesche del 22 settembre stanno “offuscando” un appuntamento chiave in agenda: forse già a ottobre la Corte costituzionale tedesca deciderà sulla legittimità del piano “salva euro” (detto Outright monetary transactions, Omt) annunciato un anno fa. I più si aspettano dei rilievi da giuristi, non una bocciatura. Eppure l’Eurotower ha iniziato a tambureggiare. Il francese dalla Bce, Benoît Coeuré, lunedì scorso ha tenuto un discorso a Berlino che sa di arringa: il piano d’acquisto di titoli dei paesi dell’euro “non è solo a parole ma è pronto per essere usato”, “porvi dei paletti” significherebbe “indebolirlo” e “intralciare” la Bce, ha detto. A difendere Draghi ci avevano pensato a luglio cento economisti internazionali: “Preoccupati”, hanno risposto con una lettera ai reiterati “attacchi” dei colleghi, dei banchieri e dei politici tedeschi. Ora le banche d’affari inseriscono nei worst case scenario il veto della Corte di Karlsruhe: “Aggraverebbe l’instabilità politica e la debolezza economica”, dice Morgan Stanley.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.