Lo scrittore che odia il punto e virgola e Ridley Scott, roba da Oscar

Mariarosa Mancuso

La coppia Cormac McCarthy & Oprah Winfrey (nell’intervista televisiva del 2008 lei senza rispettare la lista d’attesa dei questuanti chiese udienza e lo scrittore senza puzza sotto il naso accettò) non è niente rispetto alla coppia Cormac McCarthy & Ridley Scott. Il regista di “Alien”, del “Gladiatore” e di “American Gangster” – velo pietoso sullo sgangherato sequel “Prometheus” – ha diretto “The Counselor”: il film uscirà negli Stati Uniti il 25 ottobre, senza darsi la pena di transitare per i festival di Venezia e Toronto. Nel cast, Javier Bardem (con un’altra acconciatura buffa, ormai ci ha preso gusto), Brad Pitt, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Michael Fassbender nella parte dell’avvocato al servizio dei trafficanti di droga.

    La coppia Cormac McCarthy & Oprah Winfrey (nell’intervista televisiva del 2008 lei senza rispettare la lista d’attesa dei questuanti chiese udienza e lo scrittore senza puzza sotto il naso accettò) non è niente rispetto alla coppia Cormac McCarthy & Ridley Scott. Il regista di “Alien”, del “Gladiatore” e di “American Gangster” – velo pietoso sullo sgangherato sequel “Prometheus” – ha diretto “The Counselor”: il film uscirà negli Stati Uniti il 25 ottobre, senza darsi la pena di transitare per i festival di Venezia e Toronto. Nel cast, Javier Bardem (con un’altra acconciatura buffa, ormai ci ha preso gusto), Brad Pitt, Penelope Cruz, Cameron Diaz, Michael Fassbender nella parte dell’avvocato al servizio dei trafficanti di droga.

    Un estratto del copione era sul numero di metà giugno del New Yorker, tutto dedicato alla fiction (bellissima copertina, con l’insegna al neon da bassifondi e illustrazioni che imitavano la grafica e l’iconografia del noir americano). Titolo: “Scenes of the Crime”. Scrittura e punteggiatura riconoscibili all’istante. Cormac McCarthy – lo spiegò a Oprah e non perde occasione per ricordarlo – ha i suoi saldi principi in materia. Si vanta di non aver mai usato un punto e virgola. Ammette i due punti solo se dopo arriva un elenco. Per il resto: punti e a capo, rare virgole, e niente virgolette, neppure quando la grammatica le imporrebbe. Odia tutti quei segnetti che sporcano la pagina. Se uno scrive bene non ne ha bisogno, sa come far capire chi sta parlando. I suoi modelli sono James Joyce – lo ribadisce un articolo uscito qualche giorno fa sul sito Open Culture – e MacKinlay Kantor, premio Pulitzer 1955 (dieci anni prima era entrato nel campo di concentramento di Buchenwald con le truppe americane). Non lo abbiamo mai letto per pregiudizio, quasi tutti i suoi romanzi raccontano la guerra di Secessione. Rimedieremo, guai a sprecare un suggerimento di McCarthy.

    Raro di punteggiatura – nelle descrizioni dello squallore estremo, nelle pagine più liriche, nella narrazione in prima persona – oltre che totalmente sprovvisto di virgolette come “The Road”, è “Figlio di Dio”, il suo terzo romanzo uscito nel 1973. James Franco, l’attore più studioso di Hollywood, ne ha tratto un film in programma alla Mostra di Venezia. Si capisce che studia, nel senso dell’università, perché prima di Cormac McCarthy ha adattato per il cinema William Faulkner, altro campione del romanzo novecentesco (e altro punteggiatore risparmioso: cambiava idea solo quando si rileggeva e trovava i primi tre narratori di “L’urlo e il furore” piuttosto incomprensibili: affidò quindi l’ultimo capitolo alla vecchia Dilsey, la mamie di famiglia).

    “Mentre morivo” di James Franco non è gran cosa. Lo split screen – roba da commedie romantiche, quando lui e lei parlano al telefono dai rispettivi lettucci – non rende giustizia ai monologhi della famiglia Bundren, devastata dalla morte di mamma Addie (chi più chi meno: un congiunto ha in mente la dentiera nuova, anche quando l’inondazione sta per portarsi via il carro funebre). “Figlio di Dio” è la storia white trash di Lester Ballard, necrofilo e stupratore nel Tennessee degli anni Sessanta. Così white trash che arrostisce le fettine di patata sul lume a petrolio del tugurio. Finirà in una caverna, tra giganteschi animali di pezza vinti alle fiere e cadaveri in decomposizione. Ma resta un figlio del Signore come tutti noi. Se va avanti così, Cormac McCarthy – ottant’anni lo scorso luglio, ignoto ai giurati del Nobel – ha buone probabilità di salire sul palco degli Oscar.