Perché Facebook prova a uscire dalla sua mini crisi puntando forte sulla tv

Michele Boroni

Mentre noi continuiamo a pensare, e a scrivere e ad entusiasmarci, sul fatto che la rete abbia cambiato completamente il paradigma della comunicazione, rendendolo sempre più bilaterale, partecipato e condiviso, ci accorgiamo leggendo le ultime news della Silicon Valley che in realtà il modello più redditizio continua a essere quello che consideravamo vecchio e stantio, cioè lo spot pubblicitario. Stiamo parlando di Facebook, la piattaforma di social network che magari è un po' passata di moda – i commentatori e i media preferiscono ora fare sempre riferimento al più agile e cool Twitter – ma mai come in questo periodo sta vivendo un periodo economicamente florido ed è così influente nella vita delle persone.

    Mentre noi continuiamo a pensare, e a scrivere e ad entusiasmarci, sul fatto che la rete abbia cambiato completamente il paradigma della comunicazione, rendendolo sempre più bilaterale, partecipato e condiviso, ci accorgiamo leggendo le ultime news della Silicon Valley che in realtà il modello più redditizio continua a essere quello che consideravamo vecchio e stantio, cioè lo spot pubblicitario.
    Stiamo parlando di Facebook, la piattaforma di social network che magari è un po' passata di moda – i commentatori e i media preferiscono ora fare sempre riferimento al più agile e cool Twitter – ma mai come in questo periodo sta vivendo un periodo economicamente florido ed è così influente nella vita delle persone.

    Gi ultimi dati rivelati dalla stessa Facebook a Bloomberg parlano di un totale di 1,5 miliardi di utenti nel mondo, di cui 1,15 attivi su base mensile (va ricordato che la locandina del film “The Social Network” di David Fincher recitava “Non arrivi a 500 milioni di amici senza farti qualche nemico”. Era il 2010). Ma il dato che ha fatto impazzire i tipi di Menlo Park è quello relativo a una ricerca fatta tra gli utenti americani secondo cui tra gli 88 e i 100 milioni di americani preferiscono trascorrere il proprio tempo libero in corrispondenza alla fascia oraria del prime time (21-23) sul proprio profilo Facebook piuttosto che davanti al piccolo schermo.
    Da qui al confronto diretto con i network tv il passaggio è brevissimo, soprattutto per quanto riguarda il mercato pubblicitario, perché il target di Facebook è quello più attivo e interessante per gli inserzionisti; in particolare nella fascia tra i 25 e i 34 anni il social network ha una penetrazione pari a quella dei quattro principali network tv.

    Questo è uno dei motivi per cui la stessa Facebook ha deciso dal prossimo autunno di affiancare ai post e ai link sponsorizzati che già compaiono nelle bacheche degli iscritti al social network, anche uno spazio per gli spot di 15 secondi a un costo che, sempre secondo le indiscrezioni di Bloomberg (ma non smentite dalla società di Mark Zuckerberg), si aggirerebbe tra 1 e 2,5 milioni di dollari al giorno. La differenza di tariffa si basa sull’ampiezza dell’audience da colpire, da segmentare sulla base del sesso e della fascia d’età, di modo tale che ciascun utente selezionato possa vedere lo spot non più di tre volte al giorno.
    Si sta quindi venendo a creare una sorta di ribaltamento dei ruoli: da una parte la tv che sta cambiando forma con più punti di accesso e occasioni di fruizione, apre nuove abitudini e standard di frequentazione, dall’interattività alla personalizzazione e condivisione e di conseguenza cerca di andare oltre la classica pubblicità tabellare, dall’altra una piattaforma sociale e innovativa come Facebook che si affida al vecchio caro spot per fare cassa.

    Peraltro il social network fondato da Mark Zuckerberg ha decisamente superato il periodo negativo successivo all’entrata in borsa avvenuto poco più di un anno fa: dopo il calo del valore delle azioni di circa il 35 per cento del prezzo d’ingresso, il valore del titolo si è ristabilito a quello di emissione (intorno ai 37 dollari) mentre i dati relativi al secondo trimestre 2013 parlano di ricavi per 1,8 miliardi di dollari, in crescita del 53 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, ad opera principalmente delle entrate pubblicitarie.
    La sfida contro le tv è aperta.