Per chi squilla il telefono? / 2

Perché lo “scorporo” della rete è un affare da monopolisti

Alberto Brambilla

Il lungo (e lento) processo che dovrà portare alla modernizzazione della rete telefonica italiana, un passaggio dalle fibre di rame alla fibra ottica, dove corrono veloci le comunicazioni telematiche, dovrà essere un’operazione di sistema. L’ha fatto intendere ieri il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, intervenuto al convegno “Il futuro della Rete. La grande sfida delle telecomunicazioni”, organizzato a Roma dalla Fondazione Italia protagonista dell’ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, senatore del Pdl.

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    Il lungo (e lento) processo che dovrà portare alla modernizzazione della rete telefonica italiana, un passaggio dalle fibre di rame alla fibra ottica, dove corrono veloci le comunicazioni telematiche, dovrà essere un’operazione di sistema. L’ha fatto intendere ieri il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè, intervenuto al convegno “Il futuro della Rete. La grande sfida delle telecomunicazioni”, organizzato a Roma dalla Fondazione Italia protagonista dell’ex ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, senatore del Pdl.

    Bernabè ha detto che il processo di divisione della rete telefonica è uno dei nodi che da quindici anni contribuiscono a imbrigliare la politica industriale del paese, l’ha definito un progetto “d’avanguardia” che però “non può gravare” del tutto sulle spalle di Telecom, l’ex monopolista della telefonia nazionale. Bernabè ha chiesto il sostegno “di tutti, della politica e della Autorità delle comunicazioni, nel rispetto dei propri ruoli”.

    Lo scorporo della rete comporterebbe (diceva Bloomberg) circa 13 miliardi di investimenti, ed era stato “congelato” dal cda di Telecom a metà luglio: una svolta, rispetto alle indicazioni precedenti, avvenuta in seguito alla decisione del regolatore, l’Agcom, di tagliare le tariffe d’accesso alla rete fissa per tutti gli operatori nel 2013. Secondo gli osservatori, questo era stato un segnale nitido della fine del trattamento di favore da parte di Agcom nei confronti di Telecom, tant’è che i concorrenti (Wind, Fastweb e Vodafone) avevano esultato per il livellamento dei prezzi di mercato. Ora Bernabè riapre all’iniziativa che sarà comunque sottoposta alla valutazione del consiglio dell’Agcom (che oggi concluderà l’esame preliminare del piano che Telecom aveva presentato a maggio). Bernabè chiede dunque collaborazione per un “progetto così complesso”. Dopo oltre sei anni alla guida di Telecom, mettere l’Italia alla pari con altri paesi molto più cablati è per Bernabè una sfida chiave. Non solo perché tra i lobbisti di settore circolano voci insistenti su un suo allontanamento precoce dalla indebitata compagnia (si dice prima di fine agosto; cosa che lui stesso non conferma né smentisce ma liquida con una risata nervosa a domanda diretta del Foglio), ma più che altro perché lo scorporo, secondo gli analisti, darebbe un consistente slancio alla quotazione di Telecom dal momento che la fiacca performance borsistica – il titolo è ai livelli del 1997 – è imputata principalmente al manager sia dagli azionisti (in particolare Mediobanca) sia dagli investitori.

    Al netto della questione personale e delle indiscrezioni, Telecom ha riaperto i giochi (dopo avere congelato la partita) e ha trovato rinnovato appoggio da parte della Cassa depositi e prestiti (Cdp) che dovrebbe entrare in una nuova “società della Rete” (Opac) con il 30 per cento delle quote. Secondo il presidente della Cdp, Franco Bassanini, però i caveat sarebbero almeno tre: 1) che non sia un sussidio volto a sanare i debiti di Telecom o coprire perdite, ma che serva ad accelerare gli investimenti; 2) che la redditività sia garantita; 3) che venga difesa l’equità nelle condizioni di accesso alla rete per non alterare la concorrenza. La Cdp è una società molto liquida, controllata dal Tesoro, e quindi dallo stato, e con una quota del 20 per cento riservata alle fondazioni di origine bancaria. Già attraverso Metroweb investe nella fibra ottica, in particolare in Lombardia, e ieri Bassanini ha chiesto che un “eventuale accordo venga esteso” anche a questa società controllata dalla stessa Cdp, che così non dovrebbe raddoppiare le spese. Ora, se il regolatore statale, l’Agcom, ha appena affermato la propria terzietà nei confronti dell’ex monopolista Telecom, sarà in grado di fare lo stesso con quello che in prospettiva sarà un monopolista della banda larga come la Cdp?

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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.