I cosacchi a Largo Fochetti

Redazione

Negli ultimi giorni, Repubblica si è trasformata nell’organo più combattivo e intransigente dell’opposizione kazaca. La retorica della buona causa umanitaria fa miracoli, specie se aiuta a mimetizzare la guerriglia politica interna. Prima, alle vicende della Repubblica ex sovietica, si dedicava qualche trafiletto banalmente spregiativo verso il “regime” o qualche pezzo nelle pagine economiche sul percorso di presenti e futuri oleodotti. Ma il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva ha cambiato tutto, manca solo Nadia Urbinati sul corpo delle donne.

    Negli ultimi giorni, Repubblica si è trasformata nell’organo più combattivo e intransigente dell’opposizione kazaca. La retorica della buona causa umanitaria fa miracoli, specie se aiuta a mimetizzare la guerriglia politica interna. Prima, alle vicende della Repubblica ex sovietica, si dedicava qualche trafiletto banalmente spregiativo verso il “regime” o qualche pezzo nelle pagine economiche sul percorso di presenti e futuri oleodotti. Ma il caso dell’espulsione di Alma Shalabayeva ha cambiato tutto, manca solo Nadia Urbinati sul corpo delle donne. Ora il paese dei cosacchi, in cui un capo tribù ha continuato senza soluzione di continuità a esercitare il potere – prima col nome di funzionario zarista, poi come segretario del partito durante il periodo sovietico e infine come presidente della Repubblica nella recente fase di “democrazia” – pare sia diventato il problema principale della diplomazia  mondiale. Naturalmente è ragionevole parteggiare per chi contesta un regime personale che si spiega, ma non si giustifica, con la storia della perpetua metamorfosi dell’autoritarismo eurasiatico. E da questa generica comprensione per le ragioni dell’opposizione kazaca – che è l’atteggiamento medio dell’occidente in materia, accompagnato da ben più solide trattative per la distribuzione dei prodotti energetici – non si è discostato neppure il governo italiano. Ma questo, secondo il quotidiano di Ezio Mauro, è un fatto di gravità intollerabile. Il governo italiano nel suo complesso, e il ministro dell’Interno in particolare, visto che il Kazakistan è improvvisamente assurto a centro del mondo, avrebbero dovuto concentrare tutta la loro attenzione su questo dossier, vigilare su persone di cui non è ancora del tutto chiaro lo status della loro permanenza in Italia. Per non parlare del più autorevole Financial Times, che fa scandalo a buon mercato mentre David Cameron è ad Astana, col “tiranno”, così come Barroso lo ha appena ricevuto in quanto presidente della commissione Ue.

    Che qualche eccesso (o mancanza) di zelo da parte delle persone preposte al caso ci sia stato, pare difficilmente contestabile. Ma l’impegno per il conseguimento della piena democrazia in Kazakistan che Repubblica ha sposato negli ultimi giorni è decisamente troppo smaccato per essere credibile. Fa parte di una navigazione a molto più breve cabotaggio, che ha per obiettivo l’assedio dell’odiato governo delle larghe intese, soprattutto nella sua parte rappresentata ai massimi livelli dal vicepremier e capo del Viminale, Angelino Alfano. Il Corriere della Sera, che pur non è stato tenero in questi giorni né con il ministero dell’Interno né con quello degli Esteri, ha mostrato di saper distinguere tra le giuste critiche su una faccenda pasticciata e la tenuta di un governo. Repubblica sta facendo il contrario, arrivando a chiedere le dimissioni di Alfano prima ancora che i fatti siano acclarati. Un po’ troppo, anche per i cosacchi perennemente accampati a Largo Fochetti.