Così la Francia combatterà la “transfobia” a colpi di delazioni

Giulio Meotti

“Projet de loi pour l’égalité entre les femmes et les hommes”. Si chiama così, progetto di legge per l’uguaglianza fra uomini e donne, l’ambizione di Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle donne del governo socialista di François Hollande e portavoce del governo. Il disegno di legge che “mira a combattere le ineguaglianze di genere nella sfera privata, professionale e pubblica” ha tra le tante disposizioni previste ce n’è una che sta facendo discutere. Le autorità francesi obbligheranno i provider di Internet “a denunciare tutto ciò che su Internet ha un contenuto sessista o omofobo”. Si tratta dell’articolo 17 del progetto di legge, già ribattezzato “delazione per tutti”.

    “Projet de loi pour l’égalité entre les femmes et les hommes”. Si chiama così, progetto di legge per l’uguaglianza fra uomini e donne, l’ambizione di Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle donne del governo socialista di François Hollande e portavoce del governo. Il disegno di legge che “mira a combattere le ineguaglianze di genere nella sfera privata, professionale e pubblica” ha tra le tante disposizioni previste ce n’è una che sta facendo discutere. Le autorità francesi obbligheranno i provider di Internet “a denunciare tutto ciò che su Internet ha un contenuto sessista o omofobo”. Si tratta dell’articolo 17 del progetto di legge, già ribattezzato “delazione per tutti”. Se la legge Belkacem dovesse passare, i provider del Web dovranno bandire “espressioni che inneggino a crimini contro l’umanità o incitino all’odio”. Ricevuta una segnalazione, il provider “dovrà obbligatoriamente informare in modo tempestivo le autorità pubbliche competenti degli atti illeciti segnalati”. Se non lo faranno, i provider saranno ritenuti responsabili penalmente.

    Quanto a che cosa significhi “incitamento all’odio”, la ministra Vallaud-Belkacem ha inserito le “espressioni sessiste, omofobe e discriminatorie”. Gli oppositori del matrimonio omosessuale ritengono che l’interpretazione corrente del termine “omofobia” comprenderà le più svariate opinioni che si oppongono alla legge Taubira sul matrimonio per tutti. Anche il ministro dell’Educazione, Vincent Peillon, si muove per portare la “lotta contro l’omofobia” fra i banchi di scuola. “L’omofobia è diventata un reato e la Scuola della Repubblica deve insegnare a vivere insieme, combattendo la discriminazione contro tutti Lgtb (lesbiche gay bisex e Trans, ndr)”, scrive Michel Teychenné, l’autore del rapporto sull’educazione arrivato a Peillon e che sarà usato per la riforma della scuola, dove è allo studio anche un’ora di “morale laica”.  Fra gli strumenti a disposizione degli insegnanti, si raccomanda “la creazione di un sito web” e un “kit di consapevolezza”, con opuscoli e poster per il personale. Il rapporto raccomanda l’istituzione di una “squadra sentinella” nelle scuole, composta da un insegnante volontario che monitori il “livello di omofobia” nelle scuole. Il ministro Peillon ha dichiarato che si concentrerà sull’“educazione sessuale, la vita affettiva, la costruzione dell’identità e la sofferenza a causa della discriminazione”. Fra le intolleranze che non saranno accettate anche la “transfobia”.  Il ministro Vallaud-Belkacem ha anche detto che “oggi i libri di testo insistono a non menzionare che certe figure storiche o autori erano Lgbt anche quando questo fatto spiega in larga parte il loro lavoro, come per il poeta Arthur Rimbaud”. Per questo, prosegue il ministro, “scrivere sui libri di testo l’inclinazione sessuale di ogni personalità di rilievo sarebbe utile per le coppie gay con figli, per far vedere che la loro esistenza è in realtà ordinaria”.

    In questo clima ideologico arroventato, prosegue la protesta dei “veilleurs debout”, gli oppositori alle nozze gay, che manifestano stando in piedi, immobili e silenziosi, in Place Vendôme, sede del ministero della Giustizia, o davanti all’Eliseo. Inizialmente l’obiettivo dei “veilleurs” era sostenere e denunciare l“ingiustizia” inflitta a Nicolas Buss, il giovane militante anti nozze gay condannato a due mesi di prigione per aver dato una falsa identità agli agenti che lo avevano fermato. Il processo in appello ha portato a una revisione della sentenza e alla sua scarcerazione immediata, anche se dovrà pagare una multa di tremila euro. I “veilleurs debout” riassumono la loro azione in una frase del filosofo e scrittore francese Albert Camus: “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.