Un Grillo spompato vede Napolitano, chiede la luna e si rianima un po'

Marianna Rizzini

E’ il giorno del trambusto parlamentare sul caso Mediaset, con fermo dei lavori, protesta a cinque stelle, giacche tolte in Senato e sit-in fuori da Montecitorio. Ma è anche il giorno dell’incontro “piacevole”, come dice Beppe Grillo, tra il comico-tribuno e il presidente Giorgio Napolitano (“la preoccupazione è condivisa”, dice Grillo raccontando di aver chiesto al presidente di “fare qualcosa”, se necessario “sciogliere le Camere e tornare alle urne”, andando in tv “a spiegare la vera situazione”). Non si sa che cosa abbia risposto esattamente Napolitano a Grillo e a Gianroberto Casaleggio, presente in qualità di cofondatore del M5s e immortalato nella foto ricordo (“gliel’ho voluto presentare”, dice Grillo; “ecco il famoso guru”, ha detto scherzando Napolitano, raccontano i presenti all’incontro).

    E’ il giorno del trambusto parlamentare sul caso Mediaset, con fermo dei lavori, protesta a cinque stelle, giacche tolte in Senato e sit-in fuori da Montecitorio. Ma è anche il giorno dell’incontro “piacevole”, come dice Beppe Grillo, tra il comico-tribuno e il presidente Giorgio Napolitano (“la preoccupazione è condivisa”, dice Grillo raccontando di aver chiesto al presidente di “fare qualcosa”, se necessario “sciogliere le Camere e tornare alle urne”, andando in tv “a spiegare la vera situazione”). Non si sa che cosa abbia risposto esattamente Napolitano a Grillo e a Gianroberto Casaleggio, presente in qualità di cofondatore del M5s e immortalato nella foto ricordo (“gliel’ho voluto presentare”, dice Grillo; “ecco il famoso guru”, ha detto scherzando Napolitano, raccontano i presenti all’incontro). Visto da Grillo, Napolitano capisce abbastanza di tecnologia da trafficare al computer, ma in un panorama di desolazione telematica, emblema dell’Italia “tutta da rifare” (“ci ha ricevuti in una sala dove mancava persino il segnale telefonico”, dice). Visto da Grillo, Napolitano dice “non potevo fare altro” a proposito del suo secondo mandato. Cosa abbia visto e pensato Casaleggio è un mistero (il guru si dilegua, e Grillo dice: è schivo).

    Soprattutto, è il giorno in cui l’ex comico cambia segno ai simboli: prima la Kia bianca (forse a noleggio) invece del macchinone scuro del primo incontro al Quirinale (la decrescita felice che si fa automobile?), poi quel gesto all’inizio della conferenza stampa, il sovvertimento del copione, con Grillo che entra dall’ingresso secondario, si siede svuotato (e scocciato) e si mette a leggere. Legge laddove prima recitava a braccio, legge le cose “dette al presidente”, un lungo elenco scritto di catastrofi imminenti, le stesse che in campagna elettorale evocava con tutto il corpo, sporgendosi dal palco e prospettando la rovina come prodromo della rivoluzione: l’Italia che si blocca, l’Italia al default (“vi ricordate il film “La storia infinita”, con “il nulla che divora la realtà?”), la gente che s’ammazza o vuole prendere il fucile e lui, Grillo, che si arrabbia di rabbia “buona” ma argina quella altrui (“penso ci siano ancora altri “metodi”, dice). Sarebbe già l’apocalisse se non fossero arrivati i suoi a “dare il buon esempio non seguiti dagli altri”, dice quando smette di leggere, prospettando sfacelo anche ai partiti “già costretti a sparire” e ai giornalisti che non hanno “ancora capito” chi siano i Cinque stelle. Quando ricomincia a essere attore si infiamma (“mi commuovo quando penso alle persone incontrate in piazza, ho assorbito milioni di ansie”), e a quel punto parte la commedia degli equivoci: “se il Parlamento è così dobbiamo uscire”, dice, e tutti capiscono “uscire” in senso politico. Ma lui voleva dire “portare il Parlamento in strada”, tra i cumuli di spazzatura e magari “davanti all’Inps”. Svicola sul “che farete se il Pdl si sfila?” (ma i suoi dicono: ha risposto) e poi esce, lodando “il guerriero” Marco Pannella e promettendo la firma ai referendum radicali prima di sparire in un’ascensore da cui uscirà vestito da “boscaiolo del Wyoming” (Grillo dixit). Fuori, nel cortile silenzioso, si parlano e non s’intendono una cronista napoletana e una senatrice a cinque stelle, a suon di “vabbuò” e di “vabbè”, ma solo fino alla fine della sigaretta.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.