Le regole delle due nuove società di Murdoch

Federico Sarica

L’uomo è divisivo, per usare un aggettivo bruttino tornato in uso nelle cronache politiche, ma un dato oggettivo nessuno, neanche il più acerrimo nemico, osa metterlo in discussione: la sua passione sconfinata per i media e il suo sesto senso in materia. L’ultimo graditissimo regalo, l’ennesimo, agli amatissimi giornali – propri e altrui – e ai relativi sempre meno frizzanti titolisti e retroscenisti, Rupert Murdoch l’ha donato facendo magistralmente coincidere pubblicamente il compimento di una doppia storica separazione: il divorzio improvviso dalla terza moglie e il varo dello split del colosso di famiglia News Corp. in due tronconi separati e indipendenti fra di loro, la nuova News Corp. e la 21st Century Fox.

Peduzzi Ricomincio da capo

    L’uomo è divisivo, per usare un aggettivo bruttino tornato in uso nelle cronache politiche, ma un dato oggettivo nessuno, neanche il più acerrimo nemico, osa metterlo in discussione: la sua passione sconfinata per i media e il suo sesto senso in materia. L’ultimo graditissimo regalo, l’ennesimo, agli amatissimi giornali – propri e altrui – e ai relativi sempre meno frizzanti titolisti e retroscenisti, Rupert Murdoch l’ha donato facendo magistralmente coincidere pubblicamente il compimento di una doppia storica separazione: il divorzio improvviso dalla terza moglie e il varo dello split del colosso di famiglia News Corp. in due tronconi separati e indipendenti fra di loro, la nuova News Corp. e la 21st Century Fox. Fra le due – e i dubbi al riguardo sono pochi, scorrendo la storia del magnate australiano – la notizia che conta davvero per l’interessato è la seconda. Quella che ha appunto come oggetto una divisione industriale largamente anticipata – se ne parla da circa un anno, con annunci fatti filtrare con certosina regolarità che non fanno che confermare il pluricitato gusto dell’australiano per la notizia – ma che diventerà formalmente operativa soltanto da domani, il 28 giugno 2013. Dalla mezzanotte tutti gli asset della News Corp., il colosso ereditato in Australia sessantuno anni fa e spostato, fiscalmente oltre che fisicamente, dallo stesso Murdoch a New York nel 2004, saranno suddivisi fra le due nuove società che ne prenderanno il posto.

    Fin dal primo annuncio dell’operazione nel 2012, le ragioni di questo split sono state fatte risalire dagli analisti ai malumori crescenti fra gli azionisti per il trattamento di riguardo riservato dal capo alla parte in costante perdita del conglomerato, i giornali di carta; l’amore di una vita per i più romantici, il freno allo sviluppo della parte economicamente sana di News Corp., il cinema e la tv per semplificare, per i più pragmatici. L’espediente narrativo è perfetto, la storiella bella che scritta, col vecchio tycoon cui viene fatto dire: cari soci, vi creano problemi i vecchi cari giornaloni, il mio amore e la vostra palla al piede? Benissimo, separiamo i due business – il cinema, la tv e l’intrattenimento da una parte, il vecchio ramo editoriale dall’altra – e vediamo se sarà come dite voi, che uno ne gioverà e l’altro si eclisserà definitivamente, o come dico io, che c’è ancora spazio per entrambi. Fuor di favoletta – che è comunque molto bella e che contiene più che un fondo di verità, “il mio impero è sempre stato sottovalutato dagli scettici” ha dichiarato Murdoch l’anno scorso – in realtà News Corp. non ha fatto altro che andare nella direzione in cui hanno iniziato a muoversi recentemente tutti i conglomerati industriali della stessa natura. Un esempio? Time Warner, che ha separato il comparto sofferente dei periodici da quello redditizio della tv via cavo (di cui fa parte la gallina dalle uova d’oro Hbo, quella di serie cult come i “Sopranos” e “Girls”), parcheggiando le proprie storiche riviste nella nuova Time Inc. Questa voglia di separare, scomporre e spacchettare non è solo il vezzo improvviso di un manipolo di cinici capitani d’industria ma ha delle ragioni storiche ed economiche ben esposte dall’Economist della settimana scorsa: investitori e analisti, numeri alla mano, si son resi conto che la politica dei grossi agglomerati, delle parental company, dei matrimoni fra imprese editoriali che ha contraddistinto almeno tutti e due i decenni precedenti, non stava dando economicamente i risultati sperati, anzi, per molti azionisti ha significato il più classico dei bagni di sangue.

    Per restare a News Corp. e Time Warner, basti pensare ai rispettivi costosissimi matrimoni con Dow Jones, comprata da Murdoch nel 2007 per il doppio del suo valore sul mercato di allora, e con Aol. Il solo annunciare i suddetti spacchettamenti ha significato una notevole impennata nel valore delle azioni di entrambi i gruppi in questi ultimi giorni. E’ venuta meno la fiducia nelle sinergie, parola magica fino a qualche tempo prima, e ci si è iniziato a rendere conto che la vicinanza fra soggetti diversi non faceva che aumentare le rispettive debolezze e, sostengono alcuni, addirittura a distrarre i rispettivi management dal proprio core business.
    A proposito, sempre l’Economist, racconta l’aneddoto secondo cui Dan Loeb, manager di un hedge fund e azionista in crescita dentro Sony, stia chiedendo insistentemente all’azienda di scorporare il business musicale e quello cinematografico da quello della manifattura elettronica, perché “un conto è fare ‘Skyfall’, un’altra costruire televisori”.
    E’ dentro quest’ottica che vanno lette le mosse di News Corp., non solo uno scorporo della bad company da quella sana, ma una rifocalizzazione sui singoli brand e le relative prospettive di crescita.
    La società che avrà il compito di concentrarsi sul business televisivo, cinematografico e dell’intrattenimento sarà quindi la 21st Century Fox. Ne faranno parte: la 20th Century Fox (da cui proviene il nome della neonata, da leggere in scia con un certo romanticismo del capo, attaccatissimo alle origini dell’azienda), gli studi cinematografici che portano lo stesso nome, le tv satellitari Sky Italia e BSkyB (di cui Murdoch detiene il 39 per cento), e i super redditivi network via cavo, con Fox Sports in testa. Una ricerca Bernstein pubblicata dal Financial Times stima i ricavi del 2013 della 21st Century Fox in circa 27,9 miliardi di dollari. Un’azienda sana, decisamente in crescita, cui azionisti e investitori guardano con grande fiducia e ritrovata serenità.

    Diversa la situazione per la sorella povera, la nuova News Corp., quella dei giornali e dei libri. La stessa ricerca del Financial Times già citata stima qui i ricavi 2013 in circa 9.1 miliardi di dollari, circa un terzo della 21st Century Fox. Qui sono due gli stratagemmi già attuati da Murdoch per vincere il comprensibile scetticismo degli azionisti. Entrambi fatti passare come dettagli, ma che dettagli, se ben guardati non sono. Il primo è la decisione di lasciare la parte australiana di Fox Sports in seno a News Corp.; un business non enorme ma con grosse potenzialità, che nelle intenzioni del magnate australiano e del relativo cerchio magico, potrebbe servire da stampella nei prevedibili momenti di difficoltà. Il secondo, ingoiato dai soci di Murdoch non senza storture di naso, la decisione di lasciare 2,6 miliardi cash e l’azzeramento di tutti i debiti all’amata News Corp., regalandole la chance dorata di ripartire da zero. Alla guida di entrambe resta formalmente lo stesso Rupert Murdoch, rispettivamente nel ruolo di Chairman e Chief Executive della 21st Century Fox ed Executive Chairman della nuova News Corp. Ma gli uomini forti ai quali in realtà ha deciso di delegare l’operatività di entrambe le imprese rispondono rispettivamente ai nomi di Chase Carey e Robert Thomson, due figure di garanzia, non nuovi ai più avvezzi alle vicende del tycoon australiano.

    Carey è stato un pezzo grosso di Fox fin dalla fine degli anni Ottanta e, giusto per comprendere il grado di fiducia che Murdoch depone in lui, nel 2011 venne indicato dal capo come suo successore a discapito del figlio, James Murdoch. Robert Thomson (che sarà “consigliato” dal direttore del Sun, Dominic Mohan) è il più classico degli uomini di giornali – già direttore del Times e caporedattore del Wall Street Journal – e per di più è australiano. E la famiglia, croce e delizia dello Squalo? Qui i segnali sono apparentemente contraddittori. Il già citato James, mai ripresosi dalle batoste degli scandali del 2011, compare in entrambi i board, ma con ruoli di immediato secondo piano, rispettivamente vice di Carey in una e semplice manager non esecutivo nell’altra, ruolo dato all’altro figlio Lachlan in entrambe le società. Abbandono? Neanche per sogno. Entrambe le aziende erediteranno dalla società madre una regola ferrea, la cosiddetta “poison pill”: nessun socio, che non sia la famiglia, potrà detenere più del 15 per cento delle azioni. Messaggio chiaro: le società sono due, ma il nome resta uno, Murdoch, e il futuro è dalla nostra parte. Con buona pace degli scettici e delle terze mogli.

    Peduzzi Ricomincio da capo