L'ineleggibile

Marianna Rizzini

Sul piano politico aleggia come arma contundente (non importa se reale), sul piano giuridico resta sospesa nel campo delle probabilità non così probabili: la questione dell’ineleggibilità del Cav.-senatore Silvio Berlusconi, brandita dal Movimento cinque stelle come soluzione finale contro il leader del centrodestra (anche ieri il professor Paolo Becchi ne parlava sul blog di Beppe Grillo), viene accarezzata dagli intellò e dai politici firmatari di appelli su MicroMega, da un redivivo Antonio Di Pietro (ieri, su Twitter) e da quella parte del Pd che, con il capogruppo al Senato Luigi Zanda, pensa che Berlusconi “secondo la legge”, in quanto “concessionario”, non sia eleggibile e che sia “ridicolo” che “l’ineleggibilità colpisca Confalonieri e non lui”.

    Sul piano politico aleggia come arma contundente (non importa se reale), sul piano giuridico resta sospesa nel campo delle probabilità non così probabili: la questione dell’ineleggibilità del Cav.-senatore Silvio Berlusconi, brandita dal Movimento cinque stelle come soluzione finale contro il leader del centrodestra (anche ieri il professor Paolo Becchi ne parlava sul blog di Beppe Grillo), viene accarezzata dagli intellò e dai politici firmatari di appelli su MicroMega, da un redivivo Antonio Di Pietro (ieri, su Twitter) e da quella parte del Pd che, con il capogruppo al Senato Luigi Zanda, pensa che Berlusconi “secondo la legge”, in quanto “concessionario”, non sia eleggibile e che sia “ridicolo” che “l’ineleggibilità colpisca Confalonieri e non lui”. La legge in questione è la 361 del 1957 che, all’articolo 10, prevede l’ineleggibilità dei soggetti che “in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o imprese private risultano vincolati con lo stato… per concessioni o autorizzazioni di notevole entità economica…”. Tutti guardano alla giunta delle elezioni del Senato, oggi alla sua prima riunione – riunione in cui si eleggerà un presidente, dei vicepresidenti, dei segretari e stop (per la presidenza è favorita la Lega). Ma poi? Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex senatore del Pd, sottolinea due “anomalie”: “Secondo l’articolo 66 della Costituzione”, dice, “sono le stesse Camere a decidere chi, tra i propri membri, siede legalmente tra quelle mura. Questo determina il pericolo che una maggioranza momentanea possa colpire una minoranza. Nel rapporto dei saggi di Napolitano, infatti, si proponeva di attribuire la competenza in materia a un giudice indipendente. Poi c’è la legge del ’57. Non è un caso che Berlusconi sia stato più volte dichiarato eleggibile: le norme che limitano il diritto di elettorato passivo, nel dubbio, si interpretano a favore del candidato”. Sennò “si cambi la legge”, dice un senatore.

    I precedenti, dunque, vanno nella direzione “eleggibilità”. “Come chiarito sin dal 1994”, spiegano dal Pdl, “la norma riguarda il solo soggetto che, in proprio, ovvero come persona fisica, o agendo quale legale rappresentante di ente giuridico, è parte di un rapporto concessorio con lo stato. Viceversa, la norma non considera affatto la posizione dell’azionista, anche di controllo, della società concessionaria”. E però, nonostante i precedenti, la parola “ineleggibilità” scatena passioni, paure, furore. I Cinque stelle (Vito Crimi e Roberto Fico) promettono di portare la questione all’ordine del giorno quanto prima, anche se in giunta si dovrà attendere che i relatori delle varie regioni istruiscano gli eventuali ricorsi – si dovrà attendere, in questo caso, il relatore del Molise, regione per cui ha optato Berlusconi. In giunta il voto è palese (solo se si va in Aula si ricade nella prescrizione di voto segreto prevista dall’articolo 113 del regolamento del Senato per i voti “riguardanti persone”). Ma dell’argomento si parla come se si temessero imboscate  (dal Pdl, il capogruppo alla Camera Renato Brunetta parla di “inaffidabilità” dei democratici). “Questa idea dell’ineleggibilità in effetti è nell’aria”, dice un senatore del Pd, “tanto più che il capogruppo in Senato Zanda si è espresso pubblicamente, seppure a titolo personale. Però non mi sembra ci siano i presupposti tecnici”. Molti, comunque, guardano a Felice Casson, membro della giunta che, ha scritto l’Espresso, non ha opposto, come altri colleghi, un  “devo guardare le carte” davanti alla domanda “che farete?”. Ma neanche Casson, per ora, ha voluto dire di più (“per correttezza”). Gli altri sette membri pd della giunta, dicono nel partito, “si riservano di affrontare un tema così serio senza pregiudizi”. Ma siccome Sel e M5s hanno, in totale, cinque membri della giunta, non smette di accendersi la fantasia di chi crede possibile una maggioranza da “polo Rodotà”: un po’ M5s, un po’ Sel, un po’ Pd disobbediente (anche se la prospettiva del voto palese rema contro). Ieri, però, i Cinque stelle (e soprattutto Grillo) si scagliavano non tanto contro Berlusconi quanto contro il Pd che presentava una proposta di legge sui movimenti, firmata da Anna Finocchiaro e dallo stesso Luigi Zanda, prima tanto lodato dal M5s proprio per la presa di posizione sull’ineleggibilità. “Se la legge sarà approvata in Parlamento il M5s non si presenterà alle prossime elezioni”, diceva Grillo. E la compattezza del “polo Rodotà” un po’ vacillava, en attendant il riproporsi della questione “B”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.