Il virus del grillismo in “occupyPd” (e i Cinque stelle scongelati da Letta)

Marianna Rizzini

Dicono (da Torino, Bologna, Bari, Foggia, Lamezia Terme, Palermo) che “la situazione non è più sostenibile”, che “la misura è colma”, che “le scelte nazionali, regionali e provinciali non possono più cadere dall’alto” e che “la piramide va rovesciata, partendo dalla base”. Vanno in tv per dire: “Ci riprendiamo il partito”. Innalzano stendardi “contro le oligarchie”, stilano “patti della Pallacorda” in omaggio alla Rivoluzione francese, si mobilitano contro “l’inciucio”, parola ormai diventata il collante universale dell’indignazione giacobina (slogan: “Il cambiamento non si fa con Berlusconi”). Vogliono “il congresso del Pd prima dell’accordo Pd-Pdl” e chiedono ai loro deputati e senatori “perché ci dicevate ‘mai il governissimo’ e ora lo fate?”.

    Dicono (da Torino, Bologna, Bari, Foggia, Lamezia Terme, Palermo) che “la situazione non è più sostenibile”, che “la misura è colma”, che “le scelte nazionali, regionali e provinciali non possono più cadere dall’alto” e che “la piramide va rovesciata, partendo dalla base”. Vanno in tv per dire: “Ci riprendiamo il partito”. Innalzano stendardi “contro le oligarchie”, stilano “patti della Pallacorda” in omaggio alla Rivoluzione francese, si mobilitano contro “l’inciucio”, parola ormai diventata il collante universale dell’indignazione giacobina (slogan: “Il cambiamento non si fa con Berlusconi”). Vogliono “il congresso del Pd prima dell’accordo Pd-Pdl” e chiedono ai loro deputati e senatori “perché ci dicevate ‘mai il governissimo’ e ora lo fate?”. Sono i Giovani democratici che, al grido di “occupyPd” o “resetPd”, stazionano giorno e notte nelle sedi del partito o in piazza, come ieri a Torino e l’altroieri a Bologna, per dire “no” ai “nomi che circolano per i ministri” e “ricordare a Enrico Letta che il governo non deve nascere a tutti i costi” (corollario lanciato dagli attivisti sul Web: “Mollate il Pdl e fate il governo con il Movimento 5 stelle”).

    Non vogliono dirsi “grillini del Pd”, gli “occupyPd” che ora vorrebbero andare davanti al Parlamento per ribadire il loro “non a tutti i costi”, sull’onda dello sgomento per i franchi tiratori antiprodiani che hanno aperto la strada al (per loro) inimmaginabile governo di larghe intese. E però, nel lessico e nelle forme (assemblearismo come panacea), nell’adesione epidermica al moralismo intransigente del “noi buoni, voi cattivi” (dove il “cattivo” stavolta è il partito stesso in cui militano), offrono tributi in parte inconsapevoli non solo al virus del grillismo che sale da Facebook e Twitter, ma anche alle parole d’ordine anticasta e “NoB.” che negli ultimi quindici anni, passando per i Girotondi, Antonio Di Pietro, il Popolo Viola, le pagine di Repubblica, quelle del Fatto, gli appelli di intellettuali, le “dieci domande”, i post-it gialli e infine il Movimento 5 stelle, hanno nutrito, a suon di schematismi, la cosiddetta “base” del centrosinistra. Base che alle ultime elezioni è in parte rimasta nell’area Pd, ma in parte perché il Pd dava l’impressione di seguire l’onda dello scandalismo giudiziario e dell’antiberlusconismo da barricata (lo spauracchio della “morte del paese” per crisi economica ha fatto il resto).

    Non vogliono sentir parlare di complessità della politica, gli “occupy”, cresciuti in un clima di totale delegittimazione dell’avversario. Vogliono distinguersi dagli attivisti a 5 stelle, i ragazzi del Pd che ieri a Torino lanciavano la “mobilitazione permanente” al grido di “siamo noi ad andare nei mercati: come spieghi questa linea agli elettori inferociti?”, ma è come se l’illusione della “democrazia diretta” sbandierata da Beppe Grillo, unita all’idea dell’“impresentabilità” della controparte politica (comunque votata da nove milioni di italiani), avesse già fatto troppa presa per poter prendere una direzione autonoma. Guardano a Pippo Civati, a Laura Puppato o a Michele Emiliano, gli “occupyPd”, citando gli esponenti del partito che in queste ore si sono espressi contro l’alleanza Pd-Pdl. Ma è come se rispondessero a un riflesso condizionato da “NoBday”, anche cavalcato, in passato, dalla sinistra che pensava di aver risolto tutti i problemi accodandosi alle piazze dipietriste – e si è visto com’è finita.
    Paradosso dei paradossi: ieri i capigruppo a Cinque stelle Vito Crimi e Roberta Lombardi, a colloquio con il premier incaricato Enrico Letta, sono sembrati molto più morbidi (e sconfitti) degli “occupyPd”.

    Alle consultazioni in streaming Crimi e Lombardi, con i vice Riccardo Nuti e Luis Alberto Orellana, messi alle corde dall’idea dello “scongelamento” ripetutamente buttata sul tavolo da Letta, non rispondevano picche, promettevano “tanti sì” sui “singoli provvedimenti” (anche se non sulla fiducia), andavano fuori tema e restavano infine perplessi davanti alla constatazione: “Senza i nostri voti non eleggevate neanche un questore”.   

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.