Maggie “la polonaise”. I thatcheriani d'Europa sono a Varsavia

Luigi De Biase

Nell’inverno del 1988 i cantieri Lenin di Danzica erano quanto di più grandioso si potesse chiedere all’internazionale operaia. C’erano ventimila uomini al lavoro senza riposo per costruire la flotta dell’Unione sovietica, navi d’assalto per la Bulgaria e sottomarini per la Germania orientale, c’erano gru, carrelli, ciminiere e luci accese per tutta la notte, ogni notte dell’anno: sarebbe stata una scena perfetta persino per un video dei Pink Floyd. Ma quelli erano anche tempi difficili in Polonia, la crisi aveva spinto il governo ad annunciare la chiusura dei cantieri e Solidarnosc sfidava l’esercito di fronte ai cancelli e nelle strade di Nova Huta, il quartiere in cui viveva la maggior parte degli operai.

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    Mosca. Nell’inverno del 1988 i cantieri Lenin di Danzica erano quanto di più grandioso si potesse chiedere all’internazionale operaia. C’erano ventimila uomini al lavoro senza riposo per costruire la flotta dell’Unione sovietica, navi d’assalto per la Bulgaria e sottomarini per la Germania orientale, c’erano gru, carrelli, ciminiere e luci accese per tutta la notte, ogni notte dell’anno: sarebbe stata una scena perfetta persino per un video dei Pink Floyd. Ma quelli erano anche tempi difficili in Polonia, la crisi aveva spinto il governo ad annunciare la chiusura dei cantieri e Solidarnosc sfidava l’esercito di fronte ai cancelli e nelle strade di Nova Huta, il quartiere in cui viveva la maggior parte degli operai. Gli scontri erano abbastanza regolari, già nel 1970 gli uomini della sicurezza avevano aperto il fuoco contro gli operai che protestavano per il prezzo del cibo, uccidendo 42 persone. E fu proprio nell’inverno pericoloso del 1988 che Margaret Thatcher, premier della Gran Bretagna, decise di attraversare la Polonia: un viaggio lungo cinquecento chilometri, dalle coste del Mar Baltico alle piazze di Cracovia, nelle piaghe di una nazione che procedeva in fretta verso la fine del socialismo, senza pensare troppo a quel che c’era dopo.

    Thatcher arrivò a Danzica una mattina di novembre, entrò nei cantieri Lenin assieme a Lech Walesa e nelle cronache del giorno si legge soprattutto lo stupore degli operai che salutano con le braccia alzate, con i fiori, le dita aperte in segno di vittoria e i cori di Solidarnosc. I reporter vedevano Thatcher scomparire fra gruppi di macchinisti e riemergere di nuovo fra sorrisi e applausi, insomma, tutto l’opposto rispetto alla fama di “nemica dei lavoratori” che s’era guadagnata in Gran Bretagna, con le riforme economiche, e che la accompagna ancora oggi, dopo la sua morte. Il pomeriggio seguente, in una conferenza stampa a Varsavia, Thatcher ribadì il motivo della visita di fronte al generale Jaruzelski, che era pur sempre il capo di un regime militare. “Vengo da un paese che ha conquistato da tempo libertà basilari come quella di cittadinanza, di parola e di libera associazione, di fare parte o no di una organizzazione sindacale, a seconda delle preferenze – disse allora – E questo non è certamente il caso della Polonia”. Di quei giorni Lech Walesa ricorda soprattutto il “sostegno spirituale” ricevuto da Thatcher ai cantieri Lenin, come mi ha raccontato nel 2010, durante un’intervista al Foglio, e poi più tardi alla basilica di Santa Brigida, nel centro della città, dove si era fermata per la messa e per il pranzo con gli operai.

    L’impatto di Thatcher sulla “nuova Europa” è stato enorme e ancora oggi esistono politici in qualche modo thatcheriani a Varsavia. Il migliore esponente della categoria è Radoslaw Sikorski, il ministro degli Esteri nel governo liberale di Donald Tusk. “Thatcher non era certo infallibile, per esempio ci ha consigliato più volte di restare fuori dall’Europa – ha detto lunedì, rispondendo alle domande di una giornalista – Ma aveva capito perfettamente che cosa fosse la Guerra fredda, al contrario di tanti suoi critici. Insieme siamo riusciti a sconfiggere quell’impero del male. E’ qualcosa di cui andare fieri, non crede?”.

    Sikorski potrebbe sedere tranquillamente fra i banchi dei conservatori al Parlamento di Londra, negli anni Ottanta ha lasciato la Polonia e ha finito gli studi in Inghilterra insieme con David Cameron, che oggi è il premier britannico, quindi la sua posizione nei confronti del thatcherismo è quasi naturale. Ma la figura di Margaret Thatcher ha un posto abbastanza preciso nella politica polacca, a prescindere dagli schieramenti, il che risulta sorprendente. Un mese fa il settimanale Wprost ha paragonato Tusk alla Lady di Ferro e non è stato certo per le sue idee politiche o per i modi che usa nelle trattive di governo. “Se Tusk vincerà anche le prossime elezioni, e sarebbe la sesta volta in pochi anni, diventerà un punto di riferimento nella storia del suo partito. E’ questo che succede ai politici che sono in grado di segnare la vita dei loro paesi, com’è accaduto a Margaret Thatcher”, ha scritto il magazine.
    La Lady di Ferro è stata il primo capo di un governo occidentale a mettere piede nelle officine di Danzica, e probabilmente è lì che la sua memoria è più forte. Che ne è oggi di quei cantieri? Tanto per cominciare i Pink Floyd sono arrivati sul serio, David Gilmour era fra gli ospiti d’onore nel 2006, durante l’anniversario di Solidarnosc, e ha registrato un concerto fra le gru del porto industriale. La crisi del settore era vera ed è durata a lungo, così i posti di lavoro sono scesi da ventimila a poco più di duemila nonostante i progetti dell’Ue per rilanciare la produzione. E nella chiesa di Santa Brigida molti ricordano Margaret Thatcher: forse non avrà salvato i cantieri Lenin, ma in fondo era a Danzica per una battaglia ben più importante.

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