Sardo dice perché Bersani ha i numeri per governare e convincere Napolitano

Alessandra Sardoni

“Fra tutte le ipotesi in campo quella di un governo Bersani senza maggioranza precostituita è la meno fragile, quella che può tenere unito il paese, agganciato all’Europa in una situazione di difficoltà. Lo so che in questo momento non manca chi schernisce la sua riuscita, ma secondo me è l’ipotesi più seria. Si andrà avanti”. Claudio Sardo, direttore dell’Unità nell’era Bersani, coautore con Miguel Gotor del libro intervista manifesto pubblicato all’inizio del suo mandato dal segretario del Pd, spiega al Foglio tutti i risvolti, la ratio del “tentativo Bersani”, è lui stesso a definirlo così, quasi fosse una formula.

    “Fra tutte le ipotesi in campo quella di un governo Bersani senza maggioranza precostituita è la meno fragile, quella che può tenere unito il paese, agganciato all’Europa in una situazione di difficoltà. Lo so che in questo momento non manca chi schernisce la sua riuscita, ma secondo me è l’ipotesi più seria. Si andrà avanti”. Claudio Sardo, direttore dell’Unità nell’era Bersani, coautore con Miguel Gotor del libro intervista manifesto pubblicato all’inizio del suo mandato dal segretario del Pd, spiega al Foglio tutti i risvolti, la ratio del “tentativo Bersani”, è lui stesso a definirlo così, quasi fosse una formula. “Giorgio Napolitano dovrebbe dare al segretario del Pd l’incarico pieno, mi aspetto che avvenga questo”, dice Sardo. “In qualunque altro paese democratico non ci sarebbero dubbi. Bersani è il leader della coalizione che ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. Se il capo dello stato  – che nel nostro sistema è arbitro, un potere neutro – constata che non ci sono altre maggioranze certe attribuibili ad altre personalità non possono esserci schemi alternativi al tentativo del segretario”. Poi certo, precisa Sardo, “se arrivare davanti alle Camere, se vale la pena o no saranno insieme il capo dello stato e Bersani a valutarlo”.

    Il direttore dell’Unità fonda le sue convinzioni sugli exempla  della Prima Repubblica già sfilati peraltro nell’editoriale di mercoledì scorso di Michele Prospero, la firma più “partitista” del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, apertamente favorevole al governo di minoranza: “Einaudi 1953”, “Andreotti 1976”, fino a “Scalfaro che nel ’94 diede l’incarico a Berlusconi”. L’orizzonte di un eventuale esecutivo Bersani senza maggioranze precostituite,  non sarebbero “le elezioni a breve”, ma “il governo di una fase di cambiamento politico”. Per renderlo possibile, è la tesi, “deve cambiare il rapporto con il Parlamento”. L’obiettivo è un “governo parlamentarizzato, unico filo per la legislatura, è il risultato elettorale a dircelo”. Le maggioranze variabili prevedono  la costruzione di un diverso terreno parlamentare: è questo l’obiettivo, caldeggiato dal direttore dell’Unità, della cessione della presidenza della Camera al movimento Cinque stelle o dello “schema europarlamento per le presidenze delle commissioni”, ammesso che Bersani riesca a superare le resistenze del partito. In entrambi i casi non si tratta di scambiare posti con voti di fiducia, ma di creare le condizioni per una sorta di modello siciliano.

    Sardo è convinto che il pericolo più grave sia la soluzione greca: “E’ stata prima un governo tecnico, poi un governo di centrodestra in un bunker assediato, con un’opposizione politica e sociale fortissima. Mi auguro che il Pd non accetti mai. Sarebbe un suicidio democratico”. Resta fortissimo il veto su una qualunque riedizione della vecchia maggioranza del governo Monti, di qualunque patto con Berlusconi: “Il Pdl è a tratti eversivo penso che a Grillo bisogna dire chiaramente che un governo Pd-Pdl se lo sogna e che se impedirà la nascita di un governo parlamentare l’inciucio con Berlusconi l’avrà fatto lui”.
    Sardo è critico tuttavia con la sinistra indignata (vedi Repubblica, anche se non fa il nome del quotidiano) che è insorta contro Napolitano: “Ha una forma di subalternità nei confronti della destra. La destra legge il comunicato del Quirinale come un rimprovero ai giudici ignorando la critica fortissima che il capo dello stato ha riservato loro. E la sinistra segue, interpretando le cose ragionevoli dette ai giudici come una difesa di Berlusconi”. Con molta chiarezza il direttore dell’Unità osserva che “Berlusconi non può avere sconti, ma che la via giudiziaria al socialismo è una follia”.  Sardo ritiene che  Migliavacca braccio destro di Bersani sia stato trascinato in un periodo ipotetico del terzo tipo sulla questione di una richiesta di arresto per Berlusconi non arrivata da nessuna procura. “Ci sarebbero cascati tutti, forse. Non credo volesse dare nessun segnale”. 

    Nello stesso tempo non ritiene che ci siano eccessi nel seguire Grillo da parte del Pd. L’ineleggibilità di Berlusconi in quanto titolare di concessioni pubbliche è impraticabile retroattivamente. Servono norme radicali, durissime, ma non si possono fare forzature democratiche nei confronti degli elettori.
    Equilibri che il Pd bersaniano deve sforzarsi di trovare anche nella vicenda del finanziamento pubblico dei partiti: “Sì rischiamo l’estinzione, ma dobbiamo trovare una formula che riconcili la politica con il paese. Per esempio la defiscalizzazione del 95 per cento, la proposta di Pellegrino Capaldo, una forma di finanziamento che tuttavia prevede una scelta dei cittadini”.