La parola a Napolitano

Giuliano Ferrara

Fossimo il capo dello stato prenderemmo da parte Bersani e gli diremmo. Caro Bersani, ma che cosa avete deciso di venire a dirmi, in consultazione? Che volete un incarico per formare un governo ma senza prendervi la responsabilità di proporre una maggioranza parlamentare, con un suo programma? Che chi ci sta ci sta, perché voi non volete parlare in modo specifico né con gli eletti del movimento di Grillo né con gli eletti del movimento di Silvio Berlusconi? Capisco che le elezioni hanno dato risultati difficili per una prospettiva di stabilità, di sicurezza e fiducia in sé di una chiara maggioranza. E’ così, non lo nego.

    Fossimo il capo dello stato prenderemmo da parte Bersani e gli diremmo. Caro Bersani, ma che cosa avete deciso di venire a dirmi, in consultazione? Che volete un incarico per formare un governo ma senza prendervi la responsabilità di proporre una maggioranza parlamentare, con un suo programma? Che chi ci sta ci sta, perché voi non volete parlare in modo specifico né con gli eletti del movimento di Grillo né con gli eletti del movimento di Silvio Berlusconi? Capisco che le elezioni hanno dato risultati difficili per una prospettiva di stabilità, di sicurezza e fiducia in sé di una chiara maggioranza. E’ così, non lo nego. Ma non si può fare solo della metodologia, del protocollo, senza prendersi alcuna responsabilità, restando dentro una situazione di isolamento solipsistico, quando si sia in politica e ci si trovi di fronte, dopo generosa battaglia, a un risultato in cui perdi la partita politica sostanziale ma arrivi formalmente primo e può – sottolineo può – toccarti un incarico per la costituzione del governo.

    Avete fatto un riconoscimento dignitoso e umile, ma serio. Avete detto: non abbiamo vinto sebbene siamo arrivati primi alla Camera e al Senato, e il nostro fallimento è nel non essere in grado di garantire una maggioranza in uno dei due rami del Parlamento, il Senato, considerando anche la severa ristrettezza, risicata, dell’affermazione per un soffio che comporta uno sterminato premio di maggioranza alla Camera su un fondamento fragile. Ma questo riconoscimento non può essere seguito da un lavarsene le mani. Chi ci sta ci sta. Chi vivrà vedrà. E’ un modo di ragionare che non mette al primo posto la responsabilità nazionale. O mi dite che non c’è niente da fare, che rinunciate a ogni pretesa di incarico, visto che secondo voi bisogna subito passare ad un’altra elezione politica. Oppure mi dovete dire, per cortesia, come pensate di impostare, non dico di risolvere ma almeno di impostare, il problema della governabilità dopo queste elezioni, con questi risultati. Il capo della coalizione che ha rivaleggiato con voi, Berlusconi, non ha formalizzato alcunché, ma ha detto che il paese non può non essere governato, e in relazione a questo problema le due forze maggiori devono parlarsi.

    Mi rendo conto che non è semplice. Che c’è incomunicabilità. Che il rinnovo di una maggioranza di unità e responsabilità, come è avvenuto per un anno sotto il governo Monti, magari stavolta per un programma minimo di riforma della legge elettorale, di riforme istituzionali e costituzionali, di decongestione politica ed etica della campagna ossessiva contro la casta attraverso acconce misure, mi rendo conto che tutto questo non è un percorso semplice. Ma che senso avrebbe da parte mia in queste condizioni darle l’incarico? Lei non ha messo tra l’altro il suo nome nel simbolo, visto che la vostra teoria politica e costituzionale è da sempre quella secondo cui questa è una democrazia parlamentare e non plebiscitaria, non essendo prevista l’elezione diretta del premier, e dunque capirà che, non potendo dare un incarico a vanvera, lei mi mette nelle condizioni di dover seguire altre tracce, altre strade, per tamponare le conseguenze di un voto che non offre di per sé una maggioranza di governo già pronta. Se lei non propone qualcosa, se non si impegna a ricercarla parlando con una o con entrambe le forze che possono consentirla, bisognerà trovare un’altra soluzione, e Dio solo sa se questo non renderebbe tutto più difficile.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.