Un bacio, un bacio ancora

Il Cav. melodrammatico, paternalista, buono e giocoso con tutti

Giuliano Ferrara

Alla fine di tutto lo ha baciato d’istinto, il Floris, martedì sera a “Ballarò”. E sì che il ragazzo non era stato poi così morbido nella conversazione, tutt’altro, sebbene sia ormai l’analogo televisivo dell’ottimo cornetto integrale al miele, ma quel bacio vuole dire molto nel linguaggio teatrale di Berlusconi, linguaggio perfettamente riprodotto, in satira, da un Crozza mai così esperto e formidabile ritrattista dell’intimo dei suoi personaggi.

    Alla fine di tutto lo ha baciato d’istinto, il Floris, martedì sera a “Ballarò”. E sì che il ragazzo non era stato poi così morbido nella conversazione, tutt’altro, sebbene sia ormai l’analogo televisivo dell’ottimo cornetto integrale al miele, ma quel bacio vuole dire molto nel linguaggio teatrale di Berlusconi, linguaggio perfettamente riprodotto, in satira, da un Crozza mai così esperto e formidabile ritrattista dell’intimo dei suoi personaggi. Quel bacio vuol dire: ci prendiamo a legnate, ognuno fa per sé, ma poi la vita continua oltre febbraio e, in base ai voti che ciascuno riceverà, ci ritroveremo in un certo senso tutti insieme.

    Non è la banalità, intrattabile prima del voto, del governo di grande coalizione o altre ammucchiate e strane maggioranze, ma non è affatto nel torto chi non crede a una lunga fase alla Masaniello di Berlusconi dopo le elezioni. Ha staccato la spina solo a dicembre, si è preso il tempo minimo indispensabile per la grande giravolta d’immagine, per ruggire da anti Monti, da democratico e populista antifiscale, da nemico fierissimo della Germania chiusa e ingenerosa, eccetera. Per l’operazione ha fatto cose che non aveva mai neanche accennato in tanti anni. Accetta il contraddittorio dovunque, anche tra i pirati, cede con grinta e divertimento a tecniche di avanspettacolo, pulisce sgabelli e abbraccia cani, non tira fuori una lira per i sei per tre, a Roma fa il comizio nella ex sala concerti della Conciliazione, oggi luogo per convegni da mille e trecento posti, supplisce con la pazza fantasia fiscale alla muscolatura perduta d’antan. Ha detto a Floris, con lo stesso sguardo guascone di quando si è goduto l’accusa di essere un “latin lover” da Santoro, che nessuno lo batte in fatto di leadership. La sua in effetti è una leadership forte, ma solo perché non è una leadership, non nel senso delle repubbliche moderne. Floris avrebbe dovuto rispondergli che lui è un re ma non un premier né il capo di una coalizione parlamentare, è un simbolo vivente, un carisma in carne e ossa, uno spiritaccio che giganteggia tra i nani del significato, un brand di successo nel marketing più folle del mondo, è tutto tranne che un leader politico tradizionale.

    Berlusconi è baldanzoso ma non è cattivo, in questa campagna elettorale in cui non corre per arrivare primo. E’ surreale, piuttosto, lancia sé stesso come ministro dell’Economia, Alfano come premier, dice che Tremonti, critico con la sua idea di restituzione dell’Imu pronta cassa, non avrà voce in capitolo perché in Lombardia ha lo zero virgola nove per cento e perché è stato dieci anni ministro dell’Economia solo grazie al fatto che la Lega lo voleva fortemente lì.
    Queste elezioni sono il girotondo del Cav., sono la decisione di spendersi per avere ancora una posta importante da giocare dopo. Il 25 ottobre scorso si ritira, tre giorni dopo riscende in campo e in apparenza imposta una ultima battaglia in cui si gioca tutto, rischia tutto, fa piroette bestiali perché o la va o la spacca, in apparenza, e invece il suo tono è sempre più paternalista, giocoso, anche in senso letterale con la scommessa su Balotelli. Fosse stato un duro, non avrebbe ceduto a novembre del 2011, avrebbe chiesto le elezioni. Invece è un duro che sa farsi concavo con il convesso e convesso con il concavo, aderisce alle situazioni, oggi si nicchia, poi ci si allea, poi si prepara la grande uscita di scena e la successione, infine si fa campagna perché sennò non c’è più trippa per nessuno, e dunque ora si picchia, e domani si vedrà. Circolano scenari da intese post elettorali. Sono incongrui e sbilenchi e anacronistici. Ma sono.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.