La Roma saluta Zeman, ma la soluzione non sarà l'allenatore low cost

Paolo Rodari

C’era una volta il calcio italiano, non tanto quello che vinceva ovunque, piuttosto quello nel quale tutti volevano venire a giocare e ad allenare. Soldi e spumante. Erano gli anni Ottanta e soprattutto Novanta. Poi vi fu un lento declino. Il baratro è sempre stato dietro l’angolo, a onor del vero, ma al baratro fino a poco tempo fa non ci si era ancora arrivati. Ora invece sì. E a dirlo è questa nuova moda – si dice radicatasi per necessità – di scegliere allenatori low cost.

    C’era una volta il calcio italiano, non tanto quello che vinceva ovunque, piuttosto quello nel quale tutti volevano venire a giocare e ad allenare. Soldi e spumante. Erano gli anni Ottanta e soprattutto Novanta. Poi vi fu un lento declino. Il baratro è sempre stato dietro l’angolo, a onor del vero, ma al baratro fino a poco tempo fa non ci si era ancora arrivati. Ora invece sì. E a dirlo è questa nuova moda – si dice radicatasi per necessità – di scegliere allenatori low cost. Perché se ha senz’altro ragione Luciano Spalletti a dire che Andreazzoli, il nuovo allenatore della Roma, “può avere le giuste soluzioni per rilanciare la Roma”, è anche vero che Andreazzoli allenatore della Roma si fatica a digerire, anzi, si fatica addirittura a sentire. Quando esonerarono Carlos Bianchi, ad esempio, tornò Nils Liedholm. Che se è vero che non era più in erba, era almeno un nome.

    E’ già dallo scorso anno che la Roma, forse più dell’Inter di Moratti che continua a navigare con Stramaccioni, sceglie il discount al posto della prima scelta. Arrivò Luis Enrique, quello che giocava solo di lato. Che era tutto tranne che un nome d’eccellenza. Prima della Roma allenava il Barcellona B. Mentre oggi, passata l’esperienza romana, si dice possa andare al Bayern Monaco come vice di Guardiola, ancora numero due dunque. Ma a dirla tutta pure il boemo non è stato per la Roma  una prima scelta, la scorsa estate. Zeman, infatti, era semplicemente l’alter ego di Luis Enrique: al posto di giocare solo di lato, chiedeva all’opposto esclusivamente palle in profondità. Cose che possono funzionare in serie B, a Pescara o su altri lidi dove le difese non esistono e la rosa è fatta di undici elementi giovani che accettano, pur di emergere, di correre come dei pazzi per novanta minuti. Ma in serie A no e, comunque, era roba già vista. Roba che già la prima volta non diede alcun risultato, a parte un derby del 1998 Lazio-Roma spettacolare e vinto in rimonta quattro a tre ma che per colpa di un guardalinee incompetente finì tre a tre. “Che m’hai annullato”, disse per minuti in tv Carlo Zampa. Un tormentone che le radio romane mandarono in onda per giorni. E’ triste dirlo, ma fu quello il momento più alto di Zeman alla Roma.