Militante lesbica british dice a Cameron di tenersi il matrimonio gay

Nicoletta Tiliacos

Non c’è solo la Francia alle prese con il matrimonio gay. Anche in Inghilterra se ne discute, da quando David Cameron ha deciso che non basta più il “Civil Partnership Act”, il quale garantisce dal 2005 una forma di unione civile alle coppie dello stesso sesso con diritti equiparabili a quelle sposate, ma formalizzata in un registro a sé, diverso da quello dei matrimoni old style (tra uomo e donna, insomma). Secondo il premier conservatore, di matrimonio vero e proprio – magari anche religioso – hanno bisogno oggi gli omosessuali.

Leggi “Come Enrico VIII”. Il clero inglese teme le discriminazioni delle nozze gay di Paolo Rodari

    Non c’è solo la Francia alle prese con il matrimonio gay. Anche in Inghilterra se ne discute, da quando David Cameron ha deciso che non basta più il “Civil Partnership Act”, il quale garantisce dal 2005 una forma di unione civile alle coppie dello stesso sesso con diritti equiparabili a quelle sposate, ma formalizzata in un registro a sé, diverso da quello dei matrimoni old style (tra uomo e donna, insomma). Secondo il premier conservatore, di matrimonio vero e proprio – magari anche religioso – hanno bisogno oggi gli omosessuali.

    A contraddirlo apertamente, c’è un articolo pubblicato nell’ultimo numero del settimanale Spectator. L’autrice è Julie Bindel: cinquant’anni, scrittrice, giornalista e famosa attivista per i diritti degli omosessuali, firma del Guardian e fondatrice del gruppo femminista Justice For Women, ricorda che “ai tempi di massimo splendore del movimento di liberazione omosessuale, negli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta, era talmente eccitante l’idea di sfìdare l’ortodossia che anche i più timidi e i meno politicizzati si univano alla causa. Quelli tra noi che hanno vissuto quell’epoca sentivano di partecipare a un’insurrezione culturale: il rifiuto dell’eterosessualità obbligatoria e dello stile di vita che essa implicava”. Ora, invece, le pressanti (e almeno nel suo caso) non richieste premure del primo ministro britannico “invitano gli omosessuali a conformarsi a quella che considerano a giusto titolo un’istituzione profondamente conservatrice: il matrimonio”. Il paradosso, sostiene Julie Bindel, è che gli attuali leader del movimento per i diritti gay “prendono la via della ribellione per conformarsi meglio. Per loro, l’omosessualità non è davvero qualcosa di cui essere orgogliosi. Ai loro occhi è sufficiente che sia tollerata, mentre condurre battaglie più ambiziose, come la lotta contro l’omofobia, sembra un compito troppo complicato”.

    Dimentichi del fatto che ancora in ottanta paesi al mondo l’omosessualità è considerata reato, aggiunge Julie Bindel, i nuovi leader “normalizzati” del movimento, “questi nuovi conservatori gay ultramoderati” hanno rinunciato “alle tattiche radicali dei loro predecessori”, accontentandosi “di rivendicare per gli omosessuali il diritto di integrarsi nel decoro”, con l’unico scopo di “imitare la struttura famigliare eterosessuale”. In un batter d’occhio le rivendicazioni sono diventate “entrare nell’esercito, sposarsi in chiesa e allevare bambini adottati”.
    Julie Bindel non si riconosce in queste battaglie, che considera semplicemente un nuovo modo di colpevolizzare la diversità: “Conosco numerose coppie di gay e lesbiche di lunga data che erano perfettamente felici prima che esplodesse questa isteria pro matrimonio e che oggi si sentono guardate dall’alto in basso dai proseliti delle nozze, tanto omo quanto eterosessuali”. Al punto che “oggi, le coppie etero non sposate si confrontano probabilmente con una minore riprovazione rispetto alle coppie omosessuali che rifiutano di sposarsi”. Ma come è potuto succedere, si chiede la scrittrice, se poi scopriamo che solo una parte non maggioritaria del mondo omosessuale è davvero convinta che “sia importante estendere i diritti del matrimonio a coppie dello stesso sesso” e che solo un’infima minoranza (uno su quattro) “sarebbe pronta a sposare il suo/la sua partner se la legge lo consentisse”?

    A scontrarsi con la pretesa di alcune sigle di parlare a nome dell’intero mondo gay (come se fosse omogeneo, uniforme e conforme alle buone intenzioni “normalizzanti” irrise da Julie Bindel) sono i gay francesi che hanno partecipato alla mobilitazione anti “mariage pour tous”. “Piuttosto che il matrimonio per tutti, i cittadini omosessuali reclamano la parola per tutti!”, si legge sul sito Homovox.com, che accusa il progetto di nozze gay di “omofobia”. Del piano Cameron, Julie Bindel non dice questo, ma forse qualcosa di peggio. Lo accusa di far passare l’accettazione dell’omosessualità per una operazione conformista che nega la peculiarità della condizione gay, mentre permane nel Regno Unito il bullismo omofobico nelle scuole e “molti giovani omosessuali continuano a essere rifiutati dalle loro famiglie e dai colleghi… Ma questi sono argomenti sgradevoli e sinistri, e la nuova generazione di conservatori gay non sembra cercare altro che una vita facile, con un passaggio in chiesa seguito dal discorso del testimone, da un buffet e da un bacio su un languido lento”.

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