Il fronte laico contro le nozze gay

Nicoletta Tiliacos

Il governo francese ostenta sicurezza, dopo il successo della “manif pour tous” contro il progetto di legge sul matrimonio e le adozioni omosessuali (“mariage pour tous”) che domenica ha portato in piazza a Parigi centinaia di migliaia di persone. Hollande fa sapere che nulla è cambiato, si va avanti senza ripensamenti. Più nervoso, il Nouvel Observateur attaccava ieri l’umorista Frigide Barjot, principale portavoce della manifestazione e anima “rabelaisiana” del variegato movimento che si contrappone al progetto di legge, descrivendola come “pericolosa marionetta della chiesa cattolica”, interessata a “rimettere in discussione la laicità della Repubblica”.

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    Il governo francese ostenta sicurezza, dopo il successo della “manif pour tous” contro il progetto di legge sul matrimonio e le adozioni omosessuali (“mariage pour tous”) che domenica ha portato in piazza a Parigi centinaia di migliaia di persone. Hollande fa sapere che nulla è cambiato, si va avanti senza ripensamenti. Più nervoso, il Nouvel Observateur attaccava ieri l’umorista Frigide Barjot, principale portavoce della manifestazione e anima “rabelaisiana” del variegato movimento che si contrappone al progetto di legge, descrivendola come “pericolosa marionetta della chiesa cattolica”, interessata a “rimettere in discussione la laicità della Repubblica”. Tre giorni prima, la sociologa delle religioni Danièle Hervieu-Léger, sul Monde, scriveva che, se “nel dibattito sul ‘mariage pour tous’, non sorprende che la chiesa cattolica faccia sentire la propria voce… sorprende di più che eviti accuratamente ogni riferimento a una proibizione religiosa. Per rifiutare l’idea del matrimonio omosessuale, la chiesa invoca infatti un’antropologia che la sua ‘esperienza in umanità’ la autorizza a riferire a tutti gli uomini, e non solo ai suoi fedeli”. La studiosa sarà rimasta ancor più sorpresa nel constatare che, nella “manif pour tous”, parole d’ordine confessionali non c’erano proprio. C’erano invece persone comuni, c’erano spezzoni di corteo che agitavano il codice civile della République, c’erano gay che rivendicano la loro diversità ma non vogliono per sé matrimonio, adozione e procreazione medicalmente assistita. Perché “la coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale, per un semplice dettaglio: non può dare origine alla vita, per cui ha bisogno di una forma di unione specifica che non sia il matrimonio. Ha bisogno di un’altra cosa perché la realtà delle coppie omosessuali è diversa da quella delle coppie eterosessuali” (Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, intervistata dal settimanale Tempi).

    Nella Francia che dovrebbe accettare senza fiatare una rivoluzione radicale nello statuto del matrimonio e della filiazione legale (quella concreta continua ad aver bisogno di un maschio e di una femmina, sia pur ridotti a sperma e ovociti venduti e a utero in affitto), c’è chi non digerisce la realtà: gli oppositori al “mariage pour tous” non sono clericali e omofobi, come pure piacerebbe al philosophe Bernard-Henri Lévy (sul Corriere, ha accusato preventivamente di “fondo di omofobia” una mobilitazione alla quale perfino l’Eliseo ha dovuto riconoscere compostezza e rispetto per le persone).
    A difendere il matrimonio tra uomo e donna e una filiazione che non accetta di cancellare “padre” e “madre” dai documenti, ci sono laici, socialisti à la Jospin, cattolici e non cattolici di sinistra che a  Hollande chiedono, prima di ogni decisione, la convocazione di “stati generali del matrimonio”. E la sorpresa dei denigratori è destinata ad aumentare, se si pensa che la maggioranza dei vescovi ha rinunciato non solo a partecipare alla  “manif pour tous” ma anche a fare una propaganda troppo schierata all’iniziativa, e ha invitato alla prudenza e al “discernimento” (“non demonizziamo chi non condivide i nostri punti di vista”, ha raccomandato per esempio il vescovo di Ajaccio).

    Il corrispondente da Parigi del Corriere, Massimo Nava, ha contestato la ricostruzione che vede la Francia spaccata in “Vandea contro la Bastiglia, un fronte cattolico-tradizionalista-conservatore contrapposto a un fronte laico-moderno e progressista”, e riporta i sondaggi secondo i quali il sessanta per cento dei francesi ritiene oggi opportuno un referendum sul tema delle nozze gay, mentre il cinquantacinque per cento si dice contrario all’adozione per le coppie omosessuali (il provvedimento è già contenuto nel progetto di legge). Ma Najat Vallaud-Belkacem, ministra dei Diritti delle donne e portavoce del governo Ayrault, ripete a Europe 1 che “il governo è assolutamente determinato a realizzare questa riforma, questo progresso storico che non è la vittoria di una parte sull’altra ma un progresso per tutta la società”. Toni fideistici, insomma, per chi continua a ritenere  più che mai pericoloso, dopo il 13 gennaio, verificare se davvero i francesi sono così convinti del “progresso” costituito dal “mariage pour tous” e dai suoi corollari, compresa la procreazione medicalmente assistita (temporaneamente accantonata in attesa che si plachino le acque, anche in casa socialista, dove trenta deputati della maggioranza si sono dissociati dall’emendamento che voleva introdurla).
    A paragone della ministra, il vero laico appare il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim.  Il quale, per non lasciare senza sorprese i progressisti alla Bernard-Henri Lévy, nel suo saggio contro il matrimonio gay ha scelto di non citare alcuno degli interdetti della Bibbia contro l’omosessualità. Al quotidiano la Croix  (4 gennaio), Bernheim ha spiegato che “qui non è in gioco l’omosessualità, ma il rischio irreversibile di una confusione delle genealogie attraverso la sostituzione della ‘genitorialità’ alla paternità e alla maternità, e anche di una confusione nello statuto del figlio, che da soggetto diventa oggetto al quale ciascuno avrebbe ‘diritto’”. 

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