Le semplificazioni sulla politica della “rilevanza cattolica” di Ruini

Paolo Rodari

Nel suo studio in cima al colle vaticano, oltre le mura leonine, sede del seminario minore di Roma, al cardinale Camillo Ruini hanno mostrato gli articoli di giornale che ne parlano come colui che ha spinto per staccare la spina dell’appoggio del mondo cattolico a Mario Monti. Ha letto e ha sorriso di gusto: “Non c’è nulla di più falso”. “Come falso – spiega il vaticanista Sandro Magister – è il profilo di un Ruini che, filo berlusconiano un tempo, lo è ancora oggi”. Dice: “Ruini si è sempre speso per l’equidistanza della chiesa dai due poli, con l’idea chiara di uno sganciamento della stessa chiesa da un preciso partito".

    Nel suo studio in cima al colle vaticano, oltre le mura leonine, sede del seminario minore di Roma, al cardinale Camillo Ruini hanno mostrato gli articoli di giornale che ne parlano come colui che ha spinto per staccare la spina dell’appoggio del mondo cattolico a Mario Monti. Ha letto e ha sorriso di gusto: “Non c’è nulla di più falso”. “Come falso – spiega il vaticanista Sandro Magister – è il profilo di un Ruini che, filo berlusconiano un tempo, lo è ancora oggi”. Dice: “Ruini si è sempre speso per l’equidistanza della chiesa dai due poli, con l’idea chiara di uno sganciamento della stessa chiesa da un preciso partito. Egli poneva le questioni di fondo ai partiti e ai politici perché prendessero posizione in merito, ma non era per l’uno o l’altro schieramento seppure, è ovvio, per lungo tempo ha intravisto nell’area moderata di centrodestra una maggiore attenzione alle questioni ‘non negoziabili’. Però molte delle battaglie vinte, come il referendum sulla procreazione assistita, hanno trovato un consenso oltre il Pdl”.

    Certo, non tutti concordano con questa visione. Nel 2006, quando il cardinale era al passo d’addio alla Cei, fu la rivista il Mulino a pubblicare un saggio duramente critico di Alberto Melloni, storico dossettiano, per il quale con Ruini in Cei la “politica italiana è stata l’oggetto ‘privilegiato’ di una presidenza che progressivamente ha accentuato il proprio sbilanciamento”, in una logica in cui “la perla della fede sembrava essere dichiaratamente secondaria rispetto al riconoscimento che veniva dalla politica”. Eppure, ammette il sociologo d’area progressista Franco Garelli, “la presidenza Ruini ha permesso alla chiesa di non essere irrilevante, a destra come a sinistra. Le forze politiche erano attente a ciò che la chiesa diceva. Ricordo, ad esempio, la reazione scomposta che ebbe la Lega quando la chiesa difese con forza gli immigrati. Segno che anche a destra, come per altro a sinistra, Ruini sapeva ‘colpire’”. E oggi? “Il quadro politico è cambiato. C’è la novità Monti. La simpatia della chiesa per lui nasce perché è portatore di istanze di rinnovamento e di normalità. Però credo che la posizione delle gerarchie non sia così diversa dal passato”. Già, eppure il rischio dell’irrilevanza esite. Lo dice a Radio Vaticana l’arcivescovo Rino Fisichella: “Il rischio è che la frammentazione della presenza cattolica porti a una irrilevanza della presenza dei cattolici”. In questi giorni, in verità, Ruini non è stato a guardare. Voce ascoltata in Vaticano come presso l’attuale dirigenza della Cei – all’ultimo consiglio permanente, il cardinale Angelo Bagnasco lo ha ringraziato “per lo stile con cui ha rispettato il lavoro di chi gli è succeduto” – anch’egli ha sperato che il centrodestra si ricomponesse intorno a Monti. Era per lui, come per tutta la chiesa, la possibilità – dice chi lo conosce bene – che “il senso umano delle cose, il bonum dell’uomo, venisse difeso”. Poi l’auspicio non si è realizzato e le gerarchie si sono fatte più caute.

    A dimostrazione che la preoccupazione affinché una certa linea ideale-politica non andasse dispersa, con il rischio di irrilevanza, non è solo un “vecchio pallino” del cardinale che guidò la battagliera chiesa dei decenni scorsi. Ancora venerdì Avvenire, che nelle settimane scorse aveva mostrato apprezzamento per Monti, ha insistito con un editoriale in prima pagina sui valori etici che avevano caretterizzato l’intervento di Bagnasco a Todi, senza che però le associazioni dessero seguito effettivo. Scrive Francesco D’Agostino che l’auspicio è che “sui temi etici non solo i partiti, ma anche i cattolici si pronuncino espressamente: si tratta infatti di questioni che hanno una valenza non privata e intimistica, ma pubblica e soprattutto ‘politica’… E ogni candidato faccia capire come la pensa e che cosa si prepara a fare (o no fare) e a sostenere”. Parole del tutto simili a quelle pronunciate ventiquattro ore prima da Ruini: “Una forza politica può dire: se qualcuno non è d’accordo, è concessa l’obiezione di coscienza. Ma non si può ridurre tutto alla coscienza personale dei singoli esponenti, senza che ci sia una presa di posizione e una linea da seguire”.