Quel berlusconiano di Scalfari

Redazione

Mario Monti mi ha deluso”, così titolava Repubblica la lunga riflessione domenicale di Eugenio Scalfari. Silvio Berlusconi si esprime esattamente negli stessi termini nei confronti del premier ex tecnico. L’identità degli opposti non si ferma qui: per il Fondatore giornalistico Monti pretende di utilizzare in forma ricattatoria un vantaggio di posizione, come faceva il brigante Ghino di Tacco (a suo tempo considerato dallo stesso Scalfari un precursore di Bettino Craxi), per il Fondatore politico la partecipazione di Monti alla contesa elettorale rappresenta l’uso improprio di un mandato ricevuto in circostanze eccezionali e con limiti intrinseci che sarebbero stati indebitamente forzati.

    "Mario Monti mi ha deluso”, così titolava Repubblica la lunga riflessione domenicale di Eugenio Scalfari. Silvio Berlusconi si esprime esattamente negli stessi termini nei confronti del premier ex tecnico. L’identità degli opposti non si ferma qui: per il Fondatore giornalistico Monti pretende di utilizzare in forma ricattatoria un vantaggio di posizione, come faceva il brigante Ghino di Tacco (a suo tempo considerato dallo stesso Scalfari un precursore di Bettino Craxi), per il Fondatore politico la partecipazione di Monti alla contesa elettorale rappresenta l’uso improprio di un mandato ricevuto in circostanze eccezionali e con limiti intrinseci che sarebbero stati indebitamente forzati. Anche sul punto decisivo dell’impegno programmatico di Monti i due acerrimi avversari svolgono un’analisi identica (e identicamente imprecisa). Scalfari spiega che la famosa “agenda Monti” coincide con quella di Pier Luigi Bersani, anzi, della coalizione che propone Bersani come premier. Il povero Nichi Vendola può sbracciarsi a definire Monti come il bieco capo di una consorteria di privilegiati, Stefano Fassina può ripetere fino alla noia che la proposta del Pd esprime una netta discontinuità con le scelte del governo tecnico. Scalfari vede solo che Bersani conferma che onorerà gli impegni assunti dall’Italia con l’Europa (come dovrà fare qualsiasi governo) e ne deduce che le differenze non ci sono, e che chi come Pietro Ichino le sente così stringenti da cambiare schieramento, è solo un voltagabbana opportunista.

    Anche Berlusconi sottolinea una presunta subalternità di Monti all’egemonismo della sinistra, ma Berlusconi è un competitore politico, non un osservatore, ed è quindi più portato e in un certo senso giustificato quando fa prevalere le ragioni della concorrenzialità e della polemica. Resta il fatto che la candidatura di Monti sottolinea un fatto oggettivo, l’impossibilità di “far finta di niente” e tornare a una contrapposizione classica di poli che si sono dimostrati inidonei a esprimere, dal governo e dall’opposizione, una visione complessiva  sui temi messi in evidenza dalla crisi. Naturalmente a Monti non basterà impersonare questa testimonianza dell’insufficienza altrui, che non comporta automaticamente una sua idoneità a fornire una soluzione politica al rebus italiano, che è cosa diversa e più complessa da quella che può essere contenuta in un’agenda.