Passa per l'Italia il “canale del carburante” che tiene su la Siria

Luigi De Biase

Il regime siriano usa un canale che passa attraverso l’Italia per affrontare la crisi dovuta alle sanzioni internazionali. Non si tratta di armi o di artiglieria per l’esercito, bensì di carburante, un bene fondamentale per il governo di Damasco, che combatte due guerre parallele: una contro i ribelli e l’altra contro i provvedimenti delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Nel mese di dicembre un paio di tanker italiani hanno compiuto viaggi pericolosi sino alle coste della Siria.

    Mosca. Il regime siriano usa un canale che passa attraverso l’Italia per affrontare la crisi dovuta alle sanzioni internazionali. Non si tratta di armi o di artiglieria per l’esercito, bensì di carburante, un bene fondamentale per il governo di Damasco, che combatte due guerre parallele: una contro i ribelli e l’altra contro i provvedimenti delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Nel mese di dicembre un paio di tanker italiani hanno compiuto viaggi pericolosi sino alle coste della Siria. Il primo, l’“Ottomana”, è salpato il 2 dicembre dal porto russo di Novorossiysk, sulle coste del mar Nero, ha preso la velocità di dodici nodi e ha raggiunto la città di Banias cinque giorni più tardi; il secondo, il “Barbarica”, è arrivato in Siria fra sabato e domenica e sarebbe ripartito soltanto lunedì. Nelle stive avevano circa 40 mila tonnellate di carburante, per un valore complessivo vicino ai 40 milioni di dollari.
    Le navi appartengono a una compagnia di Ravenna, Mediterranea di Navigazione, una società che è specializzata nel trasporto di carburante e prodotti chimici. L’armatore, Paolo Cagnoni, ha confermato la rotta dei tanker all’agenzia di stampa Reuters, ma non ha fornito dettagli sulla società che ha inviato il carburante, né su quella che l’ha ricevuto. “Prima di accettare l’incarico – ha detto – ci siamo assicurati che nessuno dei soggetti coinvolti fosse su una lista nera dell’Unione europea”.

    Mediterranea è una compagnia molto conosciuta a Ravenna, i Cagnoni lavorano in questa industria da cinque generazioni, sono partiti con i trasporti a Rijeka e hanno raggiunto la fama di patrioti nella Prima guerra mondiale, concedendo aiuto e sostegno a Cesare Battisti e agli italiani di Fiume e di Trieste. E non è la prima volta che il nome di Ravenna è associato ai traffici con la Siria, un commercio che si trova oggi sotto l’esame delle autorità internazionali: a giugno, nel porto della città, è attraccato il “Professor Katsman”, un grosso cargo che aveva appena compiuto un trasporto sospetto dalla Russia alla Siria. Allora alcune fonti d’intelligence denunciarono la presenza di armi a bordo, ma i controlli della Guardia di Finanza si chiusero senza scoperte clamorose. Il porto è lontano una decina di chilometri dalla città, buona parte delle strutture è fuori dalla zona Schengen e pare che il governo di Damasco riesca ancora a muoversi lungo questo bordo per ottenere rifornimenti vitali alla sua sopravvivenza. Il confine è commerciale e i movimenti siriani sono burocratici, hanno a che fare con le carte da bollo e i veti imposti dal Palazzo di vetro, da Washington e da Bruxelles alle compagnie europee. E’ in queste pieghe che il regime cerca un sistema per alleggerire  quell’assedio che può portare all’implosione economica del regime.

    Per il presidente siriano, Bashar el Assad, le milizie dei ribelli non sono l’unico problema da affrontare. Le sanzioni straniere hanno reso impossibile l’acquisto di carburante, i mediatori di Damasco si sono spinti persino in Malesia per convincere i partner a effettuare le consegne ma si tratta di un lavoro troppo rischioso. Negli ultimi mesi soltanto una nave russa e una iraniana si sono avvicinate alle coste della Siria con carichi di gasolio, il resto arriva attraverso navi georgiane di piccola stazza, raggiungono a malapena le settemila tonnellate contro le 26 mila dei due tanker della Mediterranea. Da Damasco ora dicono che una parte del problema potrebbe essere risolto grazie a “nuovi contatti” forniti da “siriani che vivono all’estero”. Forse, alcuni di questi canali passano anche per l’Italia.