“Gaza è la via più breve per al Aqsa”

Giulio Meotti

Il nome di Marwan Issa apparve per la prima volta nel 2005, quando in una sorta di fuga dalla clandestinità, l’allora capo militare di Hamas, l’imprendibile Mohammed Deif e i suoi sei luogotenenti, pubblicarono sul sito di Hamas i propri nomi e imprese. Era la prima volta dal 1988 che Hamas rivelava i propri vertici operativi. Di questa cupola faceva parte anche Ahmed Jaabari, “il generale” ucciso tre giorni fa da Israele in un raid nella Striscia di Gaza. Issa è il suo successore a capo degli squadroni della morte palestinesi.

    Roma. Il nome di Marwan Issa apparve per la prima volta nel 2005, quando in una sorta di fuga dalla clandestinità, l’allora capo militare di Hamas, l’imprendibile Mohammed Deif e i suoi sei luogotenenti, pubblicarono sul sito di Hamas i propri nomi e imprese. Era la prima volta dal 1988 che Hamas rivelava i propri vertici operativi. Di questa cupola faceva parte anche Ahmed Jaabari, “il generale” ucciso tre giorni fa da Israele in un raid nella Striscia di Gaza. Issa è il suo successore a capo degli squadroni della morte palestinesi. Issa guida il gruppo “Fajr al Intisar”, l’alba della vittoria. Debka, sito vicino all’intelligence israeliana, rivela che a settembre Issa guidò la delegazione di Hamas in visita a Teheran, dove avrebbe firmato un patto militare con gli ayatollah. La nomina di Issa segna la vittoria degli “scissionisti”, l’ala “iraniana” di Hamas, uscita rafforzata nella faida che vede contrapposti chi, più legato all’ideologia dei Fratelli musulmani, spinge per la trasformazione di Gaza in una “comunità religiosa modello” da cui avviare, “gradualmente”, la lotta per la liberazione anche della Cisgiordania, e i militari che invece vogliono assumere il controllo politico di Gaza per intensificare la guerra a Israele tramite piani “ad alta mortalità”. Issa vede la Striscia di Gaza come “la via più breve per la moschea di al Aqsa” a Gerusalemme. Issa è già sopravvissuto a uno strike dell’aviazione israeliana nel 2006, in cui rimase ferito al bacino. Il nuovo capo militare di Hamas è una delle “sagome” pubblicate dall’esercito israeliano con i nomi dei most wanted, assieme a Zahar e al defunto Jaabari. Issa è stato anche uno dei fautori dell’alleanza con Abu Musab al Zarqawi, il capo terroristico di al Qaida in Iraq, le cui cellule sarebbero state fatte entrare nella Striscia di Gaza a partire dal 2006. A maggio Issa è stato eletto nella shura di Hamas, scelta che gli analisti israeliani hanno definito “pasdaranizzazione”. E’ l’inizio della svolta iraniana.

    Teheran usa il Sudan – di recente colpito da un micidiale raid israeliano – per inviare le armi ai terroristi palestinesi. Sono i razzi che possono raggiungere Tel Aviv. Issa ha voluto che nel consiglio di Hamas entrassero, in absentia, anche i quattro maggiori stragisti che languono nelle carceri israeliane: Ibrahim Ahmed, capo delle brigate al Qassam in Cisgiordania condannato per 96 omicidi; Abbas al Sayyed, mente della strage al Park Hotel di Netanya (30 morti israeliani nella Pasqua del 2002); Hassan Salameh, architetto degli attentati suicidi degli anni Novanta con 38 ergastoli da scontare, e Jamal Abu al Haija, ex comandante di Jenin. Sono i leader in carcere che hanno dettato a Gaza le condizioni del rilascio di Gilad Shalit, operazione guidata dal defunto Jaabari e da Issa, appunto. Un percorso simile a quello delle Guardie della Rivoluzione in Iran, che da centurioni del regime si sono impadronite anche del processo decisionale.

    A testimonianza della “svolta iraniana” è anche il fatto che Issa era uno degli aiutanti di Nizar Rayan, il capo dell’ala radicale di Hamas che ha voluto che da “martire” morissero anche due mogli e quattro figli. In nome del modello iraniano, Rayan era sia un chierico sia un militare, noto come “il Professore”, l’esperto dei detti del Profeta docente di Diritto all’Università di Gaza. Secondo questa generazione di militari al potere, Hamas è impegnata in una “guerra fra l’islam e gli eretici”. Dopo il golpe contro Fatah a Gaza, Issa ha trasformato gli uffici dell’Anp in luoghi di preghiera e orchestrato i “processi del popolo” contro “gli ammutinati e i traditori”. 

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.