Filo diretto con l'Iran

Giulio Meotti

La prima volta che fu chiaro a tutti che l’Iran aveva esteso la sua influenza a Gaza fu nel 1994, quando parlò il leader del “Harakah al jihad al islami al filastin”, il Jihad islamico palestinese, Fathi al Shikaki, che allora viveva a Damasco. Shikaki, che un anno dopo sarebbe stato eliminato dal Mossad a Malta, rivelò che l’Iran aveva stanziato tre milioni di dollari per sostenere le famiglie dei “martiri palestinesi”.

    Roma. La prima volta che fu chiaro a tutti che l’Iran aveva esteso la sua influenza a Gaza fu nel 1994, quando parlò il leader del “Harakah al jihad al islami al filastin”, il Jihad islamico palestinese, Fathi al Shikaki, che allora viveva a Damasco. Shikaki, che un anno dopo sarebbe stato eliminato dal Mossad a Malta, rivelò che l’Iran aveva stanziato tre milioni di dollari per sostenere le famiglie dei “martiri palestinesi”. Da allora, l’influenza di Teheran ai confini israeliani si è estesa a dismisura, così che oggi il Jihad islamico ha preso il posto di Hamas come riferimento degli ayatollah. Il più antico e militarizzato gruppo palestinese ha oggi ottomila combattenti e cinquemila missili, fra i quali quelli dalla più lunga gittata che possono colpire Tel Aviv: è stato il Jihad islamico a rivendicare il razzo Fajr 5 iraniano caduto ieri di fronte alla costa di Giaffa..

    Negli ultimi due anni il gruppo non ha mai fermato il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza e si è opposto all’entrata in politica di Hamas. Come racconta Beverley Milton-Edwards nel suo nuovo libro “Hamas”, il Jihad islamico ha giustiziato numerosi contadini palestinesi che si erano opposti all’uso dei loro campi per il lancio dei missili. Da due anni, l’ala militare del Jihad, le Brigate al Quds, accusano Hamas di aver “abbandonato la resistenza” a beneficio del potere politico. “Sia Hamas sia l’Autorità palestinese sono simboli di lussuria e corruzione”, ha appena proclamato l’imam Abdullah al Shami, leader spirituale del Jihad. Aitante, carismatico, il predicatore infiamma la folla quando attacca non solo “l’entità sionista” ma anche i fratelli palestinesi al potere. Lo sceicco Shami ha lavorato per l’allineamento con Teheran e la scelta, come modello da imitare, degli Hezbollah libanesi.
    Il Jihad islamico è la prima storica sigla dell’islamismo palestinese e viene aiutato da Hamas in un gioco di responsabilità. Il gruppo nacque nel 1979 da una scissione di studenti palestinesi ospitati in Egitto dai Fratelli musulmani, quando il dottor Fathi al Shikaki s’infatuò della visione di Khomeini.

    Il suo successore, Ramadan Abdallah Shallah, è l’unico leader palestinese rimasto a Damasco durante la guerra civile siriana, mentre i capi di Hamas stavano già prendendo la via per Doha, in Qatar, spostandosi nell’asse sunnita. Secondo il giornalista investigativo israeliano Ronen Bergman, Shallah ha un filo diretto con la Guida suprema, Ali Khamenei.

    E’ stato Shikaki, non Hamas, ad aver inaugurato l’uso della bomba umana suicida come alternativa agli ordigni nucleari: “Il nostro nemico possiede le armi più sofisticate, noi il martirio”, ha detto il fondatore del Jihad. “E’ facile ed economico, al costo soltanto delle nostre vite. Le bombe umane non possono essere sconfitte, neanche da quelle nucleari”. Oggi Teheran garantisce loro rifugi, finanziamenti e armamenti e il Jihad ha uffici a Khartoum, a Beirut e a Damasco. Nella libanese valle della Bekaa si trovano dirigenti del gruppo palestinese che assicurano logistica e addestramento per gli esecutori degli attacchi missilistici. Abu Jandal, uno dei leader del gruppo, ha ammesso che il Jihad, per difendersi dalle possibili incursioni israeliani, ha già predisposto un metodo nuovo: bambini dotati di cinture esplosive a presidio degli edifici a Gaza dove risiedono i capi del movimento.

    Lo studioso israeliano Meir Hatina, analista della galassia terroristica palestinese, ha bene sintetizzato la visione del Jihad: “Mentre Hamas ha scelto una combinazione di educazione islamica e violenza per la liberazione, il Jihad islamico è sempre stato il ragazzo cattivo della politica palestinese il cui scopo principale è la liberazione di tutta la Palestina. Il Jihad si vede come il punto centrale nel confronto fra occidente e islam”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.