Nell'austera Grecia lo stipendio massimo è di 1.900 euro al mese

Dimitri Deliolanes

D’ora in poi lo stipendio mensile del capo di stato maggiore greco sarà di 1.873 euro netti. Con varie indennità arriverà a poco meno di 2.300 euro. Per i capi delle tre Armi, la busta paga sarà di 1.584. Un ambasciatore incasserà 1.899 euro, un attaché 1.061. Gli stipendi del presidente dell’Areopago, della Banca di Grecia e di tutti i rettori delle Università greche non supereranno i 1.900 euro. Quello del professore universitario di ruolo sarà di 1.459 euro, per l’assistente 1.065. Quanto ai medici del Sistema sanitario pubblico: per i primari 1.665, per gli specializzandi 1.007.

    Atene. D’ora in poi lo stipendio mensile del capo di stato maggiore greco sarà di 1.873 euro netti. Con varie indennità arriverà a poco meno di 2.300 euro. Per i capi delle tre Armi, la busta paga sarà di 1.584. Un ambasciatore incasserà 1.899 euro, un attaché 1.061. Gli stipendi del presidente dell’Areopago, della Banca di Grecia e di tutti i rettori delle Università greche non supereranno i 1.900 euro. Quello del professore universitario di ruolo sarà di 1.459 euro, per l’assistente 1.065. Quanto ai medici del Sistema sanitario pubblico: per i primari 1.665, per gli specializzandi 1.007. Dai tagli al Sistema sanitario (riduzione del personale, abbattimento delle forniture, accorpamento degli ospedali) il governo spera di incassare 855 milioni. Da quelli nelle Forze armate il risparmio sarà di 517 milioni di euro.

    La regola è: nessuno tra quelli che lavorano per lo stato avrà uno stipendio che superi il limite massimo di 1.900 euro e il cumulo delle indennità non potrà andare oltre i 2.300 euro. E’ la parte centrale della legge monstrum (nota come “Memorandum III”) imposta dalla Troika e approvata al Parlamento greco nella notte di mercoledì, con una maggioranza di soli tre voti. Tagli feroci per un totale di 13,5 miliardi, per lo più nell’impiego pubblico, persino nei settori più sensibili come i servizi segreti e le Forze armate. La polizia non è stata toccata, perché aveva già dato nel Memorandum II, approvato a febbraio: 1.800 euro al capo, mille al poliziotto semplice, 800 alla giovane recluta. “Non ci saranno eccezioni”, ha ribadito in Parlamento il ministro delle Finanze Yannis Stournaras, annunciando a sorpresa che i tagli riguardano anche la casta dei commessi della “Boulè”. Sciopero immediato di un’ora e dietrofront del ministro: il compenso dei commessi è competenza del Parlamento, il governo non può metterci bocca.

    Circa duemila impiegati dello stato saranno licenziati entro l’anno, 25 mila entro la fine del 2013. La legge, un solo articolo con più di mille pagine di testo, prevede che i primi a essere licenziati saranno gli statali con pendenze penali o disciplinari. Al secondo posto quelli assunti senza concorso. Ma è una menzogna, lo sa tutto il paese. Da giugno girano in ogni ministero le liste di epurazione, tutte clientele socialiste. Il Pasok si trova a un passo dal dissolvimento, anche se continua a partecipare alla coalizione di governo, e non può proteggere i suoi vecchi elettori. Il leader socialista Evangelos Venizelos ha esaurito la sua residua influenza nell’imporre un’eccezione per il ministero della Cultura. Ne era stato a capo un decennio fa, mentre l’attuale premier Antonis Samaras ne era diventato responsabile nel 2009, per pochi mesi, sufficienti però per imbottire l’appena inaugurato Museo dell’Acropoli con elettori della sua circoscrizione, la città di Calamata.

    Ci saranno nuovi tagli alle pensioni sopra i mille euro, pensionati e lavoratori dipendenti potranno dire addio a tredicesime e quattordicesime e sarà ridotto della metà il trattamento di fine rapporto. Anche il sussidio di disoccupazione, che fino a ieri era di 500 euro per un solo anno, scenderà a 475 euro. L’indennità per i figli (40 euro per figlio) andrà soltanto alle famiglie con reddito annuo sotto i 6 mila euro.
    Il nuovo Memorandum rischia di dare il colpo di grazia anche alle già traballanti strutture dello stato. Mercoledì mattina, senza neanche aspettare il voto in Parlamento, sei dirigenti della Banca di Grecia si sono dimessi. Decine sono anche i medici e i professori che faranno come i laureati: emigrano verso la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti. “La crisi economica sta diventando crisi istituzionale”, ha commentato un reporter parlamentare.