Rompete le righe

Il populismo del Pd sugli esodati ammalia il Pdl

Alberto Brambilla

Le logiche elettorali sono entrate di prepotenza nella dialettica tra governo e partiti su come risolvere il contenzioso sui lavoratori esodati, subordinando pragmatismo e buon senso al bisogno di ottenere ampi consensi alle urne la prossima primavera. Lo spiega al Foglio Giuliano Cazzola, deputato Pdl, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera e unico membro a non avere votato l’emendamento alla legge di stabilità presentato da Cesare Damiano (Pd) e firmato dal presidente dei capigruppo di maggioranza e opposizione, e approvato poi in maniera bipartisan mercoledì.

    Roma. Le logiche elettorali sono entrate di prepotenza nella dialettica tra governo e partiti su come risolvere il contenzioso sui lavoratori esodati, subordinando pragmatismo e buon senso al bisogno di ottenere ampi consensi alle urne la prossima primavera. Lo spiega al Foglio Giuliano Cazzola, deputato Pdl, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera e unico membro a non avere votato l’emendamento alla legge di stabilità presentato da Cesare Damiano (Pd) e firmato dal presidente dei capigruppo di maggioranza e opposizione, e approvato poi in maniera bipartisan mercoledì: su trenta componenti complessivi, i quattordici esponenti del Pdl hanno appoggiato il Pd.

    “Mi sono trovato solo”, dice Cazzola, già direttore generale del ministero del Lavoro per tredici anni. Ieri ha ricevuto l’appoggio del capogruppo Fabrizio Cicchitto, il quale spiega che prima della votazione “nessuno ha consultato la presidenza del Pdl” e ritiene “più ragionevole e realistica” la proposta contenuta nell’emendamento Cazzola, ritirato prima della votazione al fine di evitare una sicura bocciatura. Cicchitto ha cercato di parare il colpo, ma, dice Cazzola, “se dovessimo fare un referendum in commissione non so come sarebbe giudicata la mia posizione; vedo nel mio partito uno sbandamento molto diffuso, il fatto che Cicchitto sia stato un punto fermo in qualche modo mi conforta”. Del resto, sotto il governo Berlusconi Cazzola era il referente Pdl per le questioni del lavoro. Ora però in commissione Damiano “fa il bello e il cattivo tempo”, in forza del fatto che il Pd è un “partito strutturato”.  E anche grazie a uno stretto rapporto con il presidente della commissione, Silvano Moffa. “Anche i miei hanno un rapporto saldo con Moffa, anche se non fa più parte del Pdl, ma non è la prima volta che sono isolato”. Il motivo, secondo Cazzola è chiaro: “Ormai c’è questo ‘rompete le righe’ generale che prevale su tutto. Non essendoci più la disciplina di appoggio al governo la logica è ‘non lasciamo il tema al Pd’”. “C’è un sentimento da campagna elettorale, di presa di distanza dal governo, in particolare dal ministro del Lavoro Elsa Fornero, e la consapevolezza che dire sì alla gente sia la politica giusta, penso però che la politica non possa scendere a questo livello”, dice Cazzola difendendo la sua proposta.

    Il Pd vorrebbe aumentare le risorse per il “fondo esodati” (ora 100 milioni) attraverso un’imposta del 3 per cento sui redditi eccedenti i 150 mila euro: il cosiddetto “contributo di solidarietà”, ieri bollato da Confindustria come “iniquo”, mentre il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo ha escluso nuove imposte suggerendo di affrontare diversamente la questione. “Verrebbero introdotte garanzie per un’enorme platea di lavoratori, compresi ferrovieri, marittimi, e pubblico impiego – dice Cazzola riferendosi alla proposta del Pd – con serie difficoltà nel trovare adeguata copertura finanziaria (3 miliardi di euro, ndr). Che poi dev’essere comunque vagliata dalla Ragioneria dello stato, che ha l’ultima parola”. Inoltre “improbabile” che l’incremento dell’imposta sullo 0,4 per cento della popolazione, i “ricchi”, basti a soddisfare i bisogni. Cazzola aggiunge che si è insistito da parte del Pd per “creare nuove norme” introducendo così un “diritto soggettivo”, cioè indicando per legge chi ha il diritto a ricevere la prestazione.

    La proposta di Cazzola, considerata vincente dal governo prima della votazione, è invece più attendista: non chiede di reperire subito denaro tramite un ulteriore aumento della pressione fiscale. “Si vincolano delle risorse per gli esodati e i salvaguardati, quei nove miliardi stanziati sino a oggi, più i 100 milioni per il 2013, ma se ci sono dei risparmi in futuro, e penso ci saranno, verrebbero impiegati per allargare la platea degli esodati secondo modalità e criteri decisi per decreto della presidenza dal Consiglio, solo a quel punto si creerebbe il diritto di andare in pensione senza problemi di copertura”. L’emendamento Cazzola dovrà essere discusso in commissione Bilancio della Camera la prossima settimana insieme a quello di Damiano ma, a prescindere da ciò, Cazzola avanza un dubbio: “E’ proprio vero che chiunque perde il lavoro tra i 50 e i 60 anni non lo troverà più? Penso avvenga nella pluralità dei casi, ma c’è un pregiudizio tutto italiano per cui chi perde il lavoro a quell’età deve solo andare in pensione”.

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.