La mancata fusione Bae-Eads non è un regalo a Finmeccanica

Alberto Brambilla

E' fallito il primo tentativo per la più grande fusione nella storia del settore aerospaziale. Bae Systems, colosso militare britannico, e Eads, società dell'aviazione civile che controlla Airbus, non hanno trovato un accordo a causa delle resistenze dei governi che detengono le quote delle due società. Ma la possibilità di una fusione, e ancora di più il suo naufragio, hanno fatto da “sveglia” ai loro concorrenti.

    Roma. E’ fallito il primo tentativo per la più grande fusione nella storia del settore aerospaziale. Bae Systems, colosso militare britannico, e Eads, società dell’aviazione civile che controlla Airbus, non hanno trovato un accordo a causa delle resistenze dei governi che detengono le quote delle due società. Ma la possibilità di una fusione, e ancora di più il suo naufragio, hanno fatto da “sveglia” ai loro concorrenti. Ieri il ministro della Difesa italiano, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, ha esortato “in primis” il campione nazionale, Finmeccanica, a valutare “in tempi brevi” come muoversi. Altri esponenti del governo, come il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, hanno espresso valutazioni simili. I colloqui tra il governo e la terza azienda della Difesa europea, guidata da Giuseppe Orsi, si terranno il 16 ottobre per discutere le possibili strategie di azione con il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. “Il fallimento riapre dei giochi che sembravano chiusi e dà più tempo all’Italia e a Finmeccanica di valutare le strade possibili dopo una fusione che poteva avere effetti negativi”, dice al Foglio il generale Giuseppe Cucchi, direttore dell’Osservatorio scenari strategici e di sicurezza del centro ricerche bolognese Nomisma.
    La possibile creazione di un colosso europeo da 45 miliardi di euro, in gestazione da tre mesi, è fallita in tre minuti mercoledì sera per via soprattutto delle resistenze tedesche, ma è il segnale che il settore andrà verso un progressivo assestamento, come scriveva ieri il Financial Times. I budget pubblici per la Difesa si ridurranno a causa delle politiche di austerità e la necessità di fare fruttare le economie di scala costringerà gli operatori a cercare delle sinergie tramite nuove fusioni.

    “Il settore europeo dovrà prepararsi nei  prossimi anni a un sicuro consolidamento”, dice al Foglio Zafar Khan, analista di Aerospazio e Difesa per Société Générale. “Finmeccanica dovrà pensare a come potrà fare parte di questo processo”. Un partner possibile è la francese Thales per via di simmetrie di prodotto, in particolare nei dispositivi elettronici per tecnologie militari, e per una simile partecipazione statale nelle quote azionarie (rispettivamente del 27 per cento lo stato francese e del 30 il ministero dell’Economia italiano). “Il problema – aggiunge Khan – è che sono a due differenti livelli di razionalizzazione del business e hanno situazioni di bilancio differenti, per cui Thales è almeno due anni avanti a Finmeccanica in termini di riorganizzazione della società”. E’ infatti in questo momento che Finmeccanica sta decidendo se e come vendere il comparto civile, in particolare Ansaldo Energia, Ansaldo Sts e Ansaldo Breda, per dedicarsi al settore considerato strategico della Difesa.  Operazioni che serviranno soprattutto a rientrare da un debito da 4,6 miliardi (problema che non tocca il concorrente francese che è tornato a fare utili). “Se fossi Thales – nota Khan – probabilmente aspetterei che Finmeccanica sistemi queste problematiche prima di essere interessato a qualsiasi accordo”. E non c’è “nessuna urgenza di farlo per nessuno”, nota l’analista.

    Una volta assicurata la posizione finanziaria, secondo Andrea Gilli, fellow allo European Union Institute for Security studies di Parigi, Finmeccanica potrebbe esplorare anche la via americana. Possibile che punti verso la Northrop Grumman. Gilli osserva che questo “presenterebbe molti vantaggi economici, ma gli ostacoli politici sarebbero analoghi a quelli che hanno fatto saltare l’operazione Bae-Eads. L’alternativa consiste nell’anteporre la logica industriale a quella politica, e quindi cedere la leadership industriale di Finmeccanica durante l’espansione estera. Le conseguenze però – dice Gilli – potrebbero essere, anche in questo caso, dirompenti”.               

    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.