Una sindrome chiamata Günter Grass

Giulio Meotti

 

“Günter Grass è ossessionato dagli ebrei e da Israele come lo sono la maggioranza dei tedeschi”. Henryk Broder non sminuisce l’ultima poesia del premio Nobel per la Letteratura, come invece hanno fatto i diplomatici israeliani (Gerusalemme ha dichiarato che, purtroppo per Grass, “lui non è Schiller o Rilke”). In una nuova raccolta di poesie, “Effimeri”, Grass è tornato a demonizzare Israele come minaccia alla pace mondiale e a elogiare il tecnico israeliano che ha rivelato al mondo i programmi nucleari di Gerusalemme, Mordechai Vanunu, indicato da Grass come “un eroe dei nostri tempi” e un “esempio”.

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    Roma. “Günter Grass è ossessionato dagli ebrei e da Israele come lo sono la maggioranza dei tedeschi”. Henryk Broder non sminuisce l’ultima poesia del premio Nobel per la Letteratura, come invece hanno fatto i diplomatici israeliani (Gerusalemme ha dichiarato che, purtroppo per Grass, “lui non è Schiller o Rilke”). In una nuova raccolta di poesie, “Effimeri”, Grass è tornato a demonizzare Israele come minaccia alla pace mondiale e a elogiare il tecnico israeliano che ha rivelato al mondo i programmi nucleari di Gerusalemme, Mordechai Vanunu, indicato da Grass come “un eroe dei nostri tempi” e un “esempio”. Ebreo polacco di sessantasei anni naturalizzato tedesco da genitori sopravvissuti al lager nazista, corrosivo editorialista della Welt, autore di decine di libri e fra gli intellettuali più apprezzati d’Europa, Broder ritiene che l’odio di Grass per Israele riveli molto di più della decadenza dell’intellettuale nobile della sinistra tedesca, che con i suoi baffoni e le sopracciglia arruffate ha incarnato per cinquant’anni l’immagine del “vecchio leone di Danzica” e della “coscienza dolente della Germania”.

    I tedeschi soffrono di una specie di lavacro compulsivo”, ci dice Broder. “Grass è un buon esempio di due elementi che hanno prodotto un tipo nuovo: il senso di colpa e la vergogna”. Editor di Achse des Guten e già reporter dello Spiegel, Broder legge il caso Grass come la cartina di tornasole della “malattia tedesca”. “La famosa ‘relazione speciale’ fra Israele e Germania si basa sul fatto che la Germania ha ucciso sei milioni di ebrei, nient’altro”, ci dice Broder. “E’ una sindrome, Berlino vende sottomarini a Israele ma alle sue condizioni, sostiene l’Iran che vuole distruggere Israele, così come in passato ha venduto armi di distruzione di massa all’Iraq ma anche le maschere antigas a Israele. Così, il ricordo dell’Olocausto è diventata una scusa per non avere a che fare con il potenziale secondo Olocausto in medio oriente”.

    Molti i riferimenti di Broder, fra cui il recente paragone fatto dal capo della Spd, Sigmar Gabriel, fra Israele e il Sudafrica dell’apartheid. Un anno fa Grass fu intervistato dal giornalista israeliano Tom Segev. Lo scrittore disse: “L’Olocausto non è stato l’unico crimine. Di otto milioni di soldati tedeschi che sono stati catturati dai russi, due milioni sono sopravvissuti e gli altri sono stati liquidati”. Dice Broder: “Il contesto è irrilevante, per Grass conta il numero, sei milioni, il numero tedesco fortunato. Sei milioni di ebrei morti da una parte, sei milioni di prigionieri tedeschi morti dall’altra, fa zero”. In un’intervista allo Spiegel, Grass ha detto di avere una soluzione al conflitto mediorientale: “Israele deve lasciare non solo i territori occupati, anche l’occupazione della terra palestinese è un atto criminale”.
    “Significa Haifa, Tel Aviv e Ashkelon”, ci dice Broder. “Non credo che Grass volesse fare l’endorsement di Hamas, ma come spiegarlo se non con il desiderio di tornare allo status quo di prima della creazione di Israele? Come Grass, i tedeschi sono antifascisti e amici della pace e non mancano una giornata della memoria a Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Non parlo di tutti i tedeschi, ma delle chattering classes bianche e pacifiste. Del cancelliere Gerhard Schröder che chiede una giornata della memoria. A partire dal ’68, la vecchia Repubblica federale tedesca ha scoperto l’Olocausto: ‘Guardate, abbiamo imparato la lezione dalla storia, a differenza degli americani e degli ebrei che sono rimasti guerrafondai, mentre i bravi tedeschi sono sulla giusta strada della pace’”.

    Nel suo ultimo libro, “Vergesst Auschwitz!”, Broder attacca la cultura della memoria. “In Germana ci sono 120 memoriali dell’Olocausto e un viaggio scolastico nel più vicino campo di concentramento fa ormai parte del repertorio. All’anniversario del museo dell’Olocausto a Berlino lo storico Eberhard Jäckel ha detto: ‘Nazioni ci invidiano questo memoriale’. Mi sarebbe venuta voglia di andare fuori e gridare al cielo: ‘Che fortunati sono stati i miei genitori che hanno potuto contribuirvi’. Per i tedeschi come Grass la redenzione passa attraverso la colpa. Il comune di Francoforte ha appena premiato Judith Butler, un’ebrea antisionista, c’è un candidato migliore? Gli ebrei morti sono gli ebrei preferiti dalla Germania, non inferiscono con i riti della memoria a differenza di quei cocciuti israeliani che si rifiutano di scomparire dalle pagine della storia. Trovo assurdo che ogni anno migliaia di studenti siano portati ad Auschwitz, dovrebbero imparare perché gli ebrei hanno diritto a un loro stato. Visto che hanno dimenticato di farlo settant’anni fa, io bombarderei oggi Auschwitz. Dimenticate Auschwitz, pensate a Israele”.

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    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.