Il Prof stia attento a non diventare leader usa e getta

Monti e i parassiti a caccia di voti che vorrebbero usarlo

Giuliano Ferrara

Mario Monti farà bene a guardarsi dai parassiti. In politica è come in microbiologia. I parassiti sono pa­togeni, ti fanno ammalare. Dirsi grati a Mon­ti, perché ha fatto anche molti errori, ma ha dato una mano al suo Paese in un momento complicatissimo, è buona e onorevole cosa, secondo me. Tuttavia Monti non è un angelo custode della nazione né pretende di esserlo, perché è un uomo  intelligente, ironico, consa­pevole, dotato di senso del limi­te.

    Pubblichiamo l'articolo del direttore apparso sul Giornale di ieri

    Mario Monti farà bene a guardarsi dai parassiti. In politica è come in microbiologia. I parassiti sono pa­togeni, ti fanno ammalare. Dirsi grati a Mon­ti, perché ha fatto anche molti errori, ma ha dato una mano al suo Paese in un momento complicatissimo, è buona e onorevole cosa, secondo me. Tuttavia Monti non è un angelo custode della nazione né pretende di esserlo, perché è un uomo  intelligente, ironico, consa­pevole, dotato di senso del limi­te. Monti è un animale politico impuro, come siamo tutti, è un campione del potere accademi­co e intellettuale e finanziario e burocratico fattosi uomo di Sta­to in circostanze d’emergenza e per decisione dall’alto. La sua personalità asciutta, eticamen­te inattaccabile, non ne fa una fi­gura angelicata, è il primo a sa­pere che alla sua parabola pub­blica manca il crisma decisivo che François Mitterrand chia­mava onction démocratique, l’unzione democratica ovvero la benedizione elettorale di un delega che incarni la sovranità popolare. Berlusconi e Prodi, unici a vincere le elezioni mag­gioritarie dalla fine della prima Repubblica a oggi, possono ave­re molte responsabilità nella de­riva del Paese, ma in questo ov­viamente gli sono superiori. Monti lo sa.

    Alla insistente do­manda sulla sua disponibilità a ripetere l’esperimento tecno­cratico dopo la primavera del 2013, quando la legislatura sarà rinnovata con le elezioni politi­che, ha sempre risposto che di una nuova supplenza non ci do­vrebbe essere bisogno, perché lui non si candida alle elezioni e il Paese saprà trovare una solu­zione che esprima le decisioni del popolo nel voto. Impeccabi­le. Poi ha creduto opportuno, di fronte a una platea di mercato fi­nanziario e industriale, all’este­ro, sbarazzarsi in altro modo della solita insistente domanda sul 2013 e la continuità del­l’agenda programmatica Mon­ti, che interessa e incuriosisce gli ambienti economici e finan­ziari internazionali: bé, ha det­to in sostanza, se si determinas­sero certe singolari circostan­ze, e i partiti me lo chiedessero, non mi tirerei indietro. Impec­cabile anche questo, perché ov­vio: se non ci sia una maggioran­za e un nuovo premier con la sua squadra pronto a rilevare i tecnici, a parte il contributo che in molti altri modi Monti può da­re ( magari come garante genera­le del sistema nella funzione di presidente della Repubblica), non avrebbe senso che lascias­se il campo, e chi s’è visto s’è vi­sto, è naturale che il premier in carica debba cercare una mag­gioranza di unità nazionale in­torno al suo nome, se richiesto di farlo. Ma i parassiti si annidano nel­l’ovvio. E con la loro banale avi­dità di consenso, ricercato sen­za faticare, senza spendersi per guadagnare la vittoria in pro­prio con una leadership e con programmi seri, si annidano nell’organismo sano di Monti e tendono a inquinarlo, a farne quel che non è, a trasformarlo in una figurina di leader moderato buono per tutti gli usi e per tutte le circostanze politiche, un pic­colo idolo centrista. Ma è assur­do, è un atto di pigrizia e di vani­tà e velleità politica, è una logi­ca rinunciataria e ristretta, per non dire meschina, ed è contra­rio sia all’interesse del paese sia a quello di Monti e della compa­gine di governo in carica dal no­vembre scorso.

    La forza di questo primo mini­stro inventato con fantasia in un momento critico estrema­mente pericoloso è nella sua ati­picità. Nelle idee e nei compor­tamenti, l’ex rettore dell’univer­sità Bocconi è sempre stato at­tento a non farsi mettere altre ipoteche che non siano quelle del mondo da cui proviene, ac­cademia, banche, industria e grandi giornali. Ha avuto successo politico ed è riuscito a incollare i pezzi rotti di una maggioranza impossibi­le, quella che rilevò un anno fa i vincitori delle ultime elezioni ormai alla deriva insieme con una opposizione incapace di al­ternativa, proprio perché aveva saputo mantenere queste di­stanze chiare da tutto e da tutti, senza perdere il carattere di grande notabile della Repubbli­ca, di riserva del sistema, e sen­za affondare nei facilismi del­l’antipolitica, anzi, consideran­dosi il successore di Berlusconi in carica per il governo a termi­ne di un’emergenza nazionale. Sarebbe suicida per lui e per la sua esperienza farsi ipoteca­re adesso, e malamente, da gruppi e partiti che hanno biso­gno di copertura politico- istitu­zionale e di voti. Si guadagnino i consensi per governare allo sco­perto, piuttosto, e cerchino di essere persuasivi e responsabili in proprio. Che i partiti facciano i conti con Monti e si pongano il proble­ma di utilizzare il suo nome e la sua opera come una risorsa è comprensibile e giusto, ma che agitino Monti come una bandie­ra di partito (l’ultimo ad averlo fatto e nel modo più grossolano è Gianfranco Fini) è grottesco.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.