Le domande stupide

Giuliano Ferrara

La politica italiana è appesa all’ovvio, al già detto, al banale. Domandano di continuo a Mario Monti, presidente del Consiglio e senatore a vita, se non intenda per caso candidarsi alle elezioni. E’ una domanda stupida nella sua ripetitività, perché tutti sanno quale sarà la risposta, e la risposta si nutre di ragioni molto serie, visto che Monti è Monti, cioè un Grand Commis de l’Etat buono per il governo di una grande emergenza in circostanze eccezionali.

    La politica italiana è appesa all’ovvio, al già detto, al banale. Domandano di continuo a Mario Monti, presidente del Consiglio e senatore a vita, se non intenda per caso candidarsi alle elezioni. E’ una domanda stupida nella sua ripetitività, perché tutti sanno quale sarà la risposta, e la risposta si nutre di ragioni molto serie, visto che Monti è Monti, cioè un Grand Commis de l’Etat buono per il governo di una grande emergenza in circostanze eccezionali, e lo è proprio perché non è eletto e non è mai stato eletto, anzi è il campione di una posizione culturale e civile e politica di tipo arbitrale, terza, tecnocratica, che si legittima in quanto è fuori dalla logica delle appartenenze o delle fazioni. Alla quattrocentomillesima domanda stupida, Monti è costretto a dare una risposta ovvia. Ma se non ci fosse dopo le elezioni una maggioranza di governo possibile, e se il capo dello stato le chiedesse di tornare a Palazzo Chigi, lei ci tornerebbe? E che cosa avrebbe dovuto rispondere, Monti? No, me ne andrei in convento dai cappuccini oppure al Moulin Rouge a vedere le ballerine che si spogliano, e chissenefrega delle sorti della Repubblica: ecco una risposta che il Grand Commis e presidente del Consiglio in carica e senatore a vita molto probabilmente non poteva dare. Ci vuole molto a capirlo? Invece fioccano i titoli e le interpretazioni che infantilizzano la discussione e l’analisi politica: ecco che Monti ci ripensa, a certe condizioni ci starebbe a fare il bis.

    Le elezioni prossime spaventano e stordiscono, fino a questi esempi di inebetimento, perché non si vedono leadership e programmi e scelte istituzionali all’altezza della crisi economica, sociale, politica e morale del paese. Di qui domande stupide e risposte obbligatoriamente istupidite nell’ovvio. Ci si inventano soluzioni abborracciate, oggi un nuovo partito cattolico che non esiste nemmeno nella mente dei vescovi, domani una congregazione di personalità un po’ fatue con vocazione da outsider liberali, poi ci sono le candidature di Vendola che vuole un marito e un figlio e di Di Pietro che nel Lazio fioriva con Fiorito e di Grillo che ha a che fare con il guru del Casaleggio e sempre con Fiorito baccagliava contro gli inceneritori di Anagni. Le uniche cose serie sarebbero la sfida generazionale tra Bersani e Renzi, a meno che la discussione sulle regole delle primarie non travolga la vicenda nel grottesco, e il tentativo dei berluscones di sopravvivere alla disfatta strategica in nome di un’Italia che di un centrodestra competitivo avrebbe pur bisogno, ma anche qui non sembra di poter dire, con tutta la buona volontà, che sia arrivato il momento delle idee chiare, stabili, forti. Il Monti bis non ci sarà, perché il governo lo fa chi vince le elezioni, a occhio e croce. Monti andrà al Quirinale se non siamo stolidamente suicidi. Un luogo dove non gli potranno più domandare se voglia tornare a Palazzo Chigi in caso di emergenza. Si spera.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.