La spy story anglo-russa finisce con Putin che si mangia Bp

Luigi De Biase

Dopo anni di intrighi da spy story, gli uomini della Bp sembrano pronti a un grande accordo con il presidente russo, Vladimir Putin. I dettagli del patto sono stati discussi nel fine settimana a Sochi, nella villa che Putin usa per gli incontri con i capi di stato stranieri: secondo le indiscrezioni arrivate ai quotidiani di Londra, Bp avrà ancora affari di cui occuparsi a Mosca, ma un uomo scelto dal Cremlino potrebbe sedere presto nel board della società. Sarebbe la prima volta nella storia della compagnia.
Bp ha avuto poca fortuna in Russia negli ultimi anni e la riunione di Sochi ha l’aria della svolta, anche se il prezzo potrebbe essere elevato.

    Roma. Dopo anni di intrighi da spy story, gli uomini della Bp sembrano pronti a un grande accordo con il presidente russo, Vladimir Putin. I dettagli del patto sono stati discussi nel fine settimana a Sochi, nella villa che Putin usa per gli incontri con i capi di stato stranieri: secondo le indiscrezioni arrivate ai quotidiani di Londra, Bp avrà ancora affari di cui occuparsi a Mosca, ma un uomo scelto dal Cremlino potrebbe sedere presto nel board della società. Sarebbe la prima volta nella storia della compagnia.

    Bp ha avuto poca fortuna in Russia negli ultimi anni e la riunione di Sochi ha l’aria della svolta, anche se il prezzo potrebbe essere elevato. I britannici fanno parte di Tnk-Bp, un consorzio con tre milionari russi che gestisce grandi riserve di petrolio ed è bloccato da dispute legali e guai d’ambasciate. Le lotte al vertice sono diventate spesso crisi diplomatiche, come quando il rappresentante di Bp, un americano di nome Robert Dudley, è fuggito da Mosca nel cuore della notte e ha dichiarato di essere un perseguitato politico. Neppure la nomina dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder nel consiglio di amministrazione è servita a risolvere i problemi. Oggi Dudley non è soltanto il capo delle operazioni in Russia, ma è il numero uno di Bp: c’era lui sabato di fronte a Putin e al suo consigliere Igor Sechin, già ministro del Petrolio e presidente di Rosneft, la grande compagnia russa del petrolio.

    Non è solo una questione di soldi
    Il manager americano è deciso a vendere le quote del consorzio e i russi hanno tutta l’aria di volerle acquistare, il pacchetto vale 10 miliardi di dollari, la stessa cifra che Rosneft ha raccolto negli ultimi mesi grazie al sostegno di alcune banche senza fornire dettagli sulle ragioni del prestito. In questo modo Dudley conta di mettere insieme risorse fresche e di togliere qualche pensiero agli uffici legali. Ma la nuova intesa con Mosca non si ferma qui: secondo le informazioni che arrivano dalla City, i russi avrebbero ottenuto il diritto di nominare un loro uomo nel consiglio di Bp, un evento che pochi avrebbero potuto immaginare 104 anni fa, quando la compagnia è nata e i britannici sfidavano l’influenza del Cremlino nelle terre d’oriente. Il candidato non ha ancora un nome e un volto, ma è sicuro che sarà un fedelissimo di Putin e di Sechin – se non addirittura Sechin in persona.
    Che cosa spinge Bp verso il patto con il Cremlino? Al primo posto ci sono i soldi. La società britannica attraversa un periodo di crisi economica cominciato con il disastro della Deepwater Horizon, la piattaforma andata a fuoco due anni fa nel golfo del Messico. L’incidente è finito presto in cima alle classifiche sulle sciagure da petrolio: undici persone sono morte, altre diciassette sono rimaste ferite, quasi cinque miliardi di barili sono finiti in mare e hanno raggiunto le coste della Louisiana. I tecnici di Bp hanno impiegato 87 giorni per tappare la falla che si è aperta sul fondo dell’oceano, mentre i vertici della società hanno affrontato per mesi le pressioni e le minacce del governo americano. A Washington non sono bastate nemmeno le rassicurazioni dell’Università del Texas, secondo la quale i batteri presenti nelle acque del golfo avrebbero divorato 200 mila tonnellate di petrolio: la richiesta di risarcimento avanzata dal dipartimento di Giustizia sarà discussa a gennaio, gli analisti dicono che Dudley e soci dovranno sborsare una cifra che oscilla fra i 20 e i 40 miliardi di dollari, ma il prezzo del disastro potrebbe essere molto più elevato se i giudici accerteranno “gravi negligenze” nelle azioni di Bp. Si tratta di numeri enormi anche per i bilanci di una multinazionale del petrolio, e la scadenza di gennaio non gioca certo a favore dei britannici.

    Per rispondere all’emergenza, Dudley ha messo in vendita alcuni fra gli asset più pregiati della compagnia: all’inizio di settembre ha annunciato il passaggio di cinque giacimenti nel golfo del Messico alla società americana Plains Exploration & Productions, mentre ieri ha confermato le trattative con Marathon Petroleum per la raffineria di Texas City (è lo stesso impianto colpito da un’esplosione nel 2005, con 15 morti e 170 feriti). Le due operazioni porteranno almeno 8 miliardi nelle casse di Bp. Il resto, sperano a Londra, dovrebbe arrivare dal mercato russo.

    Ma il denaro non è tutto. Nonostante i problemi con il Cremlino, la Russia resta un paese decisivo nelle strategia delle major e questo vale anche per Bp. Dudley sta abbandonando gli investimenti che sono poco produttivi nel breve termine (Tnk-Bp rientra in questa categoria) per dedicarsi ad affari più rischiosi e più vantaggiosi, come le esplorazioni nell’artico: da questo punto di vista, nessun territorio è più promettente della Russia, il primo produttore al mondo di idrocarburi. Eni, Exxon Mobil, e Statoil hanno già raggiunto intese con il Cremlino per esplorare settori di Siberia e di mar Nero che non sono ancora sfruttati. Questi accordi sono stati possibili grazie anche alle aperture fiscali concesse dal governo russo la scorsa primavera, quando Putin è tornato al Cremlino. E’ del tutto normale che Bp cerchi di colmare il ritardo, ma per farlo non ha altra scelta che un patto come quello uscito da Sochi.

    L’alternativa per risolvere i problemi con Mosca e rilanciare la partnership ci sarebbe, dice il DealBook del New York Times: acquistare adesso le quote che mancano per avere il controllo su Tnk-Bp, ma non è chiaro se Dudley e soci si possano permettere un investimento simile.
    Il destino di Bp corre fra l’incidente nel golfo del Messico e l’ultimo vertice nella villa di Sochi. Dopo il disastro della Deepwater Horizon, l’ex presidente russo Dmitri Medvedev disse che il mondo avrebbe dovuto sopportare la fine di Bp. Pare che Putin voglia concedere una seconda possibilità alla compagnia britannica. A patto di prendersene un pezzo.