Così i liberali si sono ripresi l'eredità di Fortuyn

Giulio Meotti

Frits Bolkestein, padre nobile dei liberali d’Olanda, l’ex eurocommissario per il quale Geert Wilders scriveva discorsi, lo scorso aprile aveva predetto la caduta del “Mozart” biondo: “Il suo partito farà la fine di quello di Pim Fortuyn”. La lista Pvv di Wilders è uscita a pezzi dalle urne, dopo il successo clamoroso del 2010. “Gli elettori hanno parlato, abbiamo perso”, ha detto Wilders. “Ma continueremo a batterci perché l’Olanda non diventi una provincia del superstato europeo e dell’immigrazione di massa”.

    Roma. Frits Bolkestein, padre nobile dei liberali d’Olanda, l’ex eurocommissario per il quale Geert Wilders scriveva discorsi, lo scorso aprile aveva predetto la caduta del “Mozart” biondo: “Il suo partito farà la fine di quello di Pim Fortuyn”. La lista Pvv di Wilders è uscita a pezzi dalle urne, dopo il successo clamoroso del 2010. “Gli elettori hanno parlato, abbiamo perso”, ha detto Wilders. “Ma continueremo a batterci perché l’Olanda non diventi una provincia del superstato europeo e dell’immigrazione di massa”.
    Si conferma una regola in vigore da un decennio per i populisti d’Olanda: il ritorno di voti e carismi all’ovile liberale, che da quarant’anni è diviso fra un’ala elitaria e una di destra più dura, da cui proviene proprio Wilders. Sono i liberali, usciti vincitori alle urne e guidati dal giovane Mark Rutte, ad aver raccolto l’eredità di Fortuyn. Non si contano casi come quello di Hero Brinkman, storico braccio destro di Wilders, che è uscito dal partito populista per tornare in quello liberale. Afhsin Ellian, commentatore olandese di origini iraniane e celebre giurista a Leiden, dice che il problema di Wilders è lo stesso che avevano gli eredi di Fortuyn: “Vogliono il teatro senza il lavoro sporco”, la leadership senza dover fare compromessi.

    Una parabola identica a quella del partito di Fortuyn, il celebre intellettuale omosessuale che fece della critica all’islam e al multiculturalismo una bandiera politica, per questo assassinato nel 2002 da un militante ambientalista. La lista Fortuyn fece furore alle urne, come quella di Wilders, e si impose come il terzo partito nel paese e l’asso decisivo del governo. Poi i dirigenti del partito Lpf di Fortuyn sono riusciti a dilapidare tutto, con una perdita di un milione di voti. Come è successo nel caso di Wilders, la lista Fortuyn costrinse alle dimissioni il governo olandese guidato allora dal democristiano Jan Peter Balkenende.
    Ai liberali apparteneva, prima di lasciare l’Olanda, Ayaan Hirsi Ali, l’ex parlamentare di origine somala, collaboratrice del regista ucciso Theo van Gogh e “bestia nera” del multiculturalismo dei Paesi Bassi. Nel clima di isteria e paura dopo l’assassinio di Van Gogh fu la liberale Neelie Kroes, una donna forte, austera e determinata, a lanciare petizioni a favore della libertà di parola sotto minaccia terroristica. Per non parlare di Rita “di ferro” Verdonk, l’ex ministro dell’Integrazione che sembrava il personaggio chiave della politica olandese, anche lei liberale, anche lei fuoriuscita per mettersi a capo di un nuovo partito populista e stroncata alle urne. Alla Verdonk si deve l’idea di mettere al bando il burqa, poi messo in pratica dall’esecutivo liberale di Rutte.

    E proprio Rutte, nel primo faccia a faccia con l’altro vincitore delle elezioni, il laburista Diederik Samsom, ha rivendicato l’eredità di Fortuyn dicendo che “il multiculturalismo ha fallito”. Parole che fino a pochi anni fa soltanto i populisti osavano pronunciare. “Negli anni Ottanta e Novanta non ci era permesso dire che gli immigrati erano in testa ai disoccupati e ai criminali”, ha continuato Rutte. “In America si dice che se vieni da fuori e dài un contributo puoi diventare presidente, ma se non contribuisci te ne devi andare”.
    Wilders ha subito accusato il leader liberale di aver copiato a man bassa dal suo celebre repertorio. Persino l’ex ministro dell’Interno, il cristiano-democratico Piet Donner, uno che aveva addirittura aperto all’introduzione della sharia nella legge olandese, ha detto: “Il governo condivide la disaffezione sociale nei confronti del modello sociale del multiculturalismo e intende rimettere al centro i valori del popolo olandese. Nel nuovo sistema di integrazione, i valori della società olandese giocano un ruolo centrale. Con questo cambiamento, il governo si lascia alle spalle il modello di una società multiculturale”.

    Sono stati i liberali di Rutte a mettere in pratica le idee di Fortuyn, come l’apprendimento della lingua per gli immigrati per porre fine alla loro ghettizzazione culturale, la revisione dei sussidi concessi agli immigrati musulmani, il varo delle norme contro il fenomeno dei matrimoni forzati nelle comunità asiatiche e la messa al bando del burqa, uno dei simboli della sottomissione della donna nell’islam.
    Da dieci anni l’Olanda si interroga: chi raccoglierà l’eredità di Fortuyn? Sono i liberali con il loro “modello danese”, pragmatico e non ideologico, tradotto in “più integrazione e meno ingressi”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.