A domanda risponde. Bravo

Giuliano Ferrara

Intanto lo stile. La risposta è arrivata subito. Ezio Mauro, direttore di Repubblica, è stato veloce, diretto, dignitoso e tranquillo. Non si è nascosto dietro un dito, non ha fatto il furbo, non è stato ipocrita. Il suo giornale è da sempre politicamente blindato. E’ la filosofia di tutto il gruppo Espresso, un giornale-partito (lo dico senza considerarlo affatto un insulto) o se volete un giornale-tribuna. Nulla sfugge né in fatto di contenuti né in tecnica dell’impaginazione. Gli articoli che si pubblicano sono in linea o non sono.

Leggi I diti intrecciati di Zagrebelsky di Giuliano Ferrara - Leggi Caro Mauro, con chi stai? di Giuliano Ferrara - Leggi La domanda a cui Ezio Mauro deve rispondere

    Intanto lo stile. La risposta è arrivata subito. Ezio Mauro, direttore di Repubblica, è stato veloce, diretto, dignitoso e tranquillo. Non si è nascosto dietro un dito, non ha fatto il furbo, non è stato ipocrita. Il suo giornale è da sempre politicamente blindato. E’ la filosofia di tutto il gruppo Espresso, un giornale-partito (lo dico senza considerarlo affatto un insulto) o se volete un giornale-tribuna. Nulla sfugge né in fatto di contenuti né in tecnica dell’impaginazione. Gli articoli che si pubblicano sono in linea o non sono. Si promuovono idee e star mediatiche al servizio di una causa comune. Di regola, sono ammesse solo le sfumature, qualche arzigogolo, al massimo e raramente una piccola deviazione nelle pagine di cultura, in nome dello spirito critico. Neanche la procedura dello scrittore corsaro, come il Pasolini del Corriere di Piero Ottone, che voleva abolire la scuola dell’obbligo, andava contro l’aborto eccetera, è mai stato di casa negli anni della fondazione con Eugenio Scalfari e nei diciassette anni di direzione Mauro. Di fronte a un vero casino interno, con la banda triste dei neopuritani al Barolo scatenata in soccorso delle mene politiche dei pm di Palermo, e dunque all’attacco di Giorgio Napolitano con le firme e le agende rosse di Borsellino e il popolo del web e altre bellurie, e un vecchio Scalfari che li rimbrotta gagliardo, li provoca e li attacca con argomenti forti, loro, i loro appelli contro l’Intimidatore del Quirinale e il loro giornale fiancheggiatore, il Fatto di Antonio Padellaro e Marco Travaglio, Roma locuta. Era la prima volta, nemmeno ai tempi del rapimento Moro si era prodotta una simile divisione interna, una così chiara dissociazione di culture, una così caustica guerra di firme e di individualità.

    Bene, oltre a un Fondatore, Repubblica ha dimostrato di avere un direttore capace di rispondere civilmente e seriamente a noi e naturalmente agli altri suoi lettori. Il testo pubblicato ieri da Mauro non è ambiguo, perché nella sostanza politica si disloca sul fronte di Napolitano, di Scalfari e di Violante (noi facevamo da battistrada su quella linea da molto tempo). Mauro non rinuncia a un argomento non già peloso, ma parecchio strumentale e anche logoro: tutto dipende da Berlusconi, populismo politico chiama populismo giudiziario, chiama demagogia politica a sinistra, radicalizza e porta pezzi di sinistra fuori del seminato istituzionale, rende aggressiva l’ala marciante dell’antiberlusconismo, e nell’aggressione non si capisce più niente, si vira verso il qualunquismo e un linguaggio che non fa differenze, portando acqua al mulino della destra con argomentazioni schiettamente di destra, bella gara. Della quale da diciassette anni qui da noi si fa la cronaca sportiva.

    Non è che ora qui ci si voglia improvvisare difensori del Fatto e dell’intruppamento intorno ai cachinni, alle diffamazioni, allo spirito manettario e delatorio con cui in media gli scrittori di quel giornale, con eccezioni, si cimentano ogni giorno che Dio manda in terra. Ma va pur detto che il Borghese, evocato da Mauro per anatemizzare il concorrente giustizialista di Repubblica, era un giornale, dico quello classico, di genuina opposizione, di genuina destra longanesiana, di cultura e propaganda magari un po’ stracciona ma vitale, il che comprende anche parte del montanellismo più combattivo, salvo la prosa spesso eccelsa da novelliere e da corsivista novecentesco del principe di Fucecchio. E poi, su, è chiaro che le porte degli inferi, o l’ambiente in cui sguazzano tesi e accuse degli infimi, sono state aperte da Mauro, e se proprio vogliamo sottilizzare anche da Scalfari. Il senso comune forcaiolo e moralista, nel significato arcigno e non nobile della parola, nasce in certe inchieste e commenti del giornalone maggiore, del fratello più grande che ora si è rotto le palle. Ma non si può pretendere troppo, specie quando ci si batte copia per copia e si ha una idea conformista di ciò che è l’opinione pubblica nel suo rapporto con i giornali e la classe dirigente. Intanto ha risposto con intelligenza a un fatto nuovo.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.