La salute e l'acciaio

Ministri, sindacati, ultras Attorno all'Ilva ecco la città divisa e immobile

Luigi De Biase

Le camionette dei carabinieri hanno diviso Taranto in due per tutta la giornata, da una parte la città vecchia e le ciminiere del polo industriale, dall’altra i viali del centro con i palazzi del governo. A dividere i tarantini ci avevano già pensato i fatti: in centro il presidio di quelli che l’Ilva la vogliono chiusa, davanti alla fabbrica, quasi intimiditi dalla città, i sindacati. E nemmeno tutti, le bandiere della Fiom non si sono viste. Una città a metà. Le camionette hanno bloccato il ponte mobile da mattina a sera, sino al termine del vertice fra le autorità locali e i due ministri arrivati da Roma per discutere il futuro dell’Ilva.

    Taranto. Le camionette dei carabinieri hanno diviso Taranto in due per tutta la giornata, da una parte la città vecchia e le ciminiere del polo industriale, dall’altra i viali del centro con i palazzi del governo. A dividere i tarantini ci avevano già pensato i fatti: in centro il presidio di quelli che l’Ilva la vogliono chiusa, davanti alla fabbrica, quasi intimiditi dalla città, i sindacati. E nemmeno tutti, le bandiere della Fiom non si sono viste. Una città a metà. Le camionette hanno bloccato il ponte mobile da mattina a sera, sino al termine del vertice fra le autorità locali e i due ministri arrivati da Roma per discutere il futuro dell’Ilva. Sono rimaste chiuse le vie d’accesso alla piazza della prefettura, dove il responsabile delle Attività produttive, Corrado Passera, e quello dell’Ambiente, Corrado Clini, hanno incontrato i rappresentanti dell’azienda, alcuni amministratori pugliesi e i sindacati. Fuori dalla zona rossa, una bolla larga cinquecento metri protetta soltanto da transenne e militari in abiti leggeri, duemila persone portavano avanti una protesta tosta ma pacifica contro l’Ilva e il governo.

    Come Taranto, anche le istituzioni restano divise in due. La procura denuncia un disastro ambientale e si muove per chiudere l’Ilva, il governo cerca di risolvere il problema dell’inquinamento senza compromettere la produzione. Le notizie arrivate in serata dal palazzo della prefettura possono quietare lo scontro, ma non l’hanno ancora fermato. Il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ha annunciato l’impegno di investire 146 milioni per recuperare la zona del porto: novanta sono già finanziati, 46 dovrebbero arrivare presto (“Non abbiamo mai distribuito dividendi fra i soci, ma abbiamo investito per l’efficienza e l’ambiente”, ha ribadito Ferrante). Clini, dal canto suo, ha fatto sapere che una nuova autorizzazione a tenere aperti gli stabilimenti, tarata su regole più severe, partirà entro il 30 settembre. Secondo il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, il governo rinuncerà al ricorso contro i provvedimenti della magistratura (“E’ una prova di saggezza”, ha detto Vendola). La produzione resta al minimo negli stabilimenti, la maggior parte degli operai è in strada a protestare ma i sindacati hanno un ruolo piuttosto marginale nel caso dell’Ilva.

    Ieri il centro di Taranto era occupato da duemila persone, un gruppo folto per un venerdì d’agosto. Il comitato si chiama Liberi e pensanti, è lo stesso che, il 2 agosto, ha bloccato la manifestazione dei sindacati e ha messo in fuga i leader di Cisl e Uil. Loro chiedono che l’Ilva sia chiusa immediatamente, fischiano il ministro Clini e riservano applausi e coccole ai magistrati, in particolare a Patrizia Todisco, il gip che tiene sulla scrivania il fascicolo del caso. Prima li hanno chiamati Cobas, poi alcuni quotidiani li hanno inclusi nella grande categoria degli ambientalisti, in realtà nessuna definizione calza perfettamente. Sul palco che hanno allestito ieri c’erano bandiere dei pirati e della squadra di calcio cittadina; dagli autoparlanti usciva musica dei Cccp, un gruppo punk degli anni Ottanta venerato dai giovani dei centri sociali; decine di giovani con le pettorine sportive assicuravano la sicurezza, gente con le braccia robuste e tatuate e le sopracciglia in ordine, ma in piazza c’erano anche famiglie, bambini e studenti universitari. Dicono che non sono ultras, che non hanno nulla a che fare con il tifo organizzato, ma se la cavano bene con i cori da stadio. Nel corso della mattina hanno preso la parola in molti, dalla pediatra che non vuole più vedere bambini malati all’operaio dell’Ilva che si dichiara “pentito”. Alle dodici sono partiti in corteo sino a lambire il cordone della polizia: nessuno scontro, solo qualche occhiata, all’ora di pranzo erano rimasti in duecento. Gli operai di Cisl e Uil invece erano di fronte all’Ilva con un obiettivo differente: ottenere la tutela del lavoro. Erano un migliaio, hanno bloccato per due ore la statale. Invece non s’è vista neanche una bandiera della Fiom. La segreteria dice che non vuole entrare in questa protesta perché c’è il rischio di essere strumentalizzati in un attacco contro i pm. Ma, per i delegati di Cisl e Uil, la maggior parte dei lavoratori con la tessera della Fiom ieri era in strada a fare i blocchi. Così, i duri rischiano di restare fuori dalla fabbrica.