Una moratoria anche per i maschi

Giuliano Ferrara

Finalmente lo stordimento emotivo e il rigetto razionale della strage delle bambine in Asia “si portano”. La bella formula del giuramento indiano nel nome di Gandhi, le voci dei divi di Bollywood, come notava Anna Meldolesi nel Corriere di ieri, sono un salto di qualità: impegno contro la selezione eugenetica su larga scala, e anche, se Dio vuole, un abito mentale che comincia a diffondersi, una moda. Perfino le Nazioni Unite, che ospitano organismi pro aborto mascherati da tribune della libertà riproduttiva delle donne, hanno ammesso le cifre inaudite dello scandalo denunciate dai pionieri.

Leggi L'ultima bambina

    Finalmente lo stordimento emotivo e il rigetto razionale della strage delle bambine in Asia “si portano”. La bella formula del giuramento indiano nel nome di Gandhi, le voci dei divi di Bollywood, come notava Anna Meldolesi nel Corriere di ieri, sono un salto di qualità: impegno contro la selezione eugenetica su larga scala, e anche, se Dio vuole, un abito mentale che comincia a diffondersi, una moda. Perfino le Nazioni Unite, che ospitano organismi pro aborto mascherati da tribune della libertà riproduttiva delle donne, hanno ammesso le cifre inaudite dello scandalo denunciate dai pionieri: centinaia di milioni di bambine soppresse per sesso, il genocidio orientato alla promozione del sesso maschile e alla negazione di quello femminile, perpetrato con mezzi tecnologici di ricognizione che società e stato mettono a disposizione delle famiglie e del corpo delle donne, prevalentemente in oriente, dove una antica sapienza sterminatrice afferma  che “generare una bambina è come innaffiare il campo di un vicino”. La soglia di tolleranza umanitaria di un simile orrore è travolta dai fatti e dalle stime demografiche sulla progressiva erosione del sesso femminile tramite annichilimento precoce, qualcosa che è moralmente losco e anche socialmente costoso, alla lunga.

    Tuttavia la questione non è umanitaria, e non si risolve con la più che necessaria, più che urgente, denuncia di genere, in nome delle bambine, accollata per di più al primitivismo degli orientali e al presunto totalitarismo delle loro culture. Anche i bambini, i maschi, i portatori di pisellino, vengono generosamente abortiti. Vengono abortiti i sani, e i malati o diversi in sempre maggiore quantità, e questo accade nelle culture democratiche dell’occidente cristiano, nelle società civilizzate che dell’umanitarismo e della lotta contro la pena di morte, con famose richieste di moratoria, hanno fatto una bandiera della menzogna. Le tasse che si pagano al sistema sanitario servono anche a questo: non a dissuadere, non a contrastare, non a scongiurare la pratica universale e per così dire transgender degli aborti e di varie altre forme di maltrattamento della vita umana embrionale, ma a garantire la più immonda e illiberale nozione di libertà, la libertà di negare l’esistenza di un altro da sé. Il divorzio di libertà e vita è, con la pratica dell’antisemitismo come strategia di soluzione finale della questione ebraica, il più arcigno tradimento della lezione liberale moderna, una regressione all’arcaismo maschio dominante travestita da conquista di liberazione della donna e di progresso verso la regolazione universale della condizione umana. Siamo liberi di decidere chi entra e chi no, chi c’è e chi non c’è, e siamo moralmente sordi a qualunque contraddittorio razionale, a qualunque grido di protesta, a qualunque evidenza in contrario. Fatta salva la acquisita non punibilità della decisione abortiva, in termini penali, gli stati non impegnano risorse e politiche pubbliche o interventi legislativi per contrastare il fenomeno; e nelle società democratiche e ricche dell’occidente, crisi o non crisi, è sconsigliabile predicare la morale privata o l’etica pubblica secondo cui il frutto di un rapporto d’amore è un intangibile, unico e irripetibile mistero biologico e storico, un sacro tabù contro il quale è sacrilego alzare la mano. Questa ovvia battaglia culturale, che non sta solo nell’ordine del simbolico ma può precipitare in una situazione genuinamente pro life, agendo in modo liberatorio nel profondo dei costumi nichilisti ai quali siamo abituati, è considerata oscurantismo e combattuta, come sa bene questo giornale che ne ha fatto da anni una ragione di esistenza, con ogni mezzo per quanto basso.

    Che la chiarificazione venga dall’umanitarismo universalistico e da un impulso di  genere, che venga in nome della non violenza gandhiana, quella vera, non quella della signora Bonino, è una consolazione e una speranza, è un impulso a resistere e a non stancarsi mai di dire il vero, costi quel che costi. Con la decisiva precisazione che si ha titolo autentico per opporsi al genocidio asiatico se si abbia insieme piena consapevolezza del costo morale e sociale del feticidio femminile e maschile d’occidente.

    Leggi L'ultima bambina

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.